Nei giorni scorsi allarmi sul boom dei costi sono stati lanciati da Federvini e dall’Alleanza delle cooperative agroalimentari, ma ora l’emergenza bottiglie apre per il settore uno scenario davvero paradossale. Perché il vino a differenza, ad esempio, di pasta e prodotti da forno (che hanno bisogno importare grano duro e tenero perché la produzione nazionale non basta) non ha problemi di materie prime agricole. La “sovranità” vitivinicola è assicurata, ma a mancare potrebbero essere le bottiglie per portare quel vino sul mercato.
Secondo i dati di Assovetro l’Italia ha un buon grado di autosufficienza grazie ai 39 stabilimenti attivi (e a un tasso di riciclo superiore al 74%) per un giro d’affari di 2,4 miliardi di euro e 7.800 addetti e importa circa il 20% del proprio fabbisogno. Fabbisogno complessivo, che cioè non è riferito solo alle bottiglie. Prodotti, tra l’altro, acquistati anche in Ucraina dove erano presenti tre importanti stabilimenti che risultano completamente distrutti dai bombardamenti.
«Sono molto preoccupata. La vendemmia non è tanto lontana e rischiamo davvero di non avere le bottiglie per la nuova produzione. Una cosa del genere non è mai accaduta». Nelle parole di Albiera Antinori, presidente del gruppo vini di Federvini nonché presidente della Antinori, tra le principali cantine italiane con una produzione da oltre 20 milioni di bottiglie c’è l’attuale momento del vino italiano dopo due anni di sospensione causa Covid e – tra boom dei costi energetici e conseguenze del conflitto russo-ucraino – si ritrova anche con emergenze inedite, come quella della possibile scarsità di vetro.
Attualmente fare una stima esatta del buco d’offerta non è ancora disponibile, ma sono già noti i pesanti rincari del prodotto. Nei giorni scorsi alcune cantine del Prosecco (principale denominazione italiana che, tra le due Docg e la Doc produce circa 750 milioni di bottiglie l’anno) hanno scritto ai clienti della grande distribuzione per chiedere un ritocco dei propri listini. La caduta di un tabù per lo spumante simbolo del made in Italy che basa molto del proprio successo sull’ottimo rapporto qualità prezzo. «Le vetrerie fornitrici – ha spiegato Alessandro Botter, titolare di un’azienda da oltre 170 milioni di bottiglie, 30 solo di Prosecco – dal 1° aprile hanno ritoccato i listini per la seconda volta dall’inizio dell’anno. Un nuovo rialzo di circa il 10-15% che segue il +10% di inizio gennaio. Non ci stiamo più con i costi».
Una prospettiva amara quanto ardua per il vino italiano e per gli spumanti in particolare che a differenza di altri vini non possono neanche optare per bottiglie meno pesanti visto che la pressione dell’anidride carbonica richiede contenitori di maggiore peso e spessore rispetto agli standard.
Senza contare che, inoltre, tra le righe delle comunicazioni delle vetrerie è anche chiarito che, se dovesse proseguire il conflitto in Ucraina e l’attuale tensione dei prezzi dell’energia (la lavorazione del vetro è fortemente energivora) «non sono assicurati neanche gli ordinativi già effettuati».
Le modalità (semplice Pec) e la tempistica contestuale con cui diversi produttori di bottiglie hanno notificato i rincari alle cantine hanno spinto in questi giorni alcune cantine a valutare se vi siano gli estremi per presentare un esposto all’Autorità Antitrust.