Secondo i vertici del Movimento 5Stelle “Le Olimpiadi e i grandi eventi in generale non convengono economicamente e lasciano debiti a chi li organizza“. Questi ragionamenti non a caso posso provenire esclusivamente da politici senza visione e prospettiva, e vengono portate avanti dalle orde di fondamentalisti della politica di questo schieramento politico che fa dell’ anti-politica il suo “credo”. Ma tutto questo fa parte della propaganda anti-politica, del populismo, della demagogia. Virus che in Italia viene riscontrato cronicamente in molta gente.
Quando delle autentiche idiozie del genere vengono espresse da intellettuali seri, stimati, equilibrati, non si può restare indifferenti. Si tratta di “personalità” che nei rispettivi settori e professioni si esprimono con misura analizzando onestamente e rigorosamente i dati, mentre invece quando si tratta di questioni a così alto quoziente di visibilità si lasciano prendere dal fascino masochista del “no” all’italiana, che sconfina nella mitomania.
E’ più che normale vedere grandi aree cittadine che per organizzare due banali settimane di gare sportive si sottopongono a anni e anni di cantieri, progetti, investimenti, rischi giudiziari e sacrifici economi, possa apparire folle. Così come è altrettanto ovvio che limitarsi ad osservare soltanto il freddo conto economico di questi eventi non possa che evidenziare dei numeri in rosso. Ancor più normale e necessaria però sarebbe avere una lucidità ed onestà intellettuale, sulle recenti polemiche per “Roma Olimpiadi 2024” , che purtroppo nessuno ha dimostrato di avere, e non si è palesata neppure dei più accesi sostenitori delle Olimpiadi.
In questi giorni abbiamo letto e sentito gente che si è permessa, senza alcuna competenza ed informazione documentata, di considerare le Olimpiadi Invernali di Torino 2006 come un episodio negativo. Come un baluardo, un sostegno da aggiungere al muro dei “no“. Si tratta di valutazioni ridicole e profondamente ingiuste. Gli anni di preparazione ai Giochi olimpici invernali infatti hanno rappresentato e costituito per la città di Torino un percorso di crescita rivoluzione civica insperata. Il capoluogo piemontese ha letteralmente cambiato aspetto, ha cambiato mentalità, si è dato un obbiettivo, una prospettiva, un orizzonte, una speranza di crescita. Ha rigenerato e consolidato il proprio ruolo in Italia ed all’interno dell’ Europa.
Nell’estate del 2016, cioè dieci anni dai Giochi Invernali, la città di Torino ha segnato il record di turismo mentre nel frattempo Roma continuava purtroppo a perdere posizioni. Torino oggi, ancor prima dell’arrivo del nuovo sindaco grillino, è attrezzata per accogliere, per organizzare, per la convegnistica, per la cultura: è una città assolutamente credibile a livello internazionale e nazionale. È diventato un crocevia nel panorama mondiale delle destinazioni turistiche di business. Non lo sarebbe stato senza Olimpiadi, ed infatti non lo era negli anni Novanta quando viveva una crisi di identità clamorosa.
Ma quanto vale tutto questo? Chi può affermare che il cambiamento di Torino sarebbe avvenuto lo stesso senza quel fondamentale stimolo delle Olimpiadi invernali di dieci anni fa? Nei giorni scorsi qualcuno ha persino dato importanza ad una pista di bob abbandonata. Ma quanto “pesa”, vale una pista di bob di fronte alla crescita di Torino , che è la la terza più importante città del Paese ? Quanto sarebbe costato tutto ciò a Torino , quello stesso stimolo investendo su altro e non su un grande evento come le Olimpiadi ? Sarebbe costato di più o di meno? E quali risultati avremmo avuto? Quale è il valore monetario dell’uscire dalla depressione, del darsi un obbiettivo di medio periodo, del lavorare assieme come comunità urbana per raggiungerlo?
Ma pensando a Roma, alla Capitale d’ Italia, quanto vale tutto questo quando sei in una condizione di crisi, di declino, di depressione? Quanto vale tutto questo quando la tua immagine è distrutta e devi cercare di recuperare posizioni, appeal ?
Penso che l’importanza di tutto è incalcolabile, ma sicuramente è molto ma molto più grande del miliardo, dei due miliardi, dei tre miliardi (comunque facilmente evitabili) di debiti che un grande evento può generare. Infatti quello che il Movimento 5 Stelle ed i pagliacci alla Beppe Grillo, o la “Carbie” telecomandata della nuova sindaca Virginia Raggi, si dimenticano di ricordare che le Olimpiadi le paga lo Stato, e non sfiora il debito della città !
Anche nel caso ci fosse una perdita di gestione, queste cifre rappresentano una percentuale irrisoria, ma non dobbiamo dimenticare che è anche per questo che paghiamo tasse altissime. Le tasse le paga chi le paga ( a fronte della più grande evasione d’ Europa !) affinché il nostro Paese abbia dei margini di spesa per poter fare degli investimenti che abbiano un ritorno di lungo periodo, per scommettere sul futuro, per dare una visione e una prospettiva ai giovani: non soltanto per effettuare la manutenzione dell’attuale stato delle cose.
Tutto questo raddoppia se non triplica il proprio valore in un Paese dove una folle inutile burocrazia e non ancora completamente riformata obbliga ai grandi cantieri percorsi accidentati che vengono semplificati esclusivamente in presenza di grandi progetti nazionali. In pratica la linea D della Metropolitana di Roma, o la Linea 1 della Metropolitana di Torino o la M5 della Metropolitana di Milano le puoi realizzare anche senza Olimpiadi, senza Giochi Invernali o senza Expo2015. Ma sicuramente si potrebbero fare con una velocità giusta ed inferiore senza quelle indispensabili scorciatoie burocratiche che ti fanno perfino passare la voglia di realizzarle o addirittura rischiare di perdere i necessari finanziamenti. Questa è la realtà dei fatti ed anche questo è un valore enorme che pesa sull’analisi delle “entrate”.
Tutto questo raddoppia il proprio valore di un Paese come l’ Italia bravissimo nelle sfide quando è con l’acqua alla gola, ma incapace nella programmazione quotidiana e nella pianificazione organizzata. Fuggire dalle sfide, che sono l’unica cosa dove siamo vincenti e capaci, ha solo un nome: istinto al suicidio economico-sociale.
Abbiamo parlato dell’ Expo2015. Lo Stato ha speso alcuni miliardi, cioè lo zero virgola zero zero del proprio bilancio annuale, che solitamente viene impiegato su interventi tra l’altro molto meno utili e necessari, e magari vi è stato qualche milione di perdita? Ed allora, dov’è il problema ? Qual’è lo scandalo ?
Fate attenzione: è successo anche a Roma, per il Giubileo del 2000. O qualcuno vuole criticare quel grande evento anche? La città – anche se il disastro attuale ce lo ha fatto dimenticare – ha avuto una crescita clamorosa sotto ogni punto di vista e ha vissuto il suo miglior decennio dal punto di vista del turismo, della qualità della vita, dell’accoglienza, dell’offerta culturale, della progettualità nella decade 1998-2008: dopodiché sono arrivati Alemanno , la sua banda di “affaristi” e “tangentisti”, alcuni dei quali guarda caso ancora oggi è presente nel Comune di Roma, riciclatosi nel “cerchio” del sindaco Virginia Raggi. Ma come si può calcolare il valore economico-sociale di 10 anni di benessere civico contrapposti a quelli pressochè certi di 10 anni di depressione, declino, tristezza, povertà e recriminazioni?Non credete a chi vuole mettere a bilancio la felicità, la gioia, la prospettiva di migliorare, l’ambizione, la progettualità, la voglia di fare, il rispetto del prossimo, il senso dell’accoglienza, il piacere della crescita e dello sviluppo. Non riusciranno mai a conteggiarle e dunque – come stanno facendo in questi giorni – questa gente le conteggeranno in bilancio con una cifra equivalente allo “zero“. Vengono considerate”zero” a Torino,”zero” a Milano, sono state considerate”zero” a Roma, altrimenti non si sarebbe potuto dire di no alla candidatura Olimpica.
Ignorare questo ragionamento come fanno i “grillini” è a dire poco semplicemente vergognoso e non ha nulla a che vedere con i principi ed i valori della civiltà occidentale evoluta. La ricorrente obiezione dei grillini che avete letto sui giornali, secondo cui “ma tante altre città rinunciano” è confutabile con poche semplici parole: chi rinuncia è perché non ne ha bisogno! Chi rinuncia è perché valuta di non aver necessità in quel preciso momento storico di questo stimolo. Non ne hanno bisogno Amburgo, non ne ha bisogno Stoccolma, ne può tranquillamente fare a meno Boston. Mentre invece ne ha bisogno Los Angeles, ne ha bisogno Londra, ne ha bisogno Parigi. Ne ha bisogno sopratutto Roma, cioè l’ Italia.