Nella mattinata odierna, la Polizia di Stato ha dato esecuzione a 7 Ordinanze di applicazione di misura cautelare (6 custodie in carcere e 1 obbligo di ) emessa dal GIP dr. Francesco Maccagnano presso il Tribunale di Taranto, su richiesta del pubblico ministero dr. Francesco Ciardo della Procura jonica, nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo e con varie condotte, dei reati di incendio doloso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, detenzione e porto di armi da fuoco, usura. In carcere sono finiti Enza D’ Arcangelo, Stefano e Francesco Depane, Cosimo Giodetti, Nicola Insito e Giulio Verdolino. Per Daniela D’amato invece è stato disposto l’obbligo di presentazione all’Autorità Giudiziaria .
L’indagine della Squadra Mobile di Taranto guidata dal vice questore Cosimo Romano ha avuto inizio all’indomani dei due incendi dolosi appiccati il 31 gennaio e il 2 febbraio 2022, all’interno del parcheggio della concessionaria automobilistica Ventriglia Group e nelle adiacenze dell’abitazione del titolare Francesco Ventriglia, che avevano distrutto 4 autovetture di alta gamma, danneggiando altri veicoli e le facciate di immobili prospicenti l’area.
Degli spunti investigativi, avevano consentito agli investigatori della Squadra Mobile di concentrare l’attenzione su Michele Giodetti e Nicola Insito, entrambi noti e colpiti da precedenti di polizia, come possibili autori materiali dei fatti soggetti gravati da numerosi precedenti di polizia come possibili autori materiali dei fatti. Tale ipotesi investigativa ha trovato numerosi riscontri nell’analisi delle registrazioni dei sistemi di video sorveglianza pubblici e privati presenti nei pressi della concessionaria e dei domicili degli stessi presunti. Riscontri a tale ipotesi sono giunti, soprattutto, dagli esiti dell’attività tecnica di intercettazione delle utenze in uso agli stessi che ha consentito, altresì, di ipotizzare che i due autori materiali fossero stati ingaggiati dal tarantino Stefano Depane il quale, a sua volta, aveva verosimilmente agito su mandato di Giulio Verdolino, uno dei titolari della concessionaria “Tris Auto” “concorrente” della concessionaria Ventriglia e che aveva motivi di astio e risentimento nei confronti del suo amministratore unico.
Dalle indagini si è accertato che il pregiudicato Giulio Verdolino, ritenuto vicino ad ambienti della criminalità tarantina e in particolare al “clan” Cesario, avesse costretto il titolare di una rivendita di motocicli a rinunciare all’acquisizione in locazione di un locale commerciale attiguo alla sua attività, in quanto era di interesse di Pasquale Cesario, detto Micheal, figlio del boss della mala tarantina Mimmo Cesario detto “Giappone” e che avesse la disponibilità di almeno due pistole, una delle quali sarebbe stata affidata ad un suo “dipendente” , che era il fratello del soggetto ingaggiato per gli incendi in danno della concessionaria che aveva asunto alle proprie dipendenze per fargli da guardaspalle.
Il gip Francesco Maccagnano nell’ ordinanza cautelare scrive che “Verdolino grazie alla collaborazione di soggetti criminali ai quali si accompagna, è in grado di approvvigionarsi di armi, di appiccare incendi, di intimorire i suoi concorrenti” aggiungendo qualcosa di particolarmente grave . Inoltre “la particolare pericolosità del Verdolino può cogliersi anche dalla sua propensione a intrattenere rapporti di connivenza con le forze dell’ordine, nel tentativo di guadagnarsi una sorta di immunità da eventuali controlli o investigazioni”. Un’affermazione questa del Gip Maccagnano, magistrato scrupoloso ed attendibile, che dovrebbe fare riflettere sul “sistema giustizia” tarantino ed il controllo sugli appartenenti delle forze dell’ordine, che troppo spesso, come le cronache giudiziarie documentano, vengono coinvolti per la loro connivenza con delle organizzazioni criminali del tarantino.
L’attenzione investigativa si è dunque, concentrata, su questi ultimi due soggetti e ha consentito di raccogliere utili elementi indiziari in ordine alla presunta commissione di ulteriori e gravi delitti. In particolare, è emerso che il titolare della concessionaria, ritenuto vicino ad ambienti della criminalità tarantina, avesse costretto il titolare di una rivendita di motocicli a rinunciare all’acquisizione in locazione di un locale commerciale attiguo alla sua attività, in quanto oggetto di interesse di un soggetto intraneo ad un noto clan mafioso attivo nel capoluogo jonico e che avesse la disponibilità di almeno due pistole, una delle quali sarebbe stata affidata ad un suo “dipendente” (fratello del soggetto ingaggiato per gli incendi in danno della concessionaria) “assunto” per fargli da guardaspalle e buttafuori.
Il prosieguo delle indagini, infine, permetteva di acquisire utili elementi indiziari in ordine alla circostanza che i due citati fratelli, unitamente a propri familiari, gestissero una fiorente attività di usura. In corso di attività, si ricostruivano con puntualità gli “accordi” assunti con un debitore che, a fronte di un prestito di 7.000 euro, si impegnava a versare, entro 15 mesi, la somma di 10.000€ e venivano registrate le violente minacce rivoltegli per assicurarsi la puntualità nei pagamenti.
Nel corso della mattinata odierna, gli agenti della Squadra Mobile hanno proceduto all’esecuzione del provvedimento restrittivo nei confronti dei sette indagati e, inoltre, hanno sottoposto a sequestro preventivo urgente disposto dalla Procura di Taranto, il locale oggetto della presunta estorsione aggravata dal metodo mafioso che, nel frattempo, era stato acquisito in locazione proprio da una società riconducibile al soggetto intraneo al noto clan già citato.
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