La procura di Milano ha chiuso l’inchiesta su una truffa nel settore della telefonia da mobile da almeno 99 milioni di euro che vede indagate 33 persone a vario titolo per “frode informatica con furto“, “indebito utilizzo dell’identità digitale” e “tentata estorsione contrattuale” all’esito – scrive il capo della procura di Milano, Marcello Viola, in una nota “di indagini non solo tecnologicamente sofisticate ma anche complesse, specialmente per il numero di schermi societari impiegati nell’occultamento dei profitti“.
Tra gli indagati i manager Wind Alessandro Lavezzari, ai tempi responsabile della funzione ‘Content & Service Partnership’, Luigi Saccà – figlio dell’ ex dg della Rai Agostino Saccà – referente per il settore Vas (Value Added Service), Fabio De Grenet in qualità di referente della divisione ‘Advertising-Sales’, Angelo Salvetti e Fabio Cresti, rispettivamente legale rappresentante e vice presidente di Pure Bros Mobile spa, società che si occupa dello sviluppo di servizi digitali di mobile marketing e mobile payment, un consulente della stessa società di riferimento delle Telco in Italia, un socio di un’agenzia pubblicitaria e tre sviluppatori, cioé giovani informatici italiani di una azienda con sede all’estero e con compensi, come si legge nelle carte dell’inchiesta, dai 5 mila dollari in su al mese.
Una truffa spacciata per business del quale beneficiavano le società produttrici di contenuti, Csp, le piattaforme e le stesse compagnie telefoniche. In particolare Wind-Tre che incassava laute percentuali sui «ricavi tossici» del mercato. Ogni settimana venivano addebitati e sottratti 5euro dal credito telefonico per giochi, suoneria, meteo, oroscopo e gossip, tutti servizi “premium” che però gli utenti non avevano mai richiesto l’attivazione.
Attivazioni che avvenivano con il malware «zero-click»: bastava visitare una pagina web e senza cliccare nulla ci si ritrovava inconsapevolmente abbonati a servizi a pagamento extra. In molti casi la truffa avveniva anche su utenze sim “machine to machine” utilizzate prevalentemente per la gestione di ascensori, antifurti o caldaie. Un flusso che nel periodo di picco nella primavera del 2020 ha visto in media dalle 30mila alle 40mila attivazioni al giorno ! Che dopo poco, nel luglio successivo, dopo l’uscita della notizia dell’indagine condotta dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e del pm Francesco Cajani con l’ausilio della Polizia Postale delle Comunicazioni e del Nucleo speciale frodi informatiche e Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza, sono state quasi completamente azzerate.
Nel corso delle le indagini è stato eseguito un sequestro preventivo a Wind di oltre 21 milioni di euro quale “percentuale incamerata per i servizi attivati pacificamente con modalità fraudolente” dalle società produttrici di contenuti Brightmobi e Yoom fino al novembre 2018 attraverso la piattaforma tecnologica Pure Bros. Un sequestro che si era aggiunto al “congelamento” di quasi 19 milioni di euro alle Csp.
L’inchiesta risale al periodo tra il 2017 e il 2020. L’indagine della procura di Milano è stata piuttosto complessa per ricostruire gli schemi societari attraverso cui venivano nascosti i profitti, ma anche per risalire al volume effettivo delle attivazioni non richieste di questi servizi “premium”. A 7 indagati viene contestato anche il reato di tentata estorsione nei contratti: l’ipotesi della procura è che la compagnia telefonica avesse fatto pressione su una società fornitrice di questi servizi a sovrapprezzo per pubblicizzarli solo attraverso le agenzie che garantivano i maggiori ricavi alla compagnia telefonica stessa.
Gli atti d’indagine erano stati trasmessi all’ Agcom, l’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che oltre a sanzionare le compagnie telefoniche, con una delibera ad hoc nel gennaio 2021 aveva stabilito che sulle nuove Sim deve essere impostato un blocco di default per i servizi “premium”. Una decisione, seppure tardiva, che ha debellato del tutto il fenomeno truffaldino.