di Marco Ginanneschi
Nel panorama delle 363 banche di credito cooperativo italiane, meglio note come BCC, stanno emergendo in lungo e largo per l’ Italia delle nuove situazioni critiche per almeno un centinaio di loro, che potrebbero far emergere seri problemi se e quando verranno sottoposte a dei controlli più severi . Alcune di queste note problematiche sono state risolte in silenzio a fine 2015 attraverso delle acquisizioni. Un raggruppamento cooperativo del Trentino ha assorbito la BCC di Folgaria mentre la BCC di Roma ha acquisito controllo della BCC Padovana, operazione a conferma che non è sempre il Nord a salvare il Sud. Ma in alcune regioni del Mezzogiorno, vi sono fra 15 e 17 istituti di credito cooperativo dai bilanci traballanti al punto che è in serio dubbio un loro completo funzionamento nei prossimi diciotto mesi .
Solo indirizzando le BCC sane a creare un vincolo di mutuo soccorso si riuscirebbe a salvare quelle sofferenti, essendo possibile normalizzare i bilanci sofferenti solo addossandone i rischi ad altre banche più solide e con i numeri in ordine. Con un sistema “bloccato” basato sul principio “una testa-un voto”, e una redditività media soltanto dell’ 1%, attualmente le banche di credito cooperativo non sarebbero mai in grado di poter trovare la necessaria liquidità sul mercato.
E’ questa l’unica alternativa che il Governo Renzi sta preparando e il consiglio dei ministri potrebbe approvare entro metà febbraio, se nel prossimo anno e mezzo l’Italia vuole evitare una nuova serie di piccole implosioni bancarie localizzate nelle banche cooperative locali italiane. Dal 1 gennaio la strada del salvataggio pubblico è infatti impedita dalle nuove norme europee, che obbligano a colpire gli investitori e persino i depositanti se c’è aiuto di Stato.
Oggi il credito cooperativo raccoglie il 6% degli attivi bancari in Italia pur disponendo del 15% degli sportelli bancari operanti. Una stranezza segnalata da Alberto Gallo di Rbs , per cui oggi in Italia gli sportelli bancari sono più numerosi degli alberghi, praticamente il doppio delle farmacie !
Per farvi fronte, il Governo dopo il lavoro preparatorio delle Commissioni Finanze dei rispettivi rami parlamentari (cioè Camera e Senato sta lavorano ad una riforma a tappe. Inizialmente andrebbe stabilito una base minima ed accettabile di fondi propri. Secondo gli studi effettuati, anche se fosse soltanto di 50 milioni, oltre metà delle BCC sul territorio nazionale sarebbero sotto i livelli minimi, e conseguentemente costrette a fondersi fra di loro.
La decisione della soglia minima in conclusione sarà del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e del suo staff di consulenti economici. La soluzione passerebbe attraverso la costituzione di una holding centrale con un proprio consiglio d’amministrazione e uno staff, sotto la quale tutte le Bcc continuerebbero a operare con i propri vertici e dirigenti e quindi con un proprio bilancio di gestione, ma tutte collegate fra di loro da un legame vincolante di mutuo soccorso reciproco. Le BCC potranno scegliere ed eleggere il vertice della holding, in quanto azioniste, ma non potranno essere sullo stesso livello di equità. Chi detiene patrimoni più robusti, chi ha meno crediti in default ed una “governance” gestionale sana sarà più indipendente; gli altri invece man mano verrebbero commissariati.
Le BCC più solide e sane, se decideranno di non voler garantire per le altre, in tal caso potranno tenersi fuori e trasformarsi in banche popolari. Le principale candidate sono le BCC di Bologna,di Cambiano o del Chianti, ma per queste non sarà una decisione senza costi. Infatti se si sottrarranno alla mutualità reciproca, in tal caso dovranno versare una percentuale importante (quanto, lo deciderà il Governo) delle proprie riserve alla nuova holding, affinchè quest’ultima non sia troppo debole sin dalla sua costituzione. E’ più che evidente, e traspare, il rischio che Bruxelles contesti un eventuale aiuto di Stato, bloccando tutto .
Vi sono anche altre problematiche non indifferenti. La prima è che la holding nasca priva di autonomia, venendo “controllata” dalla politica territoriale. L’altra è che in tal modo l’intero sistema creditizio cooperativo finisca per salvare il posto ai “banchieri” che hanno causato più danni in questi anni. In tal caso prevarrebbero le banche ed i bancari più inefficienti. Un rischio importante è nella vigilanza: poiché con questa “ristrutturazione” si andrà a costituire il terzo gruppo bancario italiano, il controllo spetterebbe alla BCE , la Banca Centrale Europea e quindi potrebbe rivelarsi molto duro scontrandosi con la miriade di anomalie del credito nei variegati territori d’Italia. Palazzo Chigi è ben conoscenza di questi rischi, ma deve andare avanti. Il Governo Renzi sa perfettamente che ha l’occasione per forzare tempi e modi di una svolta, se tutti gli ingranaggi funzioneranno a regime. Ma è anche ben consapevole che non vi sono altre vie d’uscita.