di REDAZIONE CRONACHE
Con un comunicato stampa il procuratore aggiunto facente funzione di capo della Procura e D.D.A. di Caltanisetta, dr. Gabriele Paci, smentisce le dichiarazioni dell’ ex-collaboratore di giustizia Maurizio Avola che ha affermato, intervistato da Michele Santoro per lo “Speciale Mafia” su La7, di aver partecipato unitamente a Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Aldo Ercolano ed altri alla fase esecutiva della strage di Via D’Amelio, in cui morirono il magistrato Paolo Borsellino e la sua scorta. Tale circostanza risulta in effetti essere stata riferita per la prima volta dall’ Avola nel corso di un interrogatorio svoltosi lo scorso anno dinanzi ai magistrati della D.D.A. di Caltanisetta , a distanza di oltre venticinque anni dall’inizio della sua collaborazione con l’autorità giudiziaria.
La procura di Caltanisetta precisa che “I conseguenti accertamenti disposti da questa D.D.A, finalizzati a vagliare l’attendibilità di dichiarazioni riguardanti una vicenda ancora oggi contrassegnata da misteri e zone grigie, non hanno allo stato trovato alcuna forma di positivo riscontro che ne confermasse la veridicità. Dalle indagini demandate alla DIA sono per contro emersi rilevanti elementi di segno contrario che inducono a dubitare tanto della spontaneità quanto della veridicità del suo racconto“.
“Per citarne uno, tra i tanti, l’accertata presenza dello stesso Avola in Catania, addirittura con un braccio ingessato, nella mattinata precedente il giorno della strage, là dove, secondo il racconto dell’ex collaboratore, egli, giunto a Palermo nel pomeriggio del venerdì 17 luglio, avrebbe dovuto trovarsi all’interno di un’abitazione sita nei pressi del garage di via Villasevaglios, pronto, su ordine di Giuseppe Graviano a imbottire di esplosivo la fiat 126 poi utilizzata come autobomba” continua la nota della Procura.
Avola, nel 1994 aveva iniziato a collaborare con la giustizia, confessando 80 omicidi, fra cui quello del giornalista Pippo Fava, qualche anno dopo venne espulso dal programma di protezione perché sorpreso a fare rapine in banca con altri due pentiti. “Colpisce peraltro che l’ Avola, anziché mantenere il doveroso riserbo su quanto rivelato a questo ufficio, abbia preferito far trapelare il suo asserito protagonismo nella strage di Via D’Amelio, oltre a quello di Messina Denaro, Graviano ed altri, attraverso interviste e la pubblicazione di un libro. E lascia altresì perplessi che egli abbia imposto autonomamente una sorta di “discovery” compromettendo così l’esito delle future indagini, dopo che l’ufficio aveva provveduto a contestargli le numerose contraddizioni del suo racconto e gli elementi probatori che inducevano a dubitare della veridicità di tale sue ennesima progressione dichiarativa” conclude la Procura di Caltanisetta.
Le “future indagini” saranno quelle sulle dichiarazioni di Avola, i magistrati adesso vogliono capire cosa c’è dietro le sue nuove affermazioni. E’ solo il desiderio, la necessità economica di un ex pentito di rientrare nel programma di protezione o un disegno ancora tutto da scoprire per minare i processi già conclusi sulle stragi ? Infatti fra le dichiarazioni di Avola, compaiono anche parole pesati su Gaspare Spatuzza, un’ex fedelissimo dei Graviano che nel 2008 ha svelato la grande impostura del falso pentito Vincenzo Scarantino.
Avola adesso sostiene che Spatuzza non era “uomo d’onore” e che quindi non poteva conoscere i segreti di Giuseppe Graviano, l’organizzatore della strage di via D’Amelio. Dichiarazioni queste smentite da molti collaboratori di giustizia, che hanno verbalizzato che Spatuzza dopo l’arresto dei Graviano era stato al vertice del clan di Brancaccio alla metà degli anni Novanta .
Claudio Fava, presidente della commissione regionale antimafia, è durissimo con Michele Santoro. “Avola mente, un rapido e onesto lavoro giornalistico avrebbe permesso di rendersene conto”. E si chiede: “Chi manda Avola ad avvelenare i pozzi? Chi si vuole servire della sua sgangherata ricostruzione per fabbricare un altro depistaggio su via D’Amelio? Chi continua ad avere paura, trent’anni dopo, di chiunque si avvicini alla verità su quegli anni e su quei fatti?”.
Santoro non ha tardato a replicare: “Come si è detto ieri nello speciale mafia è stato Guido Ruotolo a convincere Maurizio Avola a riferire all’autorità giudiziaria quanto era a sua conoscenza sulla strage di Via D’Amelio. Noi abbiamo raccolto il suo racconto e spetta ai magistrati verificarne l’attendibilità o trarne le dovute conseguenze. Comunque sia, il fatto che alle dieci del mattino Avola sia stato fermato per un controllo di polizia a Catania nel giorno precedente alla strage non smentisce di certo che a ora di pranzo potesse trovarsi a Palermo in compagnia di Aldo Ercolano”.
Sul caso è ormai polemica rovente. Maria Falcone sorella del giudice Giovanni Falcone dice: “Alla luce delle precisazioni fatte dalla procura di Caltanissetta, fermo restando l’assoluto rispetto per il diritto di cronaca, sarebbe stato utile ascoltare i magistrati che per anni hanno indagato sulle stragi del ’92 consentendo di smascherare il clamoroso depistaggio delle indagini sull’attentato di via D’Amelio. Sentire la ricostruzione degli inquirenti avrebbe consentito di avere un quadro dei fatti basato su accertamenti e riscontri e non solo su dichiarazioni di personaggi che ritrovano la memoria dopo decenni. Sulle stragi mafiose continuano a essere troppi i lati oscuri e, dopo anni di falsi pentiti ritenuti credibili e tentativi di inquinamenti, i cittadini hanno diritto a informazioni complete“.
Aggiunge ancora Maria Falcone: “Rivedendo e rivivendo con dolore gli attacchi rivolti a mio fratello da Leoluca Orlando e Alfredo Galasso voglio solo ricordare che la storia ha stabilito dove la stava la ragione e dove il torto. A chi accusava Falcone di eccessiva vicinanza ai palazzi del potere ricordo solo che la legislazione antimafia, ancora attuale e fonte di ispirazione per tanti paesi, nasce proprio dal lavoro che mio fratello fece al ministero della giustizia negli ultimi periodi della sua vita. Mi riferisco alla creazione della procura antimafia, alla legge sui pentiti e alla nascita della dia. Lavoro per cui fu criticato, isolato e di cui quasi dovette giustificarsi”.
Interviene anche il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore, che dice: “Avola è un inquinatore di pozzi e mi meraviglia che un giornalista come Santoro, con il suo libro, si sia prestato a dare fiato a un personaggio del genere. Già in passato, con le sue dichiarazioni, Avola ha delineato la strategia dei falsi pentiti di mafia: mischiare verità e bugie per minare la credibilità dei veri pentiti”.