Il governo Meloni dalla A alla Z
‘A’ come Autonomia differenziata. Parte del programma del governo di centrodestra, eterno cavallo di battaglia della Lega, diventata legge con le opposizioni sulle barricate, che l’hanno presto ribattezzata ‘Spacca Italia’. Tiepidi se non freddi gli alleati di governo che, fedeli al patto di legislatura, hanno dovuto lasciar correre il ddl Calderoli, atteso alla prova del referendum. Più volte la premier ha difeso al riforma. Anche questa mattina, intervenendo al Festival delle Regioni e delle Province Autonome, ne ha parlato come “un’occasione”, “una sfida per le Regioni e per le sue classi dirigenti, sulla spesa e sui servizi. Ogni Regione ha la possibilità di dimostrare che serietà, competenze e responsabilità sono una vera opportunità”.
‘B’ come balneari, al centro di un lungo braccio di ferro con l’Ue. Da sempre ‘paladino’ dei titolari di concessioni sulle spiagge italiane, il centrodestra ha dovuto arretrare di fronte all’avversata Bolkestein, inserendo la riforma sui lidi, con le gare per riassegnare le concessioni entro il 2027, all’interno del decreto Infrazioni, approvato dal Cdm lo scorso settembre e in questi giorni all’esame della Camera dei Deputati. Su circa 380 emendamenti presentati, più di due terzi riguardano le sole concessioni balneari, con un contributo decisivo delle forze di maggioranza per migliorare un testo che ha profondamente scontentato le associazioni di categoria. Ma la partita non è ancora a chiusa benché i margini sembrino essere stretti: il testo del decreto Infrazioni era stato concordato dal ministro Raffaele Fitto con la Commissione Ue e pertanto qualsiasi modifica dovrà ottenere il disco verde da Bruxelles.
‘C’ come coesione, dal nome dei 19 Patti che il governo ha siglato con le Regioni e le province autonome per un valore di oltre 35 miliardi. Le intese sono il risultato di un lavoro sinergico tra le strutture della presidenza del Consiglio, coordinate dal ministro per le politiche di coesione Raffaele Fitto, le Regione e le amministrazioni centrali al fine di individuare le priorità progettuali, impegnandosi sulle tempistiche di realizzazione. La previsione di tempi certi per l’utilizzo dei fondi, pena la revoca, è proprio l’elemento caratterizzante della riforma della politica di coesione nazionale varata dal governo nel settembre 2023, anche al fine di superare gli storici limiti alla spesa dei fondi di coesione.
‘D’ come donna, con Giorgia Meloni che segna il primato alla guida di Palazzo Chigi. Non l’unico: arrivano infatti quest’anno la nomina della prima Ragioniera generale di Stato, Daria Perrotta, e della prima ad di una società partecipata, Giuseppina Di Foggia, a capo di Terna.
‘E’ come export, con l’Italia, forte dell’intramontabile ‘made in Italy’, che si piazza al quarto posto nel mondo per esportazioni. Il governo Meloni rivendica un aumento del saldo commerciale di 34 miliardi nel 2023, con un balzo in avanti dell’agroalimentare che registra un +8% nel 2024 sul 2022.
‘F’ come fisco, con l’avvio di una riforma che passa anche dalla pace fiscale, all’insegna del concordato preventivo biennale, con l’opposizione che accusa il governo di premiare chi elude e l’esecutivo che celebra ‘somme record’ di recupero dell’evasione. Intanto le aliquote Irpef sono passate da 4 a 3, il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti con redditi fino a 40mila euro diventa strutturale (a partire dal 2025, ndr) e la soglia di accesso al regime forfettario per gli autonomi sale a 85mila euro.
‘G’ come G7, con l’Italia dal primo gennaio titolare della presidenza. A metà giugno il summit dei grandi: la premier sceglie la Puglia per un G7 all’insegna delle tradizioni. La location è Borgo Egnazia, dove arriva anche Papa Francesco per una sessione dedicata all’intelligenza artificiale. E’ la prima volta per un pontefice. Il vertice mette a segno anche l’accordo sul prestito all’Ucraina dagli asset russi congelati, sul quale tuttavia ancor oggi si arrovellano le diplomazie. Il summit viene segnato anche dallo scontro sottotraccia tra la premier e Emmanuel Macron sulla tutela dell’aborto nelle dichiarazioni finali del vertice.
‘H’ come hotspot, i due fuori dai confini nazionali, frutto dell’avversato Memorandum con l’Albania, generano una guerra con le opposizioni che giunge fino alla Corte dei Conti, con tanto di esposti contro il governo per danno erariale. E innescano uno scontro con la magistratura per la mancata convalida dei fermi dei primi 12 migranti dislocati tra Schengjin e Gjader. Il governo, per evitare che l’intesa con Tirana resti in un pantano, vara un decreto con l’elenco dei Paesi sicuri.
‘I’ come immigrazione. Il contrasto a quella illegale, cavallo di battaglia della campagna elettorale che ha portato il centrodestra al governo, diventa il tallone d’Achille del primo anno alla guida del Paese, con la premier che, esattamente un anno fa, ammette la delusione per i risultati messi a segno ma si dice convinta di spuntarla sul medio/lungo termine, dedicandosi al dossier con la dedizione del “maratoneta”. Solleva il tema anche all’Assemblea delle Nazioni Unite, chiedendo che l’Onu “non si volti dall’altra parte”. In Parlamento, la settimana scorsa, ha rivendicato “un calo degli sbarchi del 61% sul 2023“, con un aumento dei rimpatri “del 16%“.
‘L’ come lavoro, con il governo che celebra, ad ogni occasione buona, “il record di 24 milioni di occupati”, con un aumento di 834mila lavoratori. Il tasso di occupazione, ha rimarcato anche la premier all’assemblea generale di Confindustria, è “al 62,3%, ai massimi storici”, mentre il tasso di disoccupazione giovanile si attesta al 18,3%, “il più basso di sempre”. Tra i meriti del governo nell’inversione del trend, a detta della presidente del Consiglio, gli incentivi per le imprese con esoneri contributivi per chi assume e la deduzione al 120% del costo del lavoro per i neo assunti in base al principio “più assumi, meno paghi”.
‘M’ come Mattei, dal Piano con cui il governo punta a inaugurare un nuovo partenariato tra Italia e Stati del continente africano, puntellando la partnership con una serie di intese e progetti da portare avanti in sinergia, secondo “un approccio non predatorio”, come ama ripetere la presidente del Consiglio. Finora sono oltre 30 i progetti su base bilaterale e regionale messi nero su bianco, con una dotazione finanziaria iniziale di 5,5 miliardi.
‘N’, come natalità, tema caro alla presidente del Consiglio. L’ultima manovra, con una chiara impronta meloniana, ‘premia’ soprattutto le famiglie numerose, con benefici per quelle che contano almeno tre figli e un mese di congedo parentale in più pagato all’80%. Si aggiunge un bonus di 1.000 euro per i nuovi nati in famiglie con Isee fino a 40mila euro.
‘O’ di Orbàn, il primo ministro ungherese ‘bastian contrario’ nei consessi europei, considerato vicino a Meloni ma ormai assai più vicino a Matteo Salvini, con cui condivide la stessa famiglia politica a Strasburgo, quella de ‘I Patrioti’, fuori dalla maggioranza ma numericamente terza forza del Parlamento europeo.
‘P’ come premierato. E’ quella che Meloni considera la ‘madre di tutte le riforme’: per garantire maggiore stabilità, il disegno di legge costituzionale a cui ha lavorato di buona lena la ministra Maria Elisabetta Alberti Casellati introduce l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Partita a razzo, la riforma vive ora una fase di stallo mentre all’orizzonte si profila l’incognita del referendum. Nel frattempo, per vederla uscire dalla palude, occorre trovare la quadra su una legge elettorale compatibile con il criterio di rappresentanza del voto degli elettori.
‘Q’ come quaderno. La premier viene descritta come una che studia ossessivamente tutti i dossier sul tavolo, “una secchiona” a detta dei suoi ex compagni di scuola. E’ solita prendere sempre appunti, al tavolo dei Consigli dei ministri ma anche nei consessi internazionali, persino quando i cronisti le pongono domande nelle rare conferenze alle quali lei preferisce i più informali punti stampa. Gli appunti sul ‘diario di Giorgia‘ -con adesivi e charms in bella vista sulla copertina rigorosamente nera – sono diventati una rubrica web, un appuntamento social con cui la premier informa i suoi follower sui provvedimenti e il lavoro portato avanti dal governo.
‘R’ come rave, dal primo provvedimento varato dal governo Meloni. Obiettivo della misura rivendicare con forza la stretta sull’illegalità -“L’Italia non è la Repubblica delle banane”, aveva detto la premier-l introducendo il reato del ‘rave party’ (art. 633 bis del Codice Penale), che prevede la reclusione dai 3 ai 6 anni per le persone che organizzano raduni musicali abusivi su terreni altrui. La misura ha scatenato una ‘rissa’ con le opposizioni, ma anche spaccature all’interno della stessa maggioranza.
‘S’ come Stretto, dal ponte che ha visto il governo riavviare un progetto da sempre caro al centrodestra, tassello irrinunciabile di ogni programma firmato Silvio Berlusconi. Il cantiere, che includerà espropri e demolizioni, partirà a maggio 2025, mentre dall’Europa è arrivato il disco verde ai primi fondi per la realizzazione dell’infrastruttura, su cui gli ‘anti-Ponte’ continuano a sollevare dubbi di fattibilità. La Società Stretto di Messina e l’Agenzia Cinea hanno firmato un accordo, il Grant Agreement, per l’erogazione di un contributo a fondo perduto di circa 25 milioni di euro’, che copre il 50% dei costi di progettazione esecutiva dell’opera, per la parte imputabile all’infrastruttura ferroviaria.
‘T’ di transizione, digitale e green. La prima passa soprattutto per l’impegno del governo sull’intelligenza artificiale. Pur mettendo in guardia dai rischi, la premier cerca di cavalcarne le opportunità: vanno inquadrati in questa cornice gli incontri con i Ceo di Google, Motorola e Open, a margine della missione di Meloni a New York per l’assemblea delle Nazioni Unite di settembre scorso. Sulla transizione green, la presidente del Consiglio si è schierata contro “l’approccio ideologico che ha sostenuto il green deal, con effetti disastrosi”, annunciano battaglia in Europa.
‘U’ come ‘utero in affitto’, espressione sprezzante adottata dal centrodestra, in particolare da Fdi e Lega, nella battaglia contro la gestazione per altri (Gpa), una forma di procreazione assistita resa dalla maggioranza reato universale con una legge di Stato approvata in via definitiva la settimana scorsa. E ha fatto molto discutere, nel dicembre scorso, la presenza ad Atreju di Elon Musk, accompagnato sul palco di Fdi da uno dei sui 11 figli proprio per rimarcare l’importanza della sfida demografica e incentivare gli italiani ad aumentare la prole. Ma anche il numero 1 di Tesla ha fatto ricorso, per almeno sei dei suoi 11 figli, alla Gpa, un’evidenza che ha scatenato la reazione indignita delle opposizioni, che hanno rimproverato alla premier l'”ipocrisia” della scelta di Musk protagonista della kermesse del partito di via della Scrofa.
‘V’ come von der Leyen. Il rapporto privilegiato tra Meloni e la presidente della Commissione Ue ha in passato indispettito i grandi leader europei, da Emmanuel Macron a Olaf Scholz. Anche la settimana scorsa, all’ultimo Consiglio europeo, non sono mancati malumori per la presenza della numero 1 della Commissione alla riunione informale organizzata dall’Italia, con i primi ministri danese e olandese, per studiare ‘soluzioni innovative’ sul dossier migratorio. Meloni, a luglio scorso, ha fatto mancare il suo voto al bis di von der Leyen, ma è riuscita a mantenere con la leader tedesca un rapporto solido, incassando la ‘chiamata’ in Commissione del fedelissimo Raffaele Fitto, destinato, esame permettendo, al ruolo di vicepresidente con delega alla Coesione e alle Riforme.
‘Z’ come Zelensky. Dal primo giorno alla guida di Palazzo Chigi, ma ancor prima dai banchi dell’opposizione, la presidente del Consiglio non ha mai fatto mancare il sostegno dell’Italia all’Ucraina, “senza se e senza ma e finché sarà necessario”, anche con il proseguo dell’invio di armi a Kiev.