ROMA – Il duello a distanza tra 5 Stelle e Lega sull’ ex Ilva di Taranto continua, con il premier Giuseppe Conte, diviso tra la sua appartenenza al Movimento 5 Stelle e il suo ruolo di premier e contemporaneamente di “mediatore” per mantenere in piedi una maggioranza di governo sempre più divisa ed in contrasto.
Il problema si è aperto col gruppo Arcelor Mittal sull’ex Ilva e, dopo che nel “decreto crescita” è stata eliminata l’immunità penale per la violazione delle disposizioni a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro per il gruppo franco-indiano gestore per due anni degli stabilimenti e successivamente proprietario dell’azienda siderurgica, parla di “rottura degli accordi col governo” e minaccia di chiudere gli stabilimenti lasciando a spasso e senza lavoro 11 mila dipendenti. Una chiusura che secondo gli analisti ed economisti dello Svimez causerebbe la perdita dell’1,4 per cento del Pil italiano.
Conte come prevedibile si è schierato coi 5 Stelle: “Pensare che si possa gestire una azienda solo a condizione di avere una immunità penale mi sembra un privilegio. Confido che gli investitori non abbiano affidato i propri investimenti a questa regoletta” manifestando un’ignoranza palese sul contratto in questione, mentre la Lega si è schierata con Arcelor-Mittal . Il sottosegretario leghista alla presidenza del consiglio, Giancarlo Giorgetti, notoriamente quasi mai d’accordo con il premier Conte, lo ha ribadito su Sky-Tg24 nel “L’Intervista” con Maria Latella : “Se il governo ha assunto un impegno in sede di negoziazione, diventa complicato e disdicevole non mantenerlo”.
Il passaggio dell’ex Ilva ad ArcelorMittal fu sancito da un accordo siglato a settembre del 2018. Adesso saranno fondamentali gli incontri in calendario nei prossimi giorni tra ArcelorMittal, il Governo e lavoratori . A partire da quello di domani tra azienda e sindacati locali a Taranto. Infatti proprio domani scadono i 25 giorni della procedura di cassa integrazione ordinaria avviata a causa della crisi del mercato dell’acciaio lo scorso 5 giugno da ArcelorMittal di 13 settimane per 1.400 dipendenti dello stabilimento di Taranto, che costituiscono praticamente il 17% della forza lavoro.
Nonostante Arcelor-Mittal sia ancorata sulle proprie posizioni, i sindacati sperano in un rinvio della CIG, e da domani si partirà con lo smaltimento ferie). Una richiesta sopratutto per rispetto istituzionale, considerato che sono partite dal Mise due convocazioni: una fissata per il 4 luglio per discutere dell’immunità penale, e l’altra per il 9 luglio quando si farà una verifica dell’accordo del settembre 2018 che costituì di fatto il passaggio ufficiale dell’ ex-Ilva ad ArcelorMittal.
Se azienda e Governo resteranno fermi sulla proprie posizioni, infatti, dal 6 settembre, data che coincide a quella prevista dal “decreto Crescita” diventato legge lo scorso 27 giugno non varrà più per i responsabili dello stabilimento di Taranto “l’impunità per la violazione delle disposizioni a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro” , un fattore questo che ArcelorMittal, nei giorni scorsi, ha ribadito imprescindibile per poter ovviare ai numerosi problemi ambientali ereditati dall’ex Ilva, fino al completamento del Piano ambientale. Gert Van Poelvoorde, amministratore delegato per l’ Europa del Gruppo ArcelorMittal, ha reso noto che in mancanza di novità, si andrà alla chiusura dell’acciaieria. E le aziende dell’indotto, che lavorano per lo stabilimento siderurgico di Taranto hanno già dato mandato ai propri legali e consulenti del lavoro di preparare ed inviate le lettere di preavviso di licenziamento ai propri dipendenti.
Tutto ciò nel silenzio ed indifferenza della politica locale, priva di alcun “peso” nelle istituzioni romane. Le “diplomazie” delle parti in causa sono al lavoro per ricercare una soluzione che possa scongiurare evitare la chiusura dello stabilimento, che darebbe il via ad una causa civile miliardaria da parte di Arcelor Mittal che graverebbe sulle casse pubbliche del Paese. Il vicepremier Luigi Di Maio incurante di tutto ciò (anche perchè privo di esperienza e competenza in materia) non vuole cedere sull’immunità totale dagli incidenti nello stabilimento o dai danni ambientali e alla salute, sostiene (a parole) di essere d’accordo sul fatto che ArcelorMittal non può e non deve pagare per gli errori del passato.
Da domani, primo luglio, al 5 settembre restano soltanto sessantasei giorni per salvare l’ex Ilva , ed ogni giorno sarebbe utile per raggiungere un accordo tra governo e il nuovo proprietario ArcelorMittal ed evitare che il 6 settembre l’acciaieria smetta di produrre acciaio, mentendo in crisi l’economia della città di Taranto e la sua provincia (grande quanto tutta la Regione Basilicata) che verte all’80% sull’andamento e gli affari dello stabilimento siderurgico più grande d’ Europa
Per questo, nel risiko