di Massimiliano Fina
“Non guadagno molto, ma quando mi alzo la mattina so che mi aspetta un lavoro fantastico“. Parole di Luigi Formoso, 43enne di Taranto, l’unico in Puglia a svolgere un singolare mestiere, quello del velaio artigianale: dal 2009 realizza vele servendosi solo delle tradizionali macchine da cucire e della sua creatività, proprio come un sarto che confeziona vestiti su misura.
Un caso più unico che raro in un settore che ha ormai rimpiazzato l’estro dei singoli produttori con l’efficienza tecnologica delle moderne velerie. “La progettazione della vela, la scelta ed il taglio dei tessuti, la loro realizzazione: ora è tutto automatizzato” sottolinea l’artigiano jonico mentre ci fa entrare nel suo laboratorio. Siamo nel rione Croce-Tamburi, uno dei quartieri tristemente noti per i gravi problemi di inquinamento dal vicinissimo stabilimento siderurgico dell’ ILVA.
La sua bottega è composta da due ambienti, un piccolo studio e il laboratorio vero e proprio, separati guarda caso da una tenda ottenuta da una vela riciclata. Qui ci facciamo largo tra rotoli di stoffa, cartoni e tavoli colmi di attrezzi. Alcuni trofei sistemati su uno scaffale e dei riconoscimenti appesi sul muro testimoniano che Luigi è prima di tutto un velista (soprannominato “Felix”) . “La passione per il mare mi spinge da sempre a partecipare alle regate. – spiega Luigi – Da quando svolgo questa occupazione poi gareggiare è anche conveniente: più partecipo alle competizioni, più ho la possibilità di conoscere ed attrarre potenziali clienti“.
E pensare che i suoi studi lo stavano portando lontano dalle onde e dal vento. Dopo essersi laureato in Agraria collabora per anni con una ditta di Roma dedita ai controlli in campo agricolo. Nel 2004 la svolta: la chiamata da parte di una veleria di Lecce gli permette per la prima volta di fondare il lavoro con il piacere. Appresi i primi “trucchi” della sua nuova professione, abbandona le complesse apparecchiature dell’azienda per tornare nella sua città e mettersi in proprio.
Nel suo attuale luogo di lavoro, non c’è traccia di computer, saldatori a raggi infrarossi ed altri apparecchi che ritagliano i tessuti in serie, tipici delle velerie industriali. “Per prima cosa quando devo creare una vela, vado al porto ed esamino meticolosamente la barca sulla quale va montata – racconta Luigi – poi torno nella mia “tana” progetto il modello più adatto e scelgo le stoffe: posso essere di materiali naturali come tela, cotone e canapa, oppure fibre sintetiche come dracon, mylar, kevlar o carbonio“.
Può cominciare così la preparazione vera e propria della vela. “In una comune fabbrica i pezzi di tessuto da assemblare sono sempre gli stessi – prosegue l’artigiano – e tutti con delle strisce di adesivo per permettere l’incollatura automatica delle macchine: qui invece la cucitura e l’assemblaggio dei vari componenti dipendono solo dalle mie abilità manuali. E’ una vera e propria d’arte , un processo che non avviene mai in modo uguale: tutte le imbarcazioni, anche quelle dello stesso modello, non sono mai perfettamente identiche“.
Curiosa è anche la posizione della postazione di lavoro di Luigi, che si trova a un livello più basso delle macchine da cucire, piazzate alla stessa altezza del pavimento: quest’ultimo infatti funge da piattaforma per le vele e garantisce una cucitura perfettamente lineare. “Una simile cura dei dettagli – sottilinea il 43enne tarantino – rende le mie “creature” più resistenti ed efficienti rispetto agli esemplari usciti dalle industrie del settore. Sono convinto che sia la vela a doversi adattare alle esigenze del velista, e non il contrario“.
L’esigenza di arrotondare le entrate lo ha poi convinto a non gettare via nemmeno un centimetro di tessuto. Qui infatti le vecchie vele vengono riciclate per dar forma a sacche, portascarpe, portatabacco ed altri oggetti che con le barche hanno poco da spartire. “Mi sto cimentando anche nella realizzazione di una copertura di una villa di campagna – conclude Luigi – Il risultato sarà sicuramente suggestivo“