di Giovanna Vitale*
“Quest’Aula mi ha reso una persona migliore” dice Guido Crosetto nel suo ultimo discorso alla Camera. Dieci minuti intensi, salutati da una standing ovation: compagni di partito e avversari, tutti in piedi ad applaudirlo, commossi. E pure a lui, al gigante buono di Fratelli d’Italia, alla fine scappa una lacrima. Furtiva, ma piena di quella umanità che in Parlamento in tanti gli riconoscono.
Alle sei di sera, rientrato a casa da comune cittadino, fatica a trattenere l’assalto del figlio di 4 anni: “Papà vieni”, urla. E lui: “Stasera sono tornato prima del solito, oggi per me è una giornata forte, il Parlamento è un pezzo della mia vita. Ho fatto una scelta, ho fatto prevalere la testa e sacrificato il cuore. Però il cuore fa male” sospira.
E allora perché lo ha fatto?
“Per riprendermi la vita. Dal 2001 al 2013 ho fatto tre legislature, poi per cinque anni sono rimasto fuori: in quel periodo mi sono accorto di aver trascurato molte cose, di aver perso terreno rispetto a quello che facevo prima. Mi sono ricostruito l’esistenza, ho ricominciato daccapo e non mi sarei più ributtato nel vortice della politica, se Giorgia (Meloni, ndr) non avesse insistito“.
In quei 5 anni si è risposato e ha fatto due figli, quanto c’entra con la sua scelta di oggi?
“C’entra, ovviamente, come pure il mio lavoro da imprenditore e il ruolo alla guida dell’Aiad, la federazione delle aziende nel comparto difesa e aerospazio”.
E non riusciva a conciliare?
“Non puoi far bene due cose così totalizzanti. O almeno, io non ci riesco. Per carità, c’è un sacco di gente che ha due famiglie, ma io sono monogamo” sorride.
Ma allora perché si è ricandidato?
“È stata una richiesta di Giorgia, per darle una mano. Quando abbiamo fondato FdI avevamo due anime, una rappresentata da Ignazio La Russa, una da me, poteva sembrare una presa di distanza. E poi io l’avevo detto esplicitamente, sia al nostro congresso nazionale a Trieste, sia in campagna elettorale, che avrei accettato solo con questo patto. Tant’è che non ho corso nel collegio uninominale di Cuneo, che era il più sicuro d’Italia per il centrodestra, ma al proporzionale“.
Cosa non dimenticherà mai?
“Quando da sottosegretario alla Difesa sono tornato dall’Afghanistan con la bara di un caporal maggiore, morto mentre cercava di disinnescare una mina. Quando ha capito che stava per esplodere si è gettato sull’ordigno, riparando con il proprio corpo i compagni che erano intorno a lui, salvandoli. Davanti a quel feretro io mi chiedevo: “Ma dove ha preso questa forza?”. Poi ho capito: lo ha fatto perché aveva consapevolezza del suo ruolo e della divisa che indossava. Qualcosa che lo rendeva migliore di se stesso. E’ la stessa cosa che l’Aula ha fatto a me“.
La cosa più divertente che ricorda?
“Le diatribe con Tremonti, quella volta che gli dissi che la sua manovra era da psichiatria. Io ero relatore e alla fine gli votai contro, non era mai successo prima e non è più capitato, dopo”.
Hanno cercato di trattenerla?
“Sì. In tanti, soprattutto Giorgia, che per me è come una sorella, è un rapporto che va oltre la politica. Che io comunque continuerò a fare, anche su Twitter: non rinuncerò mai a dire la mia“.
Cosa le ha detto oggi la Meloni?
“Nulla, non è venuta neanche in aula. Ed era la cosa più triste che potesse dirmi“.