di FRANCESCA LAURI
“Segui il denaro, non gli uomini” diceva l’indimenticabile magistrato antimafia Giovanni Falcone. Ed anno dopo anno la sua lezione è sempre più che valida. Su questa strada si sono mossi la giornalista, Dania Mondini e il criminologo, Claudio Loiodice, prendendo Modigliani come paradigma per indagare il lato oscuro del mondo dell’arte: il fenomeno di falsi e riciclaggio. Quello del traffico d’arte è sicuramente un settore a basso rischio di responsabilità penale ma molto redditizio.
Un libro che sembra la bozza di una sceneggiatura di un film. “L’affare Modigliani” ha prodotto l’apertura di nuovi procedimenti penali e supportato indagini già in corso, come ad esempio quelle relative alla mostra di Genova, dove sono state sequestrate ventuno delle quaranta opere attribuite al pittore Amedeo Modigliani. La Senatrice Margherita Corrado, dal libro ha tratto spunto per presentare tre interrogazioni parlamentari.
“Sentivano di aver trovato la pista giusta per scavare nei misteri, in un sistema che finisce per umiliare l’arte, per sfruttare gli artisti, riciclare denaro sporco. In loro ho visto l’ansia di investigazione” dice il Senatore Pietro Grasso, già presidente del Senato della Repubblica ed Ex Procuratore Nazionale Antimafia, che li ha sempre sostenuti ed è l’autore della postfazione. Dopo la pubblicazione del libro sono seguite denunce e minacce e a distanza di due anni, continuano le intimidazioni verso gli autori. Tanto che, da ultimo sono radicati due procedimenti penali presso la procura di Trento, la provincia in cui ha sede la tipografia del libro.
Ogni capitolo ha come titolo la scena del crimine e nel ricostruire i fatti gli autori non hanno risparmiato nomi di politici, istituzioni, critici e altri personaggi del mondo dell’arte. Tra questi ultimi, quello maggiormente coinvolto è Christian Parisot che, dopo essere divenuto illecitamente proprietario degli Archivi, avrebbe autenticato opere false. Di fatto, gli archivi di un artista sono fondamentali per il mercato: consentono di ricostruire la vita, di risalire alla sua produzione. Chi li possiede ha un grande potere: quello di certificare le opere. Modigliani quando morì, non lasciò un archivio. Fu la figlia Jeanne che decise ad un certo punto di raccogliere tutto e per poi donarlo, con un dubbio atto, a Christian Parisot. Perizie calligrafiche e indagini sul patrimonio mai fatte, hanno alimentato i sospetti degli autori. Allo stesso modo l’indagine sulla morte di Jeanne, di cui nel libro si fanno ipotesi che la ricollegano al ritrovamento delle tre sculture false di Modigliani in un canale di Livorno. Un caso frettolosamente archiviato, come una burla.
“Gli Archivi nel 2006 erano stati ceduti al patrimonio nazionale italiano da Laure Nechtschein, nipote e unica erede di Amedeo Modigliani, come risulta da documenti che abbiamo acquisito presso la Soprintendenza. Con un accordo sospetto tra Christian Parisot e la mercante d’arte Mariastellina Marescalchi erano poi definitivamente ‘volati’ all’estero” spiegò Dania Mondini in una intervista all’ Agenzia Ansa. Dopo averli ritrovarti, gli autori hanno ricostruito le tappe della loro esportazione illegale dal nostro Paese: ora sono nel porto franco di Ginevra in Svizzera, dove la polizia cantonale li ha bloccati.
Sono seguite intimidazioni, querele temerarie come quella che minacciava Parisot, e poi il suo avvocato svizzero, attraverso la stampa elvetica. Si leggerebbero delle finalità intimidatorie, a detta degli autori anche negli ultimi due procedimenti penali presso la procura di Trento. Del resto quello delle querele temerarie, non è un problema nuovo ma anzi è un fenomeno in crescita, volto ad ostacolare il diritto di cronaca e di critica.
In occasione dell’ultima presentazione online, il Presidente di Federazione della Stampa Giuseppe Giulietti ha ricordato proprio che “è un tema importante di cui la Federazione della stampa ed Articolo 21 si occupano da anni – e poi a difesa dell’inchiesta, ha continuato – il libro ha uno stile di scrittura limpido, senza retorica, dialettico. C’è una sentenza della Corte di Cassazione chiamata a decalogo del buon giornalismo che recita quali sono i criteri perché sia fondata una inchiesta come un libro: continenza, verosomiglianza, raccolta delle fonti”.
“Il libro documenta, si sofferma sugli elementi della conoscenza nel tempo, con citazioni di fonti e di sentenze. Cerca di liberare Modigliani dalla beffa, dal mito, dalle bugie e dalle speculazioni. Un lavoro di scrittura che si fonda sulla trasparenza. La liberazione – ha sottolineato Giulietti – è l’elemento essenziale per giustificare il lavoro dello scrittore e del giornalista. In sede di giudizio di “querele bavaglio”, il pregresso, la biografia di chi l’ha scritto, non può essere rimosso, come invece è avvenuto nel rinvio a giudizio. Le sentenze della Corte Europea dicono che, in ogni caso se il giornalista lavora su un argomento di rilevanza sociale o interesse pubblico, questo dato è prevalente sul singolo errore. Tutto questo nel libro c’è. Eppure il libro è stato querelato. E si è deciso con una rara celerità. Una celerità che non ha riscontro per le minacce rivolte verso i cronisti. Questo è preoccupante. Stanno aumentando le querele verso i libri inchiesta – ha concluso Giulietti – tutto questo per dire che questo libro risponde pienamente ai criteri dell’art 21 della Costituzione: scritto con libertà per dare informazioni aggiuntive a donne e uomini che vogliono sapere“.
“L’ esperienza di Dania e Claudio ha fatto riflettere – ha aggiunto Giuseppe Antoci, Presidente della Fondazione Caponnetto – non c’è stata mai una volta in cui dopo aver gioito si è terminato con una preoccupazione per aver scoperchiato l’ennesimo calderone in cui gli autori rischiano, con pressioni e intimidazioni”. Per questo come ha detto Beppe Giulietti, presidente Federazione Nazionale Stampa Italiana “la solidarietà è importantissima in presenza di querele bavaglio, scagliate per intimorire ed è necessario rilanciare una battaglia per avere una legge”.
Per Giuseppe Antoci, Presidente Onorario di Fondazione Caponnetto,si tratta certamente di “una inchiesta che deve continuare a vivere aldilà del libro”. Ad ogni modo, per lo Stato italiano, questa poteva certamente essere l’occasione di riappropriarsi e restituire la memoria di uno dei più grandi artisti della nostra storia perché come ha ribadito Dania Mondini “gli Archivi, sono una grande occasione di studio, hanno un valore storico oltre che artistico. Hanno un valore anche per il processo di Genova. Il materiale attualmente depositato presso il porto Franco di Ginevra è un materiale prezioso. Probabilmente il Ris avendo a disposizione la tavolozza di Modigliani, potrebbe decidere se le opere oggetto dell’inchiesta possono essere annoverate tra quelle dell’artista. Avrei sperato se non altro che questo libro avrebbe fatto recuperare l’archivio. Cosa che non è ancora accaduta”.
Non sapremo mai se gli archivi torneranno a vivere. Non ci resta che sperare che ciò accada. Quello che è certo è che un danno all’immagine di Modigliani, porta con se un danno all’umanità intera, di riflesso a quello provocato ad un patrimonio culturale sottratto a chi pur volendo prendersene cura, si ritrova nella impossibilità di farlo. Un patrimonio culturale che dovrebbe essere motivo di vanto per noi italiani, specchio della nostra grandezza e che invece vive con il favore delle tenebre mentre chi vuol far luce viene messo sotto processo con una insolita velocità.