di Vincenzo Imperatore*
Non è demagogia, ma la storia ce lo ha sistematicamente confermato: le rivoluzioni partono sempre dal basso. Le vere rivoluzioni hanno una visione ampia, capace di fornire risposte e nuovi strumenti di prospettiva, hanno la forza di rimettere in circolo una libertà che non è solo presunzione, ma senso della misura, equilibrio, armonia. Le rivoluzioni, quando sono vere rivoluzioni, cambiano i rapporti, li fanno diventare più umani, più capaci di definire limiti e necessità.
ERRORI LEGATI A INADEMPIENZE UMANE
Si parte dalla consapevolezza che da soli non sia possibile, che ci voglia qualcosa o qualcuno che sappia entrare in comunione con la natura umana, con l’uomo e le sue necessità, i suoi valori, le sue aspettative. La vera rivoluzione è silenziosa. Passa attraverso lo spirito della legge, si guarda attorno e si mette a servizio. Si umilia e si prostra perché quel mondo che ci ruota attorno possa esprimere al meglio la sua condizione. Le grandi crisi e le grandi rivoluzioni arrivano dopo grandi errori, che si legano alle inadempienze umane.
ESEMPIO DI “BANALITÀ DEL BENE”
E finalmente è arrivato nel mondo della finanza il primo atto di disobbedienza civile, un atto di coraggio compiuto da chi sostiene, magari rischiando il posto di lavoro o comunque la sua serenità familiare, di agire come che ogni altro persona al suo posto avrebbe fatto. Una “banalità del bene”, come ci raccontano Steve Crawshaw e John Jackson in Small Act or Resistance. How courage, tenacity and ingenuity can change the world, che dovrebbe creare immancabilmente un effetto contagioso.
TENTATIVO DI TUTELARE IL FUTURO
È quanto hanno fatto alcuni dipendenti della Banca Popolare di Bari che hanno redatto un manifesto, inviato ai commissari straordinari, in cui esprimono dissenso nei confronti della “vecchia” mala gestio, di prenderne le distanze e soprattutto di tutelare il futuro di quella comunità di onorabili colleghi, nel segno del merito, della lealtà e della trasparenza.
Ci hanno messo la faccia, i loro nomi e cognomi, hanno abbandonato la strada della tutela sindacale, sono usciti dal torpore della complacency per affermare (e confermare quanto sostengo da anni) che risulta piuttosto urgente rimuovere situazioni di incompatibilità, conflitti di interessi tra dipendenti che, appartenendo a stessi nuclei familiari o in qualità di soggetti comunque “interessati”, gravitano e operano negli stessi ambiti aziendali, assicurando la giusta complicità che ha consentito e che continua, neppure in modo così tanto latente, a permettere a certi rappresentanti aziendali e/o certo sindacato di perseverare in condotte al limite della decenza e della moralità.
*tratto dal quotidiano online Lettera43