Ci sono volute 16 ore di requisitorie ai pubblici ministeri Roberta Licci ed Alessandro Prontera della Procura di Lecce, competente per i reati riguardanti i magistrati del distretto di Corte d’Appello di Bari, che hanno presentato delle richieste di condanne pesantissimi.
L’ accusa non ha tralasciato fatti, circostanze e ricostruzioni per illustrare le verità accertate nel processo che vede imputato l’ex sostituto procuratore di Trani, Michele Nardi, 53 anni, arrestato nel gennaio 2019 con la pesante accusa di avere svenduto la giustizia in cambio di denaro, viaggi, lavori di ristrutturazione ed altro, nei cui confronti sono stati chiesti 19 anni e 10 mesi di reclusione. Di analogo tenore le richieste di confisca di 3 milioni,78.500 euro che avrebbe percepito fra il 2014 ed il 2018, periodo oggetto dell’indagine magistralmente condotta dai Carabinieri della Compagnia di Barletta .
L’udienza si è svolta in un clima rovente carico di tensioni con il collegio difensivo che platealmente ha abbandonato l’aula quando quando la pm Licci l’altro ieri pomeriggio ha iniziato la requisitoria, le altre richieste presentate ai giudici della seconda sezione penale composta dal presidente Pietro Baffa , Valeria Fedele (relatore) e Silvia Saracino (a latere), che hanno riguardato Vincenzo Di Chiaro, 58 anni ispettore di polizia del Commissariato P.S. di Corato, nei cui confronti sono stati chiesti 10 anni ed 8 mesi di condanna; 6 anni e 4 mesi di chiesti per l’avvocatessa Simona Cuomo, 42enne, del Foro di Bari: 5 anni e mezzo per Gianluigi Patruno: 4 anni e mezzo per Savino Zagaria, ex cognato del giudice Antonio Savasta (condannato a 10 anni di reclusione nel processo con rito abbreviato).
I due pubblici ministeri Roberta Licci ed Alessandro Prontera nelle loto requisitorie conclusesi ieri pomeriggio, hanno inoltre chiesto al collegio giudicante di confiscare per equivalente la somma di 9 milioni 425mila e 500 euro cioè il totale delle dazioni di denaro contestate nei capi di imputazione ad ogni imputato, la richiesta è finalizzata al recupero delle somme in caso di condanna definitiva. Per la precisione 3.078.500 euro a Nardi, 2.173.000 a Di Chiaro ed altrettanti all’avvocatessa Cuomo, 1.117.000 a Zagaria e 284mila euro a Patruno.
L’accusa mossa dalla Procura di Lecce è quella contestata nel “blitz” dell’anno scorso: “associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari” e “falso“. Nelle requisitorie è stato evidenziato “quel che risulta confermato all’esito dell’istruttoria è l’esistenza di un accordo che coinvolge i cinque protagonisti principali avente ad oggetto la programmazione di una pluralità di delitti contro la pubblica amministrazione, contro la giustizia, contro la fede pubblica, un accordo il cui promotore è da individuarsi certamente in Michele Nardi” aggiungendo “Il cui obiettivo è quello di realizzare un sistema in virtù del quale la macchina della giustizia funziona solo se opportunamente oliata da fiumi di denaro, da regali, da utilità destinate ai pubblici ufficiali coinvolti“, secondo la lezione impartita da Nardi al coindagato Flavio D’Introno quando, in occasione dei primi contatti intercorsi tra i due e “suggellati” da un viaggio a Dubai offerto da D’Introno a Nardi il magistrato istruì l’imprenditore, spiegandogli che soltanto attraverso il pagamento di tangenti avrebbe potuto sperare in una positiva soluzione di tutte le sue vicende giudiziarie.
Nel processo si è discusso anche delle numerose cessioni di denaro, anche milionarie, finalizzate a modificare l’esito dei processi o a pilotare le inchieste. Si è parlato anche di regali costosi fatti dall’imprenditore a Nardi: un cronografo Rolex Daytona del valore di 34.500 euro e 2 diamanti da 27mila, un viaggio a Dubai da 10mila, la ristrutturazione della casa romana per 130mila euro e “ciliegina sulla torta” la costruzione della villa di Trani per 600mila euro.
Ma anche mazzette da 600mila euro pagate a Savasta, oltre a cene, regali di vario genere. Al momento dell’arresto Nardi era in servizio al Tribunale di Roma come sostituto procuratore della Procura di Roma, dove era stato trasferito dal Csm. Nardi, e Savasta, rispondo anche delle accuse di aver promesso denaro all’imprenditore Flavio D’Introno, a condizione di non rivelare il sistema di cui aveva fatto parte. Gli avrebbero persino proposto di rifgugiarsi all’estero: “Una rappresentazione desolante del sistema giudiziario, un sistema alterato nelle sua fondamenta, nella rappresentazione offerta e praticata da Nardi, in cui l’esercizio della funzione giurisdizionale costituisce pretesto per accaparrarsi guadagni illeciti.”
Un sistema nel quale D’Introno viene coinvolto da Michele Nardi come risulta assolutamente lampante dalle dichiarazioni testimoniali rese tanto sia da Flavio D’Introno che da Antonio Savasta nel corso dell’ incidente probatorio – il quale, in virtù di rapporti coltivati e radicati nel tempo nel corso del pluridecennale esercizio delle funzioni presso lo stesso Tribunale di Trani, ha mantenuto una capacità di influenza e di condizionamento, dovuta anche agli oscuri legami con ambienti massonici deviati vantati dal Nardi ed in effetti documentati dalla presente indagine, che gli avevano consentito di avvalersi di una rete di sicure complicità nell’ambito del contesto giudiziario tranese, ed in primis con il collega Antonio Savasta, ma anche con il collega Luigi Scimè (condannato a quattro anni nel giudizio con rito abbreviato), il quale nel complesso disegno elaborato da Nardi, diviene, “il principale esecutore del programma delittuoso“. Oggi e sabato si ritorna in aula, con le arringhe difensive degli avvocati di Patruno e di Zagaria. La sentenza attesa per lunedì prossimo.