L’attesa intorno alla quale si è andato costruendo l’appuntamento è ormai agli sgoccioli. Domenica Giorgia Meloni concluderà la Conferenza programmatica di FdI iniziata oggi nel ‘villaggio’ fronte mare, sulla spiaggia di Pescara davanti a piazza Primo Maggio. Tutti continuano a premettere il ‘se’ e a declinare al condizionale l’annuncio di una candidatura alle Europee che sarà, sarebbe, l’avvio ufficiale della campagna elettorale di Fratelli d’ Italia.
Non foss’altro perché si potrà definire anche materialmente la stesura delle liste, riempiendo la casella ancora vuota al posto numero uno. E però, sempre ragionando con il ‘se’ e il condizionale, il gruppo dirigente ragiona sul peso specifico di una premier e leader di partito candidata e capolista, e anche sul dividendo di preferenze che ci si attende e che, a cascata, finirebbe per aiutare ad accrescere la pattuglia di parlamentari europei.
Si parte allora, con le sale dedicate a date identitarie (“Milano 1848“, “Budapest 1956“, “Vienna 1683“) allestite sulla sabbia del litorale pescarese, affollate di militanti, dirigenti di partito, parlamentari e ministri e sottosegretari. Volti noti anche ai curiosi, con la sorella della presidente del Consiglio, Arianna Meloni, a sua volta dirigente di vertice del partito, che invece arriva alla kermesse schivando le attenzioni dei media.
Si parte, in effetti, con un altro annuncio che rimbalza a Pescara e arriva, via social, appunto da Giorgia Meloni e concentra l’attenzione su un altro appuntamento in preparazione: il G7 al quale parteciperà – “in presenza”, verrà poi precisato dalla Sala Stampa Vaticana – anche Papa Bergoglio, sui temi dell’Intelligenza Artificiale. Si parte, con una affermazione di orgoglio di partito, come quella che arriva da Luca Ciriani quando scandisce che “abbiamo fatto i conti con il passato”, e con una riflessione sugli scenari che potrebbero rallentare il futuro, e il presente, come quella sviluppata da Alfredo Mantovano che mette in guardia dalle tentazioni di sostituire il sovranismo al fascismo come “arma di esclusione”.
Luca Ciriani saluta allora una “giornata di orgoglio di partito” e descrive appunto FdI come “un partito diventato il più grande, non per caso, dopo un percorso di coerenza e coraggio”. Nel panel introduttivo della kermesse in Abruzzo – collegio elettorale di Giorgia Meloni – Ciriani si riallaccia a quella di Milano, quando, sottolinea, fu “lanciato il grande progetto di una grande unione dei Conservatori”, e rivendica che FdI è “un partito che ha fatto i conti con il suo passato mille volte, una volta per sempre. Se lo mettano in testa finalmente”.
“Noi guardiamo al futuro”, scandisce il ministro per i Rapporti con il Parlamento che ripete: “Siamo un grande partito perché abbiamo un grande leader che si chiama Giorgia Meloni e avendo un grande leader noi il suo nome lo mettiamo nel simbolo. Se altri non hanno questa possibilità è un problema loro, evidentemente“. “Persiste in questo Paese un pezzo di mondo editoriale, giornalistico, culturale, universitario che continua a guardare il passato con un senso di odio e di divisione, che immagina un’Italia ancora divisa tra italiani contro italiani che – incalza Ciriani – non ha ancora accettato l’idea che non siamo il loro nemico ma il loro avversario e con il nemico non si discute, si abbatte, in qualsiasi modo anche con le bugie e le demonizzazioni. Persino – attacca – accarezzando l’antisemitismo“.
“Vale tutto pur di infangare chi è dall’altra parte e ha vinto legittimamente le libere elezioni democratiche in questo Paese. Evidentemente non gli va giù”, è l’affermazione di orgoglio che, per esempio, viene declinata anche da Alfredo Mantovano. “Non voglio sostenere che il mandato che deriva dal voto popolare alla fine legittima tutto, ma la critica contro il populismo è di frequente critica nei confronti del popolo tout court, soprattutto quando gli capita di votare qualcosa di diverso da ciò che le élite hanno previsto dovesse accadere”. Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ‘smonta’ con pacatezza e determinazione un meccanismo che analizza nelle sue diverse componenti e sintetizza spiegando che “il fascismo demonologico era un’arma di esclusione di massa, si traduceva nella moltiplicazione di etichette attaccate a una persona o a un gruppo culturale, e l’arbitro esclusivo era il Pci“.
“Nelle scorse ore abbiamo assistito a un remake dell’operazione ‘etichettatura’. Attenzione, questa dinamica di etichettatura può riproporsi con i termini ‘sovranista’ e ‘populista’ e giocando sulla categoria ‘Stato di diritto’. Un automatismo analogo, per cui – aggiunge – sei sovranista o populista, non hai titolo neanche per partecipare al consesso europeo“.
Eppure, ricorda Mantovano che basta leggere, come lui fa nel corso del suo intervento, l’articolo 1 della Costituzione “ed ecco qua che ci sono ambedue i termini, sovranità e popolo…”. La citazione del ‘fascismo demonologico‘ è un rimando ad Augusto Del Noce e Mantovano tiene a rivendicare piena cittadinanza al governo sottolineando che “i fatti mostrano che Giorgia Meloni e tutto il governo, il titolo lo hanno guadagnato sul campo, anzi, rispetto al passato vi è una centralità fino ad ora sconosciuta”.
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