(….omissis……pag. 236) Tutti gli elementi sopra evidenziati dimostrano, ad avviso di chi giudica, la piena e totale derivazione della Cooperativa FALANTO e l’altrattanto evidente cogestione (unitamente a POMES Fabrizio Vincenzo) dell’ ADS Centro Sportivo Polivalente Magna Grecia da parte di D’ORONZO Orlando, cosicchè l’attribuzione della titolarità delle stesse ad altri soggetti (peraltro tutti legati al D’ORONZO ed al suo clan mafioso in maniera evidente ed inconfutabile) deve essere ritenuta una fittizia intestazione penalmente rilevante ai sensi dell’art. 12 quinquies del D.L. 13/05/91, essendo quest’ultima avvenuta al fine di eludere le disposizioni in materia di prevenzione patrimoniale e per agevolare la commissione di delitti di cui agli art. 648, 648 bis e 648 ter c.p. essendo certamente stati riciclati nei due detti soggetti giuridici proventi delle attività illecite commesse dal D’ORONZO e dal gruppo mafioso allo stesso facente capo, non avendo il medesimo D’ORONZO alcuna fonte lecita di reddito.
Con riferimento, poi, alla persona del POMES il giudicante concorda con l’impostazione accusatoria (che ha provvisoriamente contestato il c.d. concorso esterno nell’ associazione mafiosa), atteso che – pur non facendo parte dell’ associazione diretta da D’ORONZO e DE VITIS – il POMES pienamente consapevole della esistenza della stessa associazione (non avendo di certo potuto ignorare, un personaggio navigato e assolutamente esperto del territorio tarantino qual’è il detto indagato, impegnato per anni anche in politica nello stesso territorio, chi siano i soggetti del calibro di D’ORONZO Orlando e DE VITIS Nicola, nonchè altri “noti” associati degli stessi, quali il DIODATO) e della sua operatività, prestava volontariamente e spontaneamente (ossia senza alcuna costrizione) il suo contributo alla stessa associazione ed al raggiungimento dei suoi fini (quali quelli del reimpiego di capitali derivanti da altri delitti, la disponibilità di società, associazioni e cooperative per il formale impiego di detenuti – tutti appartenenti alla medesima associazione – in regime alternativo alla detenzione o in regime di affidamento in prova, il rafforzamento del prestigio derivante dal controllo di attività economiche ecc.) attraverso le condotte di cui ai capi a2) e b2) sopra ampiamente descritti.
I rapporti confidenziali e di totale afflato con il boss D’ORONZO ed alcuni dei suoi più fidati sodali e la totale condivisione dei fini delle attività imprenditoriali intraprese con lo stesso – finalità lucrative, è chiaro, ma da raggiungersi attraverso il riciclaggio e l’imposizione sul mercato e/o nell’ambito dei pubblici appalti attraverso metodi non di certo ispirati al rispetto delle regole della concorrenza e della trasparenza – appaiono elementi più che dimostrativi della condotta di concorso “esterno” con l’associazione mafiosa di cui si è detto.
Premesso, infatti, che “nei rapporti tra partecipazione ad associazione mafiosa e mero concorso esterno, la differenza tra il soggetto “intraneus” ed il concorrente esterno risiede nel fatto che quest’ultimo, sotto il profilo oggettivo, non è inserito nella struttura criminale, pur fornendo ad essa un contributo causalmente rilevante ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione, e sotto il profilo soggettivo, è privo della “affectio societatis“, laddove il partecipe “intraneus” è animato dalla coscienza e volontà di contribuire attivamente alla realizzazione dell’accordo e del programma delittuoso in modo stabile e permanente (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 49757 del 27/11/2012 Ud. dep. 20/12/2012), non può non osservarsi come la posizione del POMES per come emersa dalle indagini sopra descritte, è perfettamente inquadrabile nell’ambito della categoria del c.d. concorso esterno in associazione mafiosa per come la stessa è stata delineata dal Supremo collegio.
In particolare, infatti, la Corte di cassazione ha precisato che “in tema di associazione di stampo mafioso, assume il ruolo di concorrente “esterno” colui che, pur non inserito stabilmente nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisce tuttavia un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, di natura materiale o morale, sempre che questo abbia un’effettiva rilevanza causale nella conversazione o nel rafforzamento delle capacità operative dell’ associazione rilevandosi in tal senso condizione necessaria per la concreta realizzazione del fatto criminoso colletivo” (Sez. 6a , Sentenza n. 8674 del 24/01/2014 Cc., dep. 24/02/2014).
Come sopra si è veduto, senza il contributo fattivo, concreto e consapevole, oltre che spontaneo e volontario del POMES (consistito nel consentire a prestanome del D’ORONZO di entrare “in società” con propri prestanome e nel garantire, attraverso suoi referenti, un appoggio istituzionale alla Cooperativa ed alla associazione “infiltrate” da soggetti facenti capo al D’ORONZO) il clan D’ORONZO-DE VITIS non avrebbe potuto – ed in ciò sta la rilevanza causale e la condizione necessaria di cui parla la Corte di Cassazione – realizzare il fine propostosi dal D’ORONZO di rafforzare le capacità operative dell’ associazione, incrementando il suo prestigio e la sua forza sul territorio, conseguenze che potevano derivare solo da un salto di qualità degli interessi perseguiti, nello specifico individuati in quelli imprenditoriali , da svolgersi però in concreto sfruttando la forza di intimidazione promanante dall’associazione (come lo stesso POMES ha effettivamente fatto, ad esempio, nei rapporti col fornitore dei giochi gonfiabili, davanti alla cui ritrosia a montare le attrazioni senza il pagamento anticipato, ha espressamente evocato il nome del – conoscendo l’impatto che avrebbe potuto avere sull’ interlocutore – per convincerlo a recedere dalle sue legittime pretese, così come risulta dall’intercettazione sopra riportata del 7/6/2012 fra il BRUNETTI ed il D’ORONZO).
D’altro canto, come recentemente ribadito dalla Suprema Corte “in tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, il rafforzamento del sodalizio, quale evento del contributo casuale del concorrente, può consistere oltre che nell’increnmento della potenza finanziaria della cosca, anche nel solo aumento del prestigio e dell’importanza di quest’ultima nell’abito dei rapporti con le altre consorterie criminali, indipendentemente dai risultati economici conseguiti” (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 17894 del 08/04/2014 Ud. dep. 29/04/2014) cosa effettivamente voluta dal D’ORONZO ed avvenuta nel caso di specie.
7.2. Tentativo di acquisire il ristorante “Al Gambero”
Oltre che il controllo di una prestigiosa struttura sportiva come sopra riportato ampiamente, dal complesso delle operazioni eseguite emergeva come già nel mese di dicembre 2001 fosse in corso una trattativa per l’acquisizione da parte di D’ORONZO Orlando della gestione del celebre ristorante “Al Gambero” trattativa che , proseguita per alcuni mesi, di fatto non veniva poi portata a conclusione, ma in relazione alla quale si registravano tutta una serie di conversazioni da cui emergeva che il D’ORONZO puntualmente metteva anche la Cooperativa “FALANTO” in relazione alla gestione del ristorante.
Peraltro mentre emergeva come fosse di fatto intenzionato a “coinvolgere” – ovviamente in maniera occulta – nell’affare anche DE VITIS Nicola e CESARIO Giuseppe, detto “Pelè“, si registravano una serie di contatti ed incontri in particolare con PAPALIA Emanuele Vito ed il figlio Fabio (detto REMO) il già citato POMES Vincenzo Fabrizio, RUGGIERI Francesco e RUTA Paolo.
Incontri, talora tenutesi presso lo studio del RUTA in Taranto, viale Magna Grecia nr. 420, di cui si aveva puntualmente notizia nel corso delle operazioni di intercettazioni telefonica (progressiva nr. 24 ore 11,49 del 23.12.2011 Rit, 1251/11 – ALL. 34: progressiva nr. 686 ore 11.23 del 27.12.2011 Rit. 1202/11 – ALL. 4 ) e che si provvedeva a documentare anche nel corso di opportuni servizi di appostamento in particolaree effettuati in data 23 ed in data 27 dicembre 2011 ( ALL. 761, 762 ).
Singolare appariva proprio il rapporto tra D’ORONZO e RUTA Paolo, già solo per la considerazione che, in occasione del loro primo contatto telefonico intercettato (progressiva nr. 284 delle ore 09.26 del 29.11.2011 Rit. 1096/11 – ALL. 1 ) allorchè, rispondendo ad una chiamata in entrata sull’utenza del fratello Rosario/Cesare ed all’esordio del RUTA (“pronto, buongiorno, sono RUTA“) ribatteva ” ed io sono ORLANDO !“. Alla piacevole sorpresa mostrata dall’interlocutore “ho già letto ! … ORLANDO sei tu !?” il D’ORONZO gli riferiva di trovarsi in compagnia del fratello Cesare a prendere un caffè lì di fronte ed il RUTA immediatamente replicava ” e sto scendendo….AGLI ORDINI ! Ciao“
Del resto, a conferma del datato rapporto di amicizia tra i due, basti considerare che nel maggio del 1993, proprio il RUTA cedette in locazione a D’ORONZO ORLANDO l’appartamento sito in Viggiano (PZ) vico Margherite nr. 3 ove lo stesso era domiciliato nonchè sottoposto alla sorveglianza speciale di p.s. con divieto di dimora in tutte le province pugliesi nel periodo immediatamente precedente l’arresto (risalente al giugno del 1993).
La sera del 27.12.11 il D’ORONZO convocava per un incontro fissato la mattina successiva direttamente al ristorante “Al Gambero” anche LATTARULO Francesco (progressiva nr. 51 ore 22.06 del 27.12.2011 Rit. 1251/11 – ALL. 36 ; progressiva nr. 2450 ore 09.01 del 28.12.2011 Rit. 1204/11 – ALL. 15 ). All’ incontro, visivamente monitorato da personale di P.G. partecipavano anche TAMBONE Alessandro e BIANCO Giuseppe che, peraltro, la sera del 28 dicembre 2011 nel corso di un controllo eseguito presso l’abitazione di via Martiri del Lavoro d’ Italia nr. 5 (ove all’epoca il D’ORONZO aveva posto il suo domicilio in relazione alla misura di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno ) venivano trovati in compagnia del D’ORONZO ( ALL. 765).
Nel corso dei mesi, oltre a registrarsi commenti circa l’interesse che in quell’affare avrebbero avuto il D’ORONZO, il DE VITIS ed il CESARIO ( progressiva nr. 369 ore 13.26 del 13.1.2012 Rit. 1251/11 – ALL. 39 ); progressiva nr. 105 ore 18.01 del 08.01.2012 Rit. 1290/11 – ALL. 47 ) proseguivano gli incontri (progressive nr. 2, 21 e 29 del 23.2.2012 Rit.237/12 – ALL. 194, ALL. 195 e ALL. 196; progressiva nr. 71 ore 12.51 del 24.2.2012 Rit. 237/12 – ALL. 197; progressiva nr. 265 ore 15:02 del 01.03.2012 Rit. 237/12 – ALL. 198 ) con puntuali riferimenti anche all’intenzione di destinare parte della struttura a sala giochi, ma si assisteva a continui cambiamenti (progressiva nr. 1058 ore 20.05 del 6.1.2012 Rit. 1202/11 – ALL. 5 ; progressiva nr. 301 ore 18.49 del 15.03.2012 Rit. 164/12 – ALL. 128 ) con riguardo alla composizione ufficiale di una eventuale compagine societaria che avrebbe dovuto rilevare l’attività.
Col passare del tempo, la trattativa veniva completamente abbandonata anche se interessanti apparivano i commenti in merito del D’ORONZO.
Infatti, nella conversazione registrata alle ore oo.18 del 2.9.2012 (progressiva nr. 1403 Rit. 763/12 – ALL. 338 ) parlando di quella trattativa con DIODATO Gaetano, il D’ORONZO nell’ accennare alla circostanza che, ad un certo punto, nell’affare era stato coinvolto anche MURIANNI Fabio, osservava
” quando stavo al fatto del “Gambero” andò male che là lui mi mise diecimila euro..eh ! il resto lo mise lui… eh! ci è andata male, che cosa possiamo fare è andata male, però la soddisfazione l’abbiamo tenuta nel senso che quello che volevamo è successo…quale ?….che le persone hanno aprlato hai capito ?…io ho fatto un poco di pubblicità…mi serviva…mi serviva e poi mi serviva che stavo cercando di aiutare queste persone….” per poi aggiungere “ non è tutto perso là…la ci stà ancora un filo attaccato…..là chi se lo prende, prende…e ci deve dare i soldi anoi…ci deve dare i soldi che abbiamo speso…trenta, quaranta, cinquanta mila euro….di tempo e di soldi che abbiamo speso hai capito ?….perciò non abbiamo perso niente…“
Chiarissime e chiarificatorie risultano queste affermazioni nell’ottica complessiva dell’indagine, in quanto appare evidente come il D’ORONZO (la cui statura criminale appare di tutta evidenza) avesse ben chiaro in testa il disegno del “suo ritorno” sulla scena di Taranto, volendo a tutti i costi che questo dovesse avvenire con tutti gli onori a lui “dovuti”, ed a tale fine importantissima appariva la “pubblicità” che poteva apparire dal suo diretto e comunque notorio coinvolgimento in affari di rilevanza economica oltre che sociale, come poteva essere il rilevare la gestione di un noto ristorante o il prendere in mano la gestione di impianti sportivi comunali. Tutto ciò era evidentemente strumentale a quel ritorno sulla scena ed alla imposizione del proprio potere criminale sulla città al quale il D’ORONZO chiaramente ed esplicitamente ha più volte fatto riferimento. Il D’ORONZO non voleva riprendersi Taranto solo con le armi e con i traffici illeciti o con le estorsioni ( certo, queste erano e rimanevano le fonti principali di entrate economiche per mantenere i sodali ) ma voleva entrare nel mondo del business approfittando della sua forza criminale per sbaragliare gli avversari e piegare le resistenze anche di natura istituzionale che gli si potevano porre di traverso.
In quest’ottica vanno letti anche una serie di episodi (inclusi quelli che hanno visto protagonista il DE VITIS nel tentativo di estorsione posto in essere in danno del Pucci, presidente dell’ AMIU di Taranto, ma anche quello del tentativo di intimidazione di un consigliere comunale alla vigilia di un “importante” consiglio comunale nel quale si sarebbero trattati argomenti di assoluta rilevanza per gli interessi della cooperativa del D’ORONZO, cui più avanti si farà esplicito e più completo riferimento) tutti chiaramente dimostrativi di un tentativo di cambio di livello dell’ associazione mafiosa diretta dal duo DE VITIS-D’ORONZO, che come si è veduto ha anche chiaramente dimostrato di avere già stabili legami con setori non perfettamente cristallini della politica cittadina.