La Procura di Crotone vuole fare chiarezza sulla catena della macchina dei soccorsi nella notte tra il sabato e la domenica mattina quando l’imbarcazione con a bordo almeno 180 migranti è naufragata e per questo motivo, come apprende l’Adnkronos, ha aperto un fascicolo, al momento contro ignoti. La delega è stata assegnata ai Carabinieri dal Procuratore Giuseppe Capoccia, e gli investigatori stanno raccogliendo del materiale sul “buco”‘ di almeno sei ore, intercorso tra le 22.30 di sabato 25 febbraio, quando l’aereo di controllo dell’ agenzia europea Frontex ha trasmesso l’informazione con la quale veniva segnalata la presenza di una imbarcazione che navigava nelle acque del mare Jonio. Al momento non è stata ipotizzata alcuna ipotesi di reato in quanto l’indagine della procura calabrese vuole fare chiarezza ed accertare l’eventuale presenza di eventuali omissioni di soccorso.
Il Comandante della Capitaneria di Porto di Crotone, Vittorio Aloi, parlando ieri con i giornalisti che gli chiedevano se sono stati sentiti dalla Procura della Repubblica di Crotone aveva replicato: “Saremo sentiti e ci farà piacere chiarire, chiariremo a chi dovere quando ce lo chiederanno”. Alla domanda sul perché non abbiano agito nonostante la segnalazione della sera prima, il sabato 25 febbraio, di una imbarcazione ‘distress’, cioè in pericolo, nello Jonio, ha replicato: “Non mi risulta che si trattasse di una segnalazione di distress, sapete che le operazioni le conduce la Guardia di Finanza finché non diventano comunicazione di SAR (cioè di salvataggio n.d.r.). Io non ho ricevuto alcuna segnalazione“.
Su questo imbarazzante rimpallo di responsabilità, il comandante Aloi ha aggiunto: “Non posso dire nulla, la Guardia costiera ha fatto un comunicato stampa e c’è scritto tutto e bene e lo capiamo tutti. C’è una inchiesta della Procura che non riguarda noi. Se e quando saremo chiamati a dare la nostra versione atti alla mano, brogliacci etc, noi riferiremo“. E poi ricorda che quel giorno “c’era mare forza 4″. “Le motovedette avrebbero potuto navigare anche con mare forza 8“. Ma oggi finalmente è arrivata l’apertura di un fascicolo della Procura anche sulla macchina dei soccorsi.
Sempre ieri sera dopo il TG1 nel nuovo programma “5minuti” a cura di Bruno Vespa che lo conduce anche, il comandante Cosimo NIcastro capo della Comunicazione della Guardia Costiera, ha interrotto il silenzio e ha dichiarato: “È stata una tragedia non prevedibile alla luce delle informazioni che pervenivano. Gli elementi di cui eravamo a conoscenza noi e la Guardia di Finanza non facevano presupporre che ci fosse una situazione di pericolo per gli occupanti. Non erano arrivate segnalazioni telefoniche né da bordo né dai familiari“. La segnalazione di Frontex “è stata trasmessa all’International coordination center, che è il punto di contatto non per le operazioni di ricerca e soccorso ma per le operazioni di polizia in mare” ed ha anche spiegato che quando le motovedette della Guardia di Finanza sono rientrate in porto c’è un contatto via radio tra la Capitaneria di Porto di Reggio Calabria e la Guardia di Finanza. E “non vengono segnalate situazioni critiche che facciano pensare che l’operazione di polizia si stia trasformando in un’operazione di emergenza”. E “la Guardia Costiera incomincia ad attivare tutta la sua catena affinché fosse predisposto il dispositivo Sar”.
La ricostruzione della tragica notte
Ecco cosa accadde quella notte: sono le 22.30 quando un aereo Frontex, l’ Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera, segnala la presenza di un barcone a 40 miglia dalle coste crotonesi e indica le coordinate. Fa anche sapere che a bordo c’è un telefono cellulare turco. Dunque, è ipotizzabile che si tratti di una imbarcazione di migranti. Poco dopo la mezzanotte partono due mezzi della Guardia di finanza, la V5006 da Crotone e il pattugliatore Barabrese da Taranto. Ma il mare è troppo agitato, forza 5 a tratti forza 6, e le motovedette delle Fiamme gialle rientrano. Le loro imbarcazioni non sono destinate ai salvataggi, ma da ‘intercettazione’, e pertanto non sono equipaggiate adeguatamente. Verso le 2 un nuovo tentativo, anche questa vano. Mentre fino a quel momento le motovedette della Guardia costiera rimangono attraccate in porto.
Sono quindi i 120 minuti che vanno dalle 2 alle 4 del mattino tra sabato e domenica, cioè il tempo che intercorre da quando i due mezzi della Guardia di finanza rientrano in porto perché non riescono a individuare il barcone e la chiamata di aiuto che viene inoltrata dai Carabinieri alle altre autorità del posto, facendo scattare la benedetta sigla Sar, che sta per ricerca e soccorso. Cioè l’allarme rosso.
Alle 4.10 è arrivata una telefonata al 112 da un numero internazionale, da qualcuno che parlava in inglese. La chiamata, presa dal vicebrigadiere Lorenzo Nicoletta, arrivava dalla imbarcazione che si trova a meno di centro metri dalla costa di Steccato di Cutro (Crotone). Sul posto sono quanti arrivati i Carabinieri del Nucleo Radiomobile, i quali capiscono immediatamente la gravità del fatto. Il vicebrigadiere Gianrocco Tievoli e il carabiniere Gioacchino Fazio si gettano in acqua in divisa e riescono a salvare cinque migranti. Purtroppo davanti ai loro occhi c’erano sono corpi ovunque. Anche di un bimbo neonato di appena sei mesi. “L’ho preso in braccio sperando che fosse ancora vivo”, racconta il vicebrigadiere Tievoli con un filo di voce. Purtroppo il piccolo era già morto. Come anche una coppia di gemellini. E tante altre vittime innocenti, tra cui un bimbo siriano di sei anni morto per ipotermia mentre il fratello ventenne si è salvato ed adesso è ricoverato sotto choc.
Spetta adesso alle indagini della Procura fare chiarezza su quanto accaduto quella maledetta notte, ed accertare eventuali responsabilità.