La rete pro Putin è variegata e diffusa fra i social network, i salotti televisivi tv, ed i giornali, attaccando i politici schierati con l’ Ucraina e sostenendo quelli che portano avanti le tesi favorevoli alla Russia, molto attiva nei momenti chiave del conflitto con un unico scopo principale: il condizionamento dell’opinione pubblica. E’ quello che scrive e racconta il CORRIERE DELLA SERA.
La cordata filo-Putin che tenta di orientare, o ancora peggio boicottare, le scelte del governo Draghi è ormai ben radicata in Italia potendo contare su manager, lobbisti, giornalisti e parlamentari, circostanza questa che allarma non poco i nostri servizi . L’indagine avviata dal Copasir attraverso i “servizi” italiani è arrivata ormai nella fase cruciale. Il materiale raccolto dall’intelligence italiana ha messo a fuoco i canali dei sostenitori filorussi usati per la propaganda, ricostruendo le connessioni tra i singoli personaggi ed i gruppi, ma soprattutto la strategia nella scelta dei momenti in cui , usando più piattaforme sociali insieme da quelle più conosciute come Facebook, Twitter, Instagram, Telegram, Tik Tok, al russo Vk, a quelle di nicchia come ExitNews ed altre minori, la “rete” attiva la controinformazione filorussa.
L’ argomento privilegiato agli inizi di maggio, quando l’esercito russo era in difficoltà sul campo di battaglia, è l’invio delle armi italiane all’Ucraina. La campagna di strumentalizzazione avviata via social si focalizza sull’immagine delle bolle di spedizione dei dispositivi militari, evidenziando la data dell’11 marzo, cioè una settimana prima dell’approvazione del decreto in Parlamento che avviene una settimana dopo e cioè il 18 marzo.
A condurre gli attacchi è Maria Dubovikova, una giornalista russa che vive a Mosca e su Twitter utilizzando l’account @politblogme annovera oltre 40mila followers . A finire nel mirino delle polemiche ed attacchi strumentali è l’ambasciatore Pietro Benassi, rappresentante diplomatico italiano presso l’Ue nonché ex consigliere diplomatico di Conte a Palazzo Chigi. Il vero bersaglio degli attacchi via social in realtà è il premier Mario Draghi, la cui maggioranza ha ben tre leader di partito e cioè Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giuseppe Conte, i quali non si sono mai schierati “senza se e senza” in favore dell’Ucraina, il Paese aggredito da Vladimir Putin.
Su decine di profili filorussi dell’estrema destra italiana, che spesso viaggiano insieme ai “negazionisti” del Covid e dei no vax rilanciano il motto “Non in mio nome” contestando a Palazzo Chigi di aver spedito le armi «senza il consenso del popolo italiano». Le accuse continue al premier Draghi spaziano dal «mandarci in guerra» così mettendo a rischio la sicurezza della nazione «per l’ambizione di diventare segretario generale della Nato», all’«aver causato l’aumento del costo dei generi alimentari ed energetici e la chiusura di numerose aziende».
Lo scorso 3 maggio, allorquando il premier Draghi critica duramente in una conferenza stampa l’intervista rilasciata a Rete4 dal ministro degli esteri russo Sergej Lavrov , si scatenano i post filtrassi su Twitter che spesso funge da «cassa di risonanza delle fake news». L’accusa contro il premier italiano, che rimbalza sui social è «Non tutela gli interessi italiani e ha un’impostazione dittatoriale», in perfetta sintonia con Maria Zakharova la portavoce del ministro Lavrov, che a sua volta accusa «i politici italiani di ingannare il loro pubblico».
Un vero e proprio bombardamento di messaggi anti governativi e filo-russi aumenta esponenzialmente in concomitanza dei passaggi politicamente decisivi, come avviene quando si è votato la prima volta sull’invio di armi e così accadrà il prossimo 21 giugno, quando si voterà la risoluzione sulla guerra invocata dal M5S di Conte, che rischia di essere spuntata dal pressoché sicuro “flop” elettorale del M5S in caduta libera di consensi dell’elettorato. In questa scia si fa notare tale Giorgio Bianchi, che viene indicato dai report periodici che gli apparati dei servizi inviano Palazzo Chigi, come un «noto freelance italiano presente in territorio ucraino con finalità di attivismo politico-propagandistico filorusso» il quale gestisce il canale Telegram Giubbe Rosse (@rossobruni), che conta almeno 100 mila appartenenti e più volte ha attaccato con critiche aspre il senatore Adolfo Urso presidente del Copasir.
Gli ucraini bollati vengono sovente indicati ed accusati come «neonazisti» sulla scia di una teoria mediatica molto usata dai sostenitori di Putin e che viene spesso rilanciato da Alberto Fazolo un economista e pubblicista che in tv e su Facebook, sostenendo che «i giornalisti uccisi in Ucraina negli ultimi 8 anni sono 80 e questo numero elevato è correlato alla presenza di formazioni paramilitari di matrice neonazista». Gli analisti dell’intelligence, evidenziano che in realtà, «i giornalisti uccisi a partire dal 2014 sono circa la metà, ma il post di Fazolo ha registrato moltissime condivisioni sia su profili Facebook filorussi, sia su canali Telegram».
Manlio Dinucci è un geografo e scrittore che ha 84 anni, promotore del comitato «No Guerra No Nato». in quale sostiene in suo articolo che «l’attacco anglo-americano a Russia e Ucraina era stato pianificato nel 2019» teoria diventata una sorta di manifesto «di mezzi di informazione statali russi e utenze che sostengono l’invasione dell’Ucraina». Ne ipassaggi del suo libro “La guerra – È in gioco la nostra vita“, pubblicato dalla semiclandestina ByoBlu Edizioni società editrice di un canale digitale e tv più volte tacciato di «disinformazione» a cui Google ha tolto ogni introito pubblicitario, guarda caso sono stati utilizzati e ripresi da Vladimir Putin nel suo discorso del 9 maggio in occasione delle celebrazioni annuali a Mosca, per il Giorno della vittoria. Le tesi di Dinucci guarda caso sono state riprese da Alessandro Orsini il docente licenziato dall’Università Luiss a seguito del clamore suscitato dalle sue apparizioni televisive, e reporter freelance Maurizio Vezzosi 32 anni, che racconta il conflitto dall’Ucraina e invita lettori e telespettatori «a informarsi non rimanendo alle notizie in superficie perché molti ucraini pensano che Zelensky sia responsabile della situazione, molti lo ritengono un “traditore”».
La rete filoputiniana si muove in pubblico, ma anche dietro le quinte. Agli inizi di maggio, quando il senatore grillino Vito Petrocelli noto per le sue posizioni anti governative si rifiuta di lasciare la presidenza della commissione Esteri nonostante gli “ultimatum” anche di Conte, ecco che gli attivisti filorussi si attivano per mettere in piedi una campagna di mail bombing rivolta agli indirizzi di posta elettronica del Senato. Fra i più attivi compaiono i canali Telegram “no vax” e “pro Russia” come @robertonuzzocanale, @G4m3OV3R e @lantidiplomatico, che raccoglie documentazione per sostenere la decisione di Petrocelli di restare inchiodato alla poltrona, contro le indicazioni del partito.
Su Antidiplomatico che negli anni in cui Grillo guardava con simpatia a Putin era vicino alle posizioni di Manlio Di Stefano e Alessandro Di Battista, è molto attiva anche la freelance Laura Ru, la quale in realtà si chiama Laura Ruggeri vive a Honk Kong e scrive su “Strategic Culture Foundation“, che viene ritenuta dagli analisti dell’ intelligente una «rivista online ricondotta al servizio di intelligence esterno russo Svr» e che, unitamente a Russia Today, è artefice di una campagna massiccia contro le sanzioni nei confronti di Mosca. La tesi della Zakharova portavoce di Lavrov, che «l’Ue è la vera vittima delle misure contro la Russia» — viene periodicamente rilanciata dal «noto giornalista e diffusore di disinformazione» Cesare Sacchetti, il quale conta oltre 60mila iscritti sul suo canale Telegram sostiene che «L’Ue è costretta a tornare sui propri passi e a pagare il gas in rubli».
Sottotraccia su questi temi si muovono anche personaggi “vicini” a quei partiti che si smarcano dal Governo Draghi. Come Claudio Giordanengo “putiniano” di ferro , il quale nel 2019 si candidò per la Lega al comune di Saluzzo, ed attacca Biden, Draghi e Speranz sui social . Questo il suo incredibile messaggio via chat del 2 giugno: «AVVISO AI TERRORISTI – Si informa che l’Ucraina sta vendendo vari stock di armi di ogni genere. Visitate i siti!! (Dark Net). Sottocosto missili anticarro Javelin originali Usa a 30 mila euro al pezzo. Ottimo affare, il prezzo originale è 250 mila dollari cadauno. Ma a loro che importa? Gli imbecilli occidentali glieli regalano».
La rete dei “putiniani d’Italia” oltrepassa i confini di partito . Giordanengo rilancia gli attacchi del fondatore di Italexit al premier Draghi : «Gianluigi Paragone inchioda il premier sulla guerra: “Si muove come un socio di Biden”. Italia sottomessa sulla guerra”». Per aumentare il numero di “filoputiniani” italiani, si muovono movimenti che utilizzano i socialnetwork in lingua russa. Su VKontakte (VK) si trovano la Rete dei Patrioti, che scrive e pubblica post (in italiano) con messaggi contro Salvini, con l’obiettivo di provare a «rubare» sostenitori alla Lega.