“Sto bene” dice il nostro collega Sandro Ruotolo al Fatto Quotidiano ” ma vivo questa situazione con ansia. Non è facile accettare il fatto che Michele Zagaria ti voglia morto”. Così Sandro Ruotolo, giornalista televisivo finito nel mirino del boss del Casalesi per le sue inchieste sul traffico di rifiuti tossici in Campania che aggiunge: “La stima e solidarietà di tanti amici e colleghi mi stanno aiutando psicologicamente”. Zagaria, in carcere dal 2010 per associazione mafiosa, ha emesso il suo verdetto di morte da dietro le sbarre dopo la messa in onda di“Inferno atomico”, uno speciale di Servizio Pubblico in cui il cronista intervistava il pentito Carmine Schiavone, morto nel febbraio 2015, sui rapporti fra il clan, la politica e i servizi segreti.
“Dopo la droga il business per eccellenza è il traffico di rifiuti e negli ultimi 12 anni i Casalesi hanno sversato nell‘agro aversano la bellezza di 10 milioni di tonnellate di veleni – spiega Ruotolo – In questo quadro io stavo cercando di capire la rete di contatti fra Zagaria, quando era latitante, e alcuni esponenti dell’intelligence”. Ora il nostro collega Ruotolo vive sotto scorta, ma non si tira indietro e assicura che continuerà a indagare sugli appetiti della camorra in quei territori .
“Se i giornalisti – conclude Ruotolo (ascolta qui ) – quindi la categoria, si occupasse più della realtà, non solo delle cose che vanno bene, ma delle cose che vanno male, il rischio potenziale si ridurrebbe a zero. Questo è il punto. Ed allora ognuno avrà il suo punto di vista, ma io voglio vere i colleghi insieme a me, che andiamo nella terra dei fuochi, per raccontare la terra dei fuochi. Ognuno con il proprio punto di vista. E il rischio si dividerà. Se accanto a Sandro ci fossero tanti Sandro, Alfonso, Italo, Gennaro, Pasquale…che raccontassero questo Paese, per me è fondamentale nella storia, diciamo, recente di questo Paese, l’esperienza degli imprenditori e dei commercianti, quelli che si sono ribellati al racket delle estorsioni, Libero Grassi fu ucciso perchè era solo a Palermo, perchè diceva “no al pizzo” . La morte di Libero ha fatto creare in questo Paese le associazioni. Se tanti imprenditori di Roma, Napoli, dei quartieri di Palermo, di Caserta, stanno insieme e denunciano gli estorsori, il rischio è ZERO.
Così se tanti giornalisti avessero la schiena dritta , il rischio non ci sarebbe più.
Noi del Corriere del Giorno siamo assolutamente d’accordo con Sandro Ruotolo e gli siamo vicini e solidali in questo momento, e ricordiamo ai nostri lettori che quanto auspica il nostro autorevole collega, è esattamente il contrario di quanto accaduto recentemente a Taranto, dove i commercianti tarantini Giovanni Geri, titolare dei negozi “Lord” ed attuale presidente (rieletto…) della Federmoda provinciale tarantina e Giovanni Perrone (entrambi membri della Confcommercio di Taranto), invece di denunciare gli estorsori del “pizzo” hanno mentito alle forze dell’ordine e coperto le attività illecite della mafia tarantina, così come è emerso fuori dall’ “inchiesta ALIAS” diretta dalla DDA di Lecce che ha coordinato le attività investigative congiunte fra Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, motivo per cui Geri e Perrone sono stati accusati di “favoreggiamento” all’organizzazione mafiosa (reato punito con la reclusione fino a quattro anni) ed è stato richiesto il loro rinvio a processo dal p.m. dr. Alessio Coccioli della Procura di Lecce.
Ridicolo negli ultimi giorni il vano tentativo di Geri e Confcommercio di sviare le attenzioni dell’opinione pubblica da questo genere di comportamenti collusi ed illegali, cavalcando il problema della vendita di merce contraffatta nelle vie del centro ad opera dei “vù cumprà” sul solito giornaletto a “mezzo servizio”… anche perchè questo fenomeno esiste da qualche anno, ma guarda un pò… Geri e la Confcommercio se ne accorgono solo ora ! Sarà forse perchè a fine maggio si svolge l’assemblea per il rinnovo delle cariche sociali dell’associazione di commercianti tarantini ? Quando poi i giornalisti locali della Gazzetta del Mezzogiorno della redazione di Taranto si lamentano che lavorano con il contratto di solidarietà, e vedono il loro posto di lavoro a rischio, non bisogna meravigliarsi. Succede quando non si fa i giornalisti…come dice Ruotolo senza avere “la schiena dritta“.