L’olio che finiva sulle tavole delle mense milanesi della Polizia di Stato ed Esercito Italiano non sarebbe stato quello garantito dalla Ladisa, azienda barese del settore della ristorazione, che si era aggiudicata l’appalto di fornitura. Sulle stesse bottiglie sulle quali era attaccata una etichetta in tedesco con la dicitura “Penny“, ne veniva sovrapposta un’altra in italiano con il marchio “Sapio“, per indicare un olio extravergine di oliva originario dell’Unione Europea o 100% biologico italiano estratto a freddo.
La Ladisa secondo quanto stabilito dall’appalto avrebbe dovuto fornire alla Polizia di Stato olio extravergine di oliva, anche di origine Ue, “per almeno il 60%“ da agricoltura biologica , e per l’ Esercito Italiano olio per almeno il 40% da coltivazione biologica “ottenuto esclusivamente da olive nazionali di qualsiasi coltivazione“. Ma secondo l’ipotesi d’indagine accusatoria della Procura milanese, l’olio effettivamente fornito in realtà sarebbe stato molto diverso. Le indagini hanno portato, a inizio dicembre, perquisizioni e sequestri nelle due aziende, che avrebbero rivelato secondo la Procura come si legge nel decreto di perquisizione e sequestro un “meccanismo fraudolento collaudato in forza del quale, in modo del tutto consapevole e preordinato, ad onta delle precise indicazioni in ordine alla tipologia di fornitura per le mense della polizia di stato e delle forze armate predisposte nel contratto di appalto, viene consegnato olio del tutto diverso per qualità, all’evidente fine di conseguire un risparmio di spesa“.
Il prodotto di fatto sarebbe stato “del tutto diverso”, così come anche diverse risultavano le date di scadenza riportate sulle due etichette. Per questo motivo, i magistrati della Procura di Milano hanno aperto un’inchiesta per frode in pubbliche forniture e falso che a vario titolo vede coinvolti cinque dirigenti della Ladisa e due della Compagnia Olearia italiana srl, detentrice del marchio “Sapio“.
La Procura è dunque convinta che “alle bottiglie di olio già consegnate” sarebbe stata attaccata “una seconda etichetta che, per un verso, recava la reale origine dell’olio, frutto di una miscela di oli e non già olio Evo da agricoltura biologica”. Per un altro verso, ritiene sempre l’ impianto accusatorio, la seconda etichetta avrebbe riportato “una diversa data di scadenza, peraltro successiva a quella originaria”.
Gli accertamenti voluti dalla pm Grazia Colacicco, titolare del fascicolo d’indagine , riguardano Sebastiano Ladisa, amministratore di fatto e socio della Ladisa srl, il presidente del CdA Antonio Buccoliero, Leonardo De Giosa responsabile di attuazione del contratto per l’appalto del servizio mensa nelle strutture della Polizia di Stato nelle regioni del nord-ovest , Corrado Imparato responsabile d’area per la Lombardia ed il consigliere delegato Emanuele Mastropasqua. Sono indagati invece per la Compagnia Olearia Italiana, il presidente del cda Angelo Angelastri. ed il direttore vendite e amministratore di fatto Alessandro Agrò. Solo questi due indagati e è contestato il falso in concorso per aver indicato «di aver provveduto ad effettuare lo “svuotamento di olio confezionato” con riferimento alle bottiglie dei lotti Penny e di aver successivamente provveduto al “confezionamento con etichettatura dell’olio Sapio”.
Perquisizioni e sequestri sono stati conseguentemente disposti per acquisire la necessaria documentazione contabile ed extra contabile ,come si legge nel decreto, “attestante l’acquisto, la gestione e la successiva distribuzione presso i Ce.Di. e le mense della Ladisa dell’olio di oliva a marchio Sapio, risultato non conforme ai capitolati d’appalto” in vigore con i ministeri dell’Interno e della Difesa. Gli inquirenti hanno anche sequestrato cellulari e altri dispositivi per estrarre “chat, messaggi via mail, ecc. tra gli indagati e terzi, con particolare riferimento ad eventuali accordi tra la società Ladisa srl e la società Compagnia Olearia Italiana srl, circa la somministrazione dell’olio di oliva a marchio Sapio risultato non conforme”.
Nei giorni scorsi, il Corriere del Mezzogiorno aveva richiesto dei chiarimenti alla Ladisa in merito alle perquisizioni avvenute in azienda, senza però ottenere risposte. Un comportamento strano, considerando che i Ladisa sono proprietari del quotidiano pugliese L’ Edicola del Sud. La società Ladisa hs precisato sul proprio quotidiano che il prodotto in questione era stato a suo tempo acquistato dal fornitore esterno – in possesso di regolari certificazioni attestanti il rispetto dei massimi standard internazionali in materia di qualità alimentare – sulla base delle caratteristiche indicate all’interno delle proprie schede tecniche e a prezzo di mercato.
La società Ladisa, ovviamente si dichiara del tutto ignara “della doppia etichettatura apposta dal produttore sulle bottiglie di olio al momento dell’acquisto e della distribuzione, è venuta a conoscenza di tale non conformità soltanto a seguito della segnalazione di un fruitore della mensa e, nell’immediatezza, ha contestato il fatto al fornitore e avviato le procedure di autocontrollo, provvedendo comunque al ritiro del prodotto e cancellando la “Compagnia Olearia Italiana” dal proprio elenco dei fornitori”. Basterà tutto ciò ad esimersi dalle proprie contestate responsabilità ? Forse qualche controllo quando si acquistano beni alimentari non guasterebbe, sopratutto in considerazione della notevole presenza della Ladisa nelle mense militari nel Paese.