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5 Novembre 2024 05:18

Le toghe lucane “asfaltate” dalla Cassazione: smontate le accuse a Pittella

La Suprema Corte  ha stroncato il Riesame di Potenza  anche sul punto del pericolo di reiterazione dei reati, basato sulla “possibile assunzione di nuovi incarichi da parte di Pittella nel partito di appartenenza o all’inserimento in ambienti amministrativi”.

di REDAZIONE CRONACHE

Non emergono gravi indizi di colpevolezza, che giustifichino esigenze cautelari a carico di Marcello Pittella, l’ ex presidente della Regione Basilicata, che venne sospeso dall’incarico per effetto della legge Severino, in quanto coinvolto nell’indagine della procura di Matera sulla sanita’ lucana. Lo ha deciso la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, spiegando nelle proprie motivazioni le ragioni per le quali lo scorso 26 novembre scorso ha deciso di accogliere il ricorso presentato dai difensori dell’indagato contro l’ordinanza con cui il Riesame di Potenza, nello scorso luglio, aveva confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari per Pittella, emessa dal Gip Angela Rosa Nettis, poi sostituita in settembre con quella del divieto di dimora a Potenza. Gli ermellini di Piazza Cavour  hanno accolto con la sentenza depositata ieri, tutti i motivi di ricorso della difesa, ‘bocciando’ le motivazioni del Riesame del capoluogo lucano e smontando il castello accusatorio avanzato dal procuratore capo di Matera Pietro Argentino.

il procuratore capo di Matera Pietro Argentino più volte citato nelle inchieste sul faccendiere Piero Amara

Nell’ambito del processo sulla cosiddetta “Sanitopoli” lucana, inchiesta che partì da alcune anomalie in un affidamento di trasporto in ambulanza per poi ampliarsi, grazie anche a una serie di intercettazioni, a episodi di presunti concorsi truccati in sanità, il Tribunale di Matera ha assolto ieri in primo grado l’ex presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, attualmente consigliere regionale del Pd. Nel luglio del 2018, l’ex governatore era stato arrestato, accusato di aver pilotato alcuni concorsi per l’azienda sanitaria di Matera, e posto ai domiciliari dalla Guardia di Finanza ed in seguito si dimise, con le conseguenti elezioni del marzo 2019 vinte dal centrodestra guidato dall’ ex-generale della Guardia di Finanza Vito Bardi.

Oltre all’ex presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, e a Vito Montanaro, attuale capo del Dipartimento Salute della Regione Puglia, sono stati assolti anche Giovanni Battista Bochicchio (ex direttore generale del Crob Rionero), Maddalena Berardi (ex direttrice amministrativa dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza), Vito D’Alessandro (dirigente dell’Asm), Davide Falasca (dirigente dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza), gli imprenditori Graziantonio Lascaro , Gaetano Appio, Carmela e Claudio Lascaro , e Roberto Lascaro (Asm) e Cristoforo Di Cuia (medico dell’Asm). La Corte si è riservata di depositare le motivazioni della sentenza in 15 giorni.

Sette le condanne tra le quali quella a carico dell’ex commissario della ASM, Piero Quinto e l’ex commissario della ASP Giovanbattista Chiarelli, condannati a 2 anni e 6 mesi. Per Quinto, il pm aveva chiesto 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 2 mesi per Chiarelli. La condanna più pesante è quella a 5 anni inflitta alla ex dirigente amministrativa dell’ASM, Maria Benedetto, per la quale l’accusa aveva chiesto 6 anni e 6 mesi. Le accuse e gli 8 capi di imputazione nei confronti di Piero Quinto, durante il processo sono passate da 8 capi di imputazione, di cui 2 corruzioni ad una soltanto, quella di concorso morale in falso ideologico. In particolare nella sentenza odierna Quinto è stato assolto dall’accusa di corruzione e di rivelazione del segreto d’ufficio. Va ricordato che il concorso morale in falso, non è contemplato dalla legge Severino per quanto riguarda l’assunzione di incarichi e di rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Tre anni di reclusione erano stati chiesti per l’ex presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, imputato nel processo sulla cosiddetta “sanitopoli” lucana dal pm della Procura di Matera, Salvatore Colella . Nell’ordinanza l’ex governatore lucano era stato definito dal Gip, che condivise le tesi della procura materana, il “deus ex machina” di una “distorsione istituzionale”. Secondo il Gip e la Procura di Matera, Pittella aveva “influenzato le scelte gestionali delle aziende sanitarie e ospedaliere interfacciandosi direttamente con i direttori generali che sono stati nominati con validità triennale dalla sua giunta”.

Il Tribunale di Potenza non ha assolto all’obbligo motivazionale, limitandosi a evidenziare una serie di elementi indiziari omettendo una reale  autonoma valutazione critica e sostanzialmente aggirando le obiezioni difensive” con “generiche letture ‘probabilistiche’ del ruolo di Pittella” ed “errate valutazioni .ha osservato la Cassazione . Quanto, in particolare, alle conversazioni intercettate tra altri soggetti e valorizzate dal Riesame, “manca ogni concreto riferimento a elementi e circostanze desunte che consenta – si legge nelle motivazioni della sentenza – di cogliere unitariamente i motivi per cui esse siano state ritenute quali significativo supporto del quadro indiziario a carico di Pittella”.

Secondo la Cassazione la motivazione dei giudici del Riesame di Potenza,  è inadeguata anche sotto il profilo del pericolo di inquinamento probatorio, in quanto “risulta generica e caratterizzata da una serie di giudizi su ‘perduranti collegamenti politici’ di Pittella, mentre il pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova deve essere identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere che l’indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti“.

La Suprema Corte  ha stroncato il Riesame di Potenza  anche sul punto del pericolo di reiterazione dei reati, basato sulla “possibile assunzione di nuovi incarichi da parte di Pittella nel partito di appartenenza o all’inserimento in ambienti amministrativi”. I giudici di legittimità, infatti, osservano che “la circostanza che l’indagato possa contare su nuovi incarichi nel partito o in settori ‘comunque di influenza che gli darebbero rinnovate occasioni di inserirsi, seppure in modo indiretto, in ambienti amministrativi con potenzialità significative di distorsione dei pubblici apparati’ risulta allo stato meramente eventuale e ipotetica, nonche’ basata su argomentazioni generaliste in ordine all’esercizio illecito di pubbliche funzioni”.

La Cassazione ha quindi ritenuto fondato anche il motivo di ricorso con cui i difensori di Pittella rilevavano una “omessa motivazione” sulla decisione del Gip di ancorare il giudizio di pericolosita’ alla probabile candidatura di Pittella alle future elezioni regionali”. La Suprema Corte conclude che “si tratta con evidenza di uno sconfinamento dei parametri legali che, imponendo al giudice una valutazione prognostica sfavorevole sul pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quelli per cui si procede, non possono spingersi fino alla possibilità di ritenere adeguata una misura cautelare per comprimere l’esercizio del diritto costituzionale di elettorato passivo”.

l’ex presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, e l’ avv. Donatello Cimadomo

Pittella uscendo dal Palazzo di Giustizia di Matera ha ricordato gli “anni difficili, duri, sono stato un mostro sbattuto in prima pagina. Ma ho sempre avuto la fiducia che il tempo potesse restituire la verità”. L’ex presidente lucano ha quindi ringraziato  suo avvocato, Donatello Cimadomo, che “mi ha consegnato una grande gioia”. Chiaramente soddisfatto anche suo fratello, il senatore Gianni Pittella (Pd) : “Mio fratello Marcello assolto da ogni accusa. Tre anni di calvario, mediatico-giudiziario. Sono molto felice per lui, per il nome che portiamo, per la memoria di mio padre, per le sofferenze di mia madre. Sono felice e non so dire altro”.

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