ROMA – I pubblici ministeri Massimiliano Carducci e Roberta Licci della Procura della Repubblica di Lecce, dopo lunghe indagini delegate alla Guardia di Finanza, hanno chiesto ed ottenuto dal G.I.P.del Tribunale di Lecce dr. Giovanni Gallo, le misure cautelari che i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria del capoluogo salentino stanno eseguendo arrestando Maria Antonietta Gualtieri presidente dell’associazione antiracket Salento, Pasquale Gorgoni funzionario dell’ufficio Patrimonio del Comune di Lecce, (già coinvolto in passato nell’inchiesta sulle assegnazioni delle case popolari), Giuseppe Naccarelli e Serena Politi ( 3 in carcere ed 1 ai domiciliari) a capo di un sodalizio criminoso dedito a reati di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione, concussione, falso, e notificato l’interdizione dai pubblici uffici a 7 soggetti, e disposto a carico di 32 indagati il sequestro delle somme indebitamente percepite dal Ministero, per un importo complessivamente superiore a 2 milioni di euro. nella mattinata odierna una serie di arresti e sequestri .
Un provvedimento di interdizione dai pubblici uffici è stato emesso nei confronti dell’assessore comunale ai Lavori pubblici, Attilio Monosi, candidato al consiglio comunale in una delle liste che sostengono il candidato sindaco del centrodestra del centrodestra Mauro Giliberti. Ad aggravare ulteriormente la posizione della Gualtieri c’è la circostanza che essendo venuta a conoscenza che alcuni suoi collaboratori erano stati convocati dalla Guardia di Finanza per gli interrogatori, li avrebbe istruiti dando loro istruzioni sulle versioni da fornire al fine di cercare di nascondere i numerosi illeciti commessi al fine di ottenere indebitamente i soldi del Fondo antiracket, sottraendoli al loro legittimo utilizzo.
I finanziamenti, indebitamente percepiti da una locale associazione antiracket, erano destinati a rafforzare le iniziative in materia di contrasto al racket ed all’usura attraverso l’istituzione di tre sportelli nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto aventi il fine di prestare assistenza alle vittime di tali reati con l’ausilio di specifiche figure professionali quali avvocati, commercialisti, esperti del settore bancario. L’attività di indagine ha svelato l’esistenza di un sodalizio criminale capeggiato dal presidente di detta associazione, Maria Antonietta Gualtieri, la quale, avvalendosi dell’apporto di numerosi altri soggetti, per lo più inquadrati all’interno di detta associazione oltre che di pubblici amministratori e privati imprenditori, ha posto in essere plurime condotte delittuose volte al fraudolento accesso a finanziamenti in grave danno del Bilancio statale e della Comunità Europea.
La ricostruzione dei fatti ha evidenziato come, aI fine di percepire indebitamente i suddetti fondi, la G.M.A., nel maggio 2012, avesse stipulato apposita convenzione con I’Ufficio del Commissario Antiracket istituito presso il Ministero dell’ Interno e con le amministrazioni comunali di Lecce, Brindisi e Taranto per I’istituzione di nr. 3 sportelli antiracket presso ciascun capoluogo, aventi il fine di prestare assistenza alle vittime del racket e dell’usura e favorire l’accesso ai finanziamenti previsti dal Fondo di Solidarietà.
L’indagine così condotta ha permesso di accertare come l’ Associazione ed i relativi sportelli fossero di fatto non operativi e costituiti all’unico fine di frodare i finanziamenti pubblici mediante la fittizia rendicontazione di spese per il personale ivi impiegato, utilizzando fatture per operazioni inesistenti per giustificare l’acquisizione di beni e servizi. Nel corso delle indagini emergeva la rendicontazione di spese per viaggi e trasferte in realtà mai eseguite, e la falsa attestazione del raggiungimento degli obiettivi richiesti dal progetto in termini di assistenza ai nuovi utenti e numero di denunce raccolte.
Nel dettaglio, le risultanze investigative dei finanzieri hanno dimostrato come l’associazione, nel perseguire i propri affari illeciti ed accedere ai contributi, avesse stipulato contratti di collaborazione con dipendenti fittizi e compiacenti professionisti, emettendo false buste paga ovvero ricevendo fatturazioni per prestazioni professionali inesistenti. Le somme indebitamente percepite dai fittizi collaboratori grazie alle false rendicontazioni presentate all’Ufficio del Commissario Antiracket, venivano successivamente restituite in contanti alla stessa presidente dell’Associazione.
Un particolare questo non è sfuggito agli inquirenti: venivano fatte salve le ritenute previdenziali e assistenziali. Nel perseguire iI disegno delittuoso, l’organizzazione documentava inoltre l’esistenza di spese fittizie per l’acquisizione di beni e servizi quali inesistenti promozione di campagne pubblicitarie ed interventi di manutenzione presso le tre sedi, predisponendo una serie di documenti, anche di natura fiscale, idonei a dimostrare il regolare svolgimento delle procedure di selezione delle aziende fornitrici e l’avvenuto pagamento delle prestazioni. Anche in questo caso il meccanismo truffaldino prevedeva che i finanziamenti indebitamente percepiti venissero dapprima bonificati in favore delle ditte esecutrici a pagamento delle forniture e successivamente restituiti in contanti per un importo pari alla differenza tra l’importo fatturato ed una quota del 20%, quale “compenso” alla stessa azienda fornitrice, cui veniva aggiunto il rimborso delle spese effettivamente sostenute per la predisposizione della campionatura da trasmettere al Ministero.
Le indagini hanno permesso di accertare l’illecita percezione di finanziamenti destinati alle opere infrastrutturali ed all’acquisto degli arredi presso le sedi di Lecce e Brindisi denotando dirette responsabilità a carico degli amministratori comunali e dei direttori dei lavori coinvolti nel rilascio delle autorizzazioni e nei pagamenti delle relative opere. In particolare venivano eseguiti dei lavori di ristrutturazione presso la sede di Lecce, in assenza della preventiva approvazione da parte dell’Ufficio del Commissario Antiracket, che venivano pagati con fondi del Comune anziché con i finanziamenti erogati l’Ufficio del Commissario al termine della indicata procedura di approvazione. Tale liquidazione veniva di fatto eseguita attraverso la creazione di un capitolo di spesa sprovvisto di copertura finanziaria, al fine di agevolare l’imprenditore affidatario dei lavori e consentirgli una celere percezione di tali somme.
Tali condotte risultavano riconducibili ai rapporti esistenti tra l’impresa esecutrice dei lavori ed un funzionario pubblico che in cambio riceveva agevolazioni nel pagamento di alcuni lavori eseguiti dalla medesima ditta presso la propria abitazione. Al fine di sanare la situazione venutasi a creare in seguito ai rilievi mossi dall’Ufficio del Commissario Antiracket sulla irrituale procedura seguita ed ottenere il rimborso delle somme indebitamente anticipate, veniva quindi predisposta documentazione fittizia, in seguito trasmessa al citato Ufficio al fine di dimostrare il rispetto delle procedure previste per l’approvazione dei lavori, in realtà già ultimati e liquidati.
Questi artifici traevano in inganno l’Ufficio del Commissario Antiracket che procedeva all’erogazione dei fondi direttamente in favore dell’impresa costruttrice, che in tal maniera si avvantaggiava di un ulteriore pagamento che andava ad aggiungersi a quello già ricevuto dal Comune di Lecce. Condotte delittuose venivano accertate anche in relazione ai lavori eseguiti presso lo sportello di Brindisi, ove funzionari del quel comune, unitamente all’amministratore della ditta incaricata della esecuzione delle opere, certificavano l’ultimazione e la regolare esecuzione dei lavori, in realtà non ancora completati. Emergeva infine che la presidente dell’associazione, avuta notizia della convocazione presso gli uffici del Nucleo di Polizia Tributaria di alcuni suoi collaboratori per essere sentiti quali persone informate sui fatti, procedeva ad “istruire” i testimoni affinché rendessero dichiarazioni difformi dal vero finalizzate ad occultare le irregolarità poste in essere per l’indebita percezione dei fondi erogati dal Ministero.
L’ associazione Antiracket Salento era arrivata a costituire la Federazione Antiracket Antimafia Puglia con la pretesa di organizzare “il sistema antiracket” del territorio e di operare con le stesse strategie ed era fortemente sostenuta dal sindaco di Lecce Paolo Perrone e dal sottosegretario all’ interno Alfredo Mantavano, entrambi esponenti del centrodestra . L’associazione leccese aveva provveduto a “certificare” le associazioni di appartenenza alla FAAP (Federazione Antiracket Antimafia Puglia) con la denominazione unica “Antiracket Salento”, seguita dalla città di appartenenza e nello specifico Antiracket Salento Brindisi, Taranto, Gallipoli e Nardò e chiaramente la “Casa madre” di Lecce.
Ma non avevano fatto i conti con gli investigatori della Guardia di Finanza di Lecce, che hanno brillantemente scoperto la truffa.
“Sono assolutamente sconcertata – dichiara Rosa Barone, Presidente della Commissione regionale di studio e inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata in Puglia – per le notizie giunte dalla Guardia di Finanza di Lecce, approfittare del proprio ruolo per arricchirsi alle spalle di persone che vivono gravi disagi è un atto da condannare a piena voce. Se le accuse fossero confermate il quadro che si andrebbe a delineare sarebbe quello di una vera e propria rete legata alle istituzioni locali, che avrebbe dato vita ad un traffico illecito e immorale basato su falsi e brogli. Fa male pensare che persone, o personalità, che sono a capo di associazioni e che dovrebbero aiutare i cittadini, vengano poi accusate di illeciti talmente gravi. Abbiamo piena fiducia nel lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine e auspichiamo che venga fatta luce fino in fondo sull’intera vicenda nel più breve tempo possibile anche al fine di scongiurare la creazione di un clima di sfiducia in tutti quei cittadini che hanno necessità di essere ascoltati ed aiutati da queste associazioni che – conclude – svolgono un ruolo assolutamente centrale, delicato e di enorme responsabilità.”