ROMA – L’Ad Lucia Morselli ha ufficializzato gli incarichi nel nuovo «management committee» che avrà efficacia da domani lunedì 27 gennaio. Loris Pascucci, attualmente Head of Blast Furnaces, è stato nominato Chief Operations Officer. Sushil Jain, attualmente Performance Steering Support and Spend Control, è stato nominato Chief Financial Officer; Domenico Ponzio, entrato recentemente nella società, è il nuovo ed Chief Purchasing Officer; Carlo Malasomma resta Chief Marketing Officer; Arturo Ferrucci è stato nominato Chief Hr Officer prendendo il posto di Annalisa Pasquini, anch’essa assunta mesi addietro da ArcelorMittal. ed Alessandra De Carlo Chief Information Officer. Anche per questi ultimi due si tratta di due recenti ingressi nella società.
Angelo Di Martino, attualmente Head of Project Management Office, è stato nominato Investment Planning Coordinator; Alessandro Labile resta Health, Safety and Environment Manager; Angelo Colucci resta Supply Chain Manager. Nel team confermata la nuova responsabile della comunicazione, Emanuela Cherubini nominata di recente Communications and CR Manager, Francesco Mencaroni (Rmop, Sop & Demand Planning Manager), Daniele Santoro (Legal Manager), Flavia Celentano (Compliance Manager), Giuseppe Frustaci (Head of Genova and Novi Ligure Operations).
Fonti interne non ufficiali spiegano che l’avvicendamento dei dirigenti, sarebbe stato necessario anche alla necessità di un deciso cambio di passo nella gestione a 360 gradi, visti i risultati non positivi in questo primo anno di gestione della multinazionale dello stabilimento siderurgico di Taranto, subentrando a novembre del 2018 alla precedente gestione di Ilva in amministrazione straordinaria .
Lasceranno ArcelorMittal Italia, i manager arrivati all’insediamento del gruppo franco-indiano, e le loro nuove posizioni all’interno del Gruppo ArcelorMittal che verranno presto annunciate, a partire da Stefan Van Campe, Chief Operating Officer Primary che era il direttore dell’area a caldo, ricoprendo un ruolo molto importante perché comprende altiforni e acciaierie; Wim Van Gerven, Chief Operating Officer; Steve Wampach, Chief Financial Office; Emmanuel Rodriguez, Chief Purchasing Officer; Philippe Aubron, Chief Operating Officer Finishing Taranto; Dirk Stroo, Chief Operating Officer Services; Luciene Caberlin Araujo, Head of Energy; Patrick Louis, Head of Capex and business optimization.
Quello che diceva la Morselli ad Affari & Finanza- Repubblica
Andandosi rileggere le dichiarazioni rilasciateda Lucia Morselli nel 2018 ad Affari&Finanza, l’inserto economico del lunedì del quotidiano La Repubblica , allora a capo di Acciaitalia, la cordata perdente nella gara per l’Ilva, , ed ora passata alla guida di Arcelor Mittal Italia e c’è da chiedersi con quale coerenza oggi possa guidare l’acciaieria per conto del colosso con sede in Lussemburgo. Il lungo colloquio sulla gara e sul futuro di Taranto era un duro atto d’accusa alla gestione del bando da parte dei commissari straordinari e una violenta critica ai piani degli acquirenti
La Morselli spiegava a suo tempo l’importanza di Ilva per l’Italia, mentre adesso la vuole rimpicciolire o restituire allo Stato: “L’Italia è un Paese di artigiani, dalla moda alla meccanica” diceva. E la meccanica“dalla più sofisticata al più banale dei bulloni, è fatta di acciaio”.
Il nostro Paese, aggiungeva Morselli,ha “storicamente soddisfatto il propriofabbisogno interno ed esportato acciaio”. Ed allarmava l’opinione pubblica sui rischi per il mercato di un eventuale defaultdel siderurgico di Taranto, attraverso un episodio del 2014, quando guidava l’Ast di Terni: “Mi trovavo a Bruxelles per l’introduzione dei dazia protezione della siderurgia europea – dichiarava ad Affari&Finanza – e leggendo le statistiche insieme con gli altri acciaieri vedemmo che in Italia e in Europa si erano impennate le importazioni. Preoccupati ci dicemmo che era colpa della crisi dell’Ilva. Un unico impianto stava creando un problema a tutta la Ue”.
La 63enne Morselli spiegava che l’impianto di Taranto “deve essere il pivot di un grande traffico commerciale, che si estenda oltre la siderurgia” evidenziando che Acciaitalia, la cordata da lei guidata dell’epoca della gara , aveva messo in campo un piano per un “serio processo di decarbonizzazione”, che ArcelorMittal ha sempre bollato invece come fantasioso.
La Morselli nella sua intervista era entrata a gamba teso nel delicato terreno della parte finale della gara, quando alcuni degli azionisti di Acciaitalia (gli indiani di Jindal e Delfin, la finanziaria lussemburghese di Leonardo Del Vecchio avevano tentato un rilancio sul prezzo che avrebbe sostanzialmente pareggiato l’offerta economica di ArcelorMittal. Un rilancio non condiviso dalla “sua” Cassa Depositi e Prestiti.
Come mai hanno vinto loro? Secondo gli articoli di alcuni giornali la valutazione tecnica di comparazione dei rispettivi piani industriali e ambientali era che il piano di Arcelor Mittalrisultava ‘incoerente su investimenti e volumi di produzione oltre che sull’occupazione’”. Però offrirono più soldi che in extremis la sua cordata cercò di pareggiare.
“Abbiamo chiesto subito di poter migliorare la nostra offerta economica, naturalmente lasciando anche alla cordata di Areclor Mittal (insieme al gruppo Marceglia, poi uscito per decisione dell’ Antitrust n.d.r.) possibilità di migliorare la propria” aggiungeva la Morselli che sottolineava, “non ci hanno dato la possibilità di farlo” anche se “in un’audizione alla Commissione Attività produttive del Senato, a febbraio 2016, era stata confermata la possibilità di ‘una fase di rilanci’”. E subito dopo partì l’attacco frontale: “Noi non abbiamo chiesto di cambiare le regole, solo di applicarle. Ricordiamoci che l’interesse nazionale è la regola prevalente dell’Amministrazione Straordinaria”.
Morselli sostenne anche che l’attesa per il giudizio dell’Antitrust europeo, già noto in fase di gara e doveroso solo in caso di acquisizione da parte di ArcelorMittal, e la lunga trattativa con i sindacati avevano di fatto “bruciato” il sovrapprezzo perché l’acciaieria era rimasta nel frattempo in mano ai commissari con le sue relative perdite, mese dopo mese. Secondo la manager 63enne sarebbe stato tutto più semplice se a vincere fosse stata Acciaitalia, sostenendo che il capocordata “Jindal piaceva ai sindacati perché avrebbe fatto di Ilva il suo unico centro di sviluppo in Europa, non una delle tante filiali di un impero che ha il suo centro altrove”.
“L’Italia a Taranto aveva la piùgrande e la più moderna acciaieria d’Europa, – concludeva la Morselli – e abbiamo lasciato che molti , forse i più avanzati dei suoi forni si spegnessero” . E’ bene ricordare che ArcelorMittal aveva garantito che avrebbe rimesso tutto in sesto. Successivamente invece è stata proprio a lei , appena insediatasi al vertice della filiale italiana del gruppo Arcelor Mittal, dare l’ordine di farli lavorare al minimo chiedendo il licenziamento del 50% dei dipendenti.
Il ruolo imbarazzante di Lucia Morselli ed il M5S
Il nostro giornale ha scoperto e raccontato qualcosa di molto imbarazzante sul ruolo di Lucia Morselli. Era il 24 agosto 2018, come scriveva il collega Francesco Pacifico sul quotidiano online Lettera 43che raccontava che Lucia Morselli “con chiunque parlasse – e sono pochi, selezionati e potenti amici – ripete da giorni: «Ci riprendiamo l’Ilva“.
L’anno scorso la cordata AcciaItalia guidata dagli indiani di Jindal, con la presenza e partecipazione italiana della Cassa depositi e prestiti, del Gruppo Arvedi di Cremona e la Delphin Holding S.à.r.l., società finanziaria con sede a Lussemburgo, amministrata da Romolo Bardin, della quale Leonardo Del Vecchio possiede a suo nome il 25% , ed alla sua morte passerà alla moglie Nicoletta Zampillo; mentre il restante 75% è diviso equamente tra i suoi sei figli (12,5% a testa), “cordata” della della quale la Morselli era la “pivot” e perse contro Arcerlor Mittal nell’asta per conquistare il gruppo italiano.
“La manager sessantaduenne è convinta – scriveva Lettera 43 – sia che la partita si possa ribaltare, sia che la vecchia cordata possa riscendere in campo (almeno in parte: al momento ci sarebbe il sì soltanto di Jvc e Cdp). E questa assicurazione l’avrebbe data anche al ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, del quale la Morselli sarebbe un’importante “consigliere” sul dossier Ilva. Pare che il Movimento Cinque Stelle si sia informato anche con lei se era il caso di chiedere l’intervento prima dell’Anac e poi dell’Avvocatura dello Stato”. Il quotidiano milanese solitamente bene informato aggiungeva che ” Dopo aver deciso di non rendere noto il parere dell’Avvocatura, Di Maio ha fatto sapere nelle ultime ore davanti alle telecamere di Agorà (RAI ) che «la questione dell’annullamento della gara non è finita. Per annullarla non basta che ci sia l’illegittimità, ci vuole anche un altro semaforo che si deve accendere, quello dell’interesse pubblico, e lo stiamo ancora verificando». Soprattutto non ha escluso che possa esserci un altro compratore. E qui entra in scena Lucia Morselli“
“La manager che Letizia Moratti volle alla guida di Stream in questi giorni starebbe tirando le fila per rimettere in piedi AcciaItalia. – concludeva Lettera43 – Gli analisti del settore sono molto scettici su questa ipotesi, ma gli indiani di Jindal – conclusa l’acquisizione dell’ex Lucchini a Piombino – potrebbero tornare nella partita anche soltanto per dare un colpo allo storico concorrente Mittal. Inutile dire che la nuova Cdp dell’era sovranista non si farebbe grandi scrupoli a prendere una quota dell’acciaieria. Non ha velleità di tornare in partita, invece, Giovanni Arvedi, anche Leonardo Del Vecchio – che in passato ha polemizzato non poco con l’ex ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda – non sarebbe interessato”. Francesco Pacifico, su Lettera 43, infatti, accreditava l’ipotesi, sia pure usando il condizionale, che la Morselli sia un consigliere del ministro Di Maio nel dossier ILVA.
Borgogni (Fim-Cis) lo smemorato
Ecco quello che dichiarava il leader della Fim-Cisl che sembra aver dimenticato tutto: “Il ministro Luigi Di Maio smentisca, nella vicenda ILVA di Taranto, qualsiasi coinvolgimento di cordate fantasma.”
Tutto ciò era ben noto anche ai sindacati, infatti a seguito di quell’articolo arrivò la richiesta di chiarimenti dal segretario nazionale della FIM-CISL Marco Bentivogli attraverso una nota in cui qualche giorno spiega:”apprendiamo da LETTERA 43 dell’attivismo dell’ex amministratore delegato di Acciai Speciali Terni, Lucia Morselli, un anno fa nominata in quota Cassa Depositi e Prestitiamministratore delegato di Acciai Italia.La cordata con Jindal, Arvedi e Delphin che ha perso, nel giugno 2017, la gara di acquisizione dell’Ilva di Taranto. Non sappiamo quale sia la casacca di queste ultime ore della Morselli, CDP? Fondo Elliott? Consulente del governo? Ci auguriamo che il ministro Di Maio smentisca questa collaborazione.”
“Ricordiamo che di Jindal allora in una offerta di 1,2 miliardi metteva solo 3/400 milioni a differenza di 1,8 miliardi di Arcelor-Mittal”sottolineava Bentivogli . “Il resto era a carico di Arvedi, Delphin e Cassa Depositi e Prestiti. Non sappiamo che intenzioni abbia Jindal – aggiunge il segretario della FIM-CISL – ma, gareggiare perché un Fondo finanziario come Elliott prenda gli asset siderurgici italiani è inaccettabile. Trapela in queste ore, infatti, l’interesse del Fondo finanziario per il sito di Terni di Thyssenkrupp. E la Cassa Depositi e Prestiti – si domandava Bentivogli – dovrebbe favorire l’ingresso di un Fondo finanziario americano in una cordata dalla quale si sono defilati gli unici italiani, Luxottica e Arvedi?”
Allora concludeva Bentivogli, “ricordiamo i 36 giorni di sciopero che furono necessari per riportare l’amministratore delegato di Acciai Speciali Terni alla ragione e soprattutto chiediamo a Di Maio di smentire immediatamente un conflitto di interessi che sarebbe senza precedenti.”
La strizzata d’occhio della Morselli al programma del M5S sull’ ambiente
Era il 15 novembre 2019 quando il CORRIERE DEL GIORNO scriveva: Detto questo, la Morselli considerato il suo curriculum e le poltrone sulle quali siede ha notoriamente grandi collegamenti nel mondo finanziario. Ma non è soltanto questo il suo ruolo in questa vicenda. Ha ottimi rapporti nel mondo bancario e fino all’anno scorso era guardata con simpatia anche dai sindacati. Inoltre è pronta a venire incontro a quella che è la principale richiesta di Di Maio sul fronte ambientale. Come ha ricordato in una recente intervista a Repubblica, “relativamente all’inquinamento, le tecnologie per non inquinare ci sono. Non a caso la cordata diAcciaitalia aveva stanziato un miliardo di investimenti in due nuovi forni elettrici a preridotto, introducendo un serio processo di decarbonizzazione”. Come sta scritto guarda caso…nel contratto di governo.
Abbiamo quindi contattato e raggiunto telefonicamente a suo tempo il collega Paolo Madron, direttore responsabile del quotidiano Lettera43.it , il qual ci ha confermato di “non aver mai ricevuto alcuna richiesta di rettifica, lettera di replica, querela nè da Lucia Morselli che da Luigi Di Maio e dalMovimento Cinque Stelle“. Sarà stata una dimenticanza.. un disinteresse… o forse l’applicazione di un vecchio teorema del “chi tace acconsente…“?
Occorre evidenziare che quanto abbiamo scritto a novembre 2019, non è mai stato oggetto di smentita, rettifica o querela nè da Arcelor Mittal, nè tantomeno dalla Morselli. Così come occorre far presente e segnalare ai nostri lettori, che nessun giornalista della stampa locale pugliese si è ben guardato nelle conferenze stampa locali a chiedere dei chiarimenti. Avranno forse paura di perdere le “mancette pubblicitarie” dispensate in loco da Arcelor Mittal.
Abbiamo appreso da fonte autorvole ed in via “confidenziale” che quel nostro articolo è confluito nei fascicoli d’indagine della Procura di Milano e quella di Taranto che stanno verificando ed indagando per fare luce anche su questa torbida vicenda, diventata ormai un intrigo politico-industriale-occupazione che rischia di far diventare la città di Taranto e la sua provincia una vera e propria “polveriera” sociale pronta ad esplodere da un momento all’altro. O viceversa un limone da spremere sino in fondo , per poi buttarlo via.
Onestamente e senza alcun pregiudizio, resta da capire come ci si possa fidare della Morselli e dei Mittal. ed è quello che di giorno, sindacati, imprenditori ed operai si chiedono sempre di più. Senza trovare una risposta logica e sensata.