Dopo l’ennesima tragedia in mare sono stati individuati tre presunti scafisti accusati di aver condotto nonostante le condizioni proibitive del mare il barcone carico di migranti dalla Turchia all’Italia, naufragato davanti alle coste del Crotonese. La Squadra mobile della Polizia di Stato, la Compagnia Carabinieri di Crotone e i finanzieri della Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza di Crotone, sotto il coordinamento della Procura crotonese, sono riusciti a individuare i presunti trafficanti di uomini. Un cittadino turco e due pachistani, sospettati di essere gli scafisti accusati di “aver chiesto a ciascun migrante, per il viaggio di morte, circa ottomila euro“. Uno dei tre scafisti, si è appreso, è risultato positivo al Covid.
C’erano tante di quelle persone stipate nella stiva del natante partito dalla Turchia e poi naufragato davanti alle coste di Crotone, almeno 150 migranti, mentre due scafisti che gestivano la folla di migranti “ci facevano salire per respirare per poi farci scendere sotto la barca”. E’ stato uno dei superstiti del naufragio di domenica all’alba, ascoltato ieri nel Cara di Capo Rizzuto, dove sono ospitati i migranti che sono riusciti a salvarsi, a raccontarlo agli investigatori, come risulta sui verbali del provvedimento di fermo
L’uomo superstite ha fatto anche una descrizione di uno degli scafisti arrestati e portati ieri in carcere: “Era un turco che aveva un tatuaggio sullo zigomo destra, non guidava ma dava ordini agli altri componenti dell’equipaggio. Lui era sempre seduto“. “Poi c’erano due pakistani, uno che era quello che ha gestito lo spostamento da Izmir alla prima barca“, ha aggiunto una superstite ascoltata dalla Polizia giudiziaria delegata dalla Procura di Crotone.
Le testimonianze ed i racconti di chi ha vissuto quei momenti e visto morire fra le onde amici e parenti sono agghiaccianti. Un altro dei sopravvissuti ha raccontato ai Carabinieri di aver lasciato la Siria nel 2015 per raggiungere la Turchia dove ha vissuto per otto anni. “Ho vissuto in una città della Turchia lavorando come pavimentista e muratore. Dopo tanti tentativi andati a vuoto per arrivare in Italia in cui sono stato arrestato, in questa ultima occasione, tramite Facebook ho contattato tale Abo Naser, palestinese conosciuto tramite un amico il quale ha organizzato questo viaggio. La partenza era da Izmir – racconta – e per arrivare a Izmir mi trovavo in una casa a Istanbul dove io e altri siamo stati nascosti per una notte. Arrivato di notte a Izmir su un camion con altre 130 persone, ho incontrato un pakistano che poi si è imbarcato sino all’arrivo in Italia. Questa persona mi è rimasta impressa perché ha sorpreso mio nipote filmare con il cellulare e lo ha rimproverato, al punto che io ho litigato con lui“.
“Da qui ci siamo incamminati per circa tre ore in un bosco – continua il racconto – sino ad arrivare presso una spiaggia. Ci hanno raccolto tutti in un punto ed abbiamo aspettato un po’ fino a quando qualcuno ha fatto arrivare la barca con un segnale luminoso. E’ arrivata una prima imbarcazione e siamo stati fatti salire. Iniziato il viaggio, dopo alcune ore la barca ha avuto una avaria ed il personale e l’ equipaggio ha fatto arrivare una seconda imbarcazione sulla quale siamo stati fatti salire” .
“La seconda imbarcazione è arrivata con quattro persone a bordo ed era guidata da un turco e da un siriano. Ricordo che il siriano era di corporatura robusta ed era anche un meccanico. Poi c’era anche un altro turco che aveva un tatuaggio sullo zigomo destra che non guidava ma dava ordini a tutta l’imbarcazione. Mi è sembrato una sorta di capo perché dava gli ordini agli altri. Poi c’erano due pakistani“.
Un altro superstite rivive la tragedia in mare tra le lacrime . “Circa quattro ore prima dell’urto della barca uno dei due pakistani è sceso nella stiva e ci ha detto che dopo tre ore saremmo arrivati a destinazione. Lui si è ripresentato un’ora prima dello schianto dicendoci di prendere i bagagli e prepararci a scendere che eravamo quasi arrivati. All’improvviso il motore ha iniziato a fare fumo, c’era tanto fumo e puzza di olio bruciato“. L’uomo ha verbalizzato agli inquirenti che indagano sulla tragedia quanto accaduto che è costato la vita a 65 persone: “Ho fatto in tempo ad afferrare mio nipote ed a salire in coperta dopo di che la barca si è spezzata e l’acqua ha iniziato a entrare. Quando sono salito senza più riscendere sotto c’erano circa 120 persone tra donne e bambini“. A quel punto, gli investigatori gli hanno chiesto cosa hanno fatto gli scafisti, ed ha risposto “Ho visto che il siriano e due turchi hanno gonfiato un gommone e sono scappati. Non ho visto cosa ha fatto il turco con il tatuaggio sullo zigomo perché ho pensato solo di mettere in salvo mio nipote” .
Le polemiche fra Frontex e Guardia Costiera
“Nelle tarde ore di sabato, un aereo di Frontex che sorvegliava l’area italiana di ricerca e soccorso nell’ambito dell’operazione Themis ha avvistato un’imbarcazione pesantemente sovraffollata che si dirigeva verso le coste italiane: come sempre in questi casi, abbiamo immediatamente informato tutte le autorità italiane dell’avvistamento“. Ha dichiarato all’ANSA un portavoce di Frontex. “Il nostro aereo ha continuato a monitorare la zona fino a quando non è dovuto rientrare alla base per mancanza di carburante. L’imbarcazione, che trasportava circa 200 persone, stava navigando da sola e non c’erano segni di pericolo“.