di Emiliano Fittipaldi
ROMA – Il 28 settembre la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio del sindaco di Roma , Virginia Raggi, per l’accusa di falso nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto «pacchetto nomine». I magistrati hanno sollecitato l’archiviazione per il reato di abuso d’ufficio. Il falso è contestato per la nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele, alla direzione Turismo del Campidoglio. L’abuso d’ufficio riguardava la promozione di Salvatore Romeo a capo della segreteria politica.
Il sindaco Virginia Raggi è una bugiarda. Non serviva il provvedimento di chiusura indagini della procura di Roma per sostenerlo, ma ora che il primo cittadino della Capitale si avvia verso un processo per falso (il 28 settembre è stato chiesto il rinvio a giudizio per falso ndr ), sarà più difficile per i suoi sostenitori difendere le arzigogolate e surreali dichiarazioni autoassolutorie della sindaca a Cinque Stelle.
La storia è nota, e riguarda la promozione di Renato Marra a capo del Dipartimento del Turismo avvenuta qualche mese fa. Una promozione avvenuta dopo l’inchiesta de L’Espresso che a settembre e ottobre svelò i rapporti corruttivi tra il braccio destro della sindaca, Raffaele Marra, e il costruttore Sergio Scarpellini. Nonostante le inchieste giornalistiche e i dubbi crescenti di parte del Movimento ( Roberta Lombardi arrivò a definire Raffaele Marra “un virus che ha infettato il M5S“), Virginia non solo decise di tenere vicino a sé il suo Rasputin, ma gli consegnò di fatto le chiavi del Campidoglio. Concedendogli carta bianca su strategie e nomine politiche. Fu Raffaele, infatti, a seguire le procedure per la promozione del fratello.
Dopo che l’Anac di Raffaele Cantone segnalò ufficialmente il rischio evidente del conflitto d’interessi, la Raggi per proteggere il suo consigliere spiegò ai dirigenti dell’anticorruzione che fu lei, e non Raffaele, a scegliere in piena autonomia lo scatto di carriera (e di stipendio) di Renato. Una balla sesquipedale, smentita in pochi giorni dalle conversazioni trovate dai pm di Roma nella chat tra Raggi e Marra su Telegram: “Raffaele, questa cosa dello stipendio mi mette in difficoltà, me lo dovevi dire”. Virginia aveva infatti letto i dettagli dell’aumento sui giornali, notizie di cui era totalmente ignara. Il messaggio secondo i magistrati evidenzia in maniera inconfutabile che la Raggi ha mentito. All’anticorruzione, certo. E ai cittadini romani pure.
La sindaca è un’esperta dell’arte della bugia. Il suo problema, però, è che viene sistematicamente smascherata: se è ancora indagata per abuso d’ufficio per aver promosso e triplicato lo stipendio al re delle polizze Salvatore Romeo (la Procura ha chiesto l’archiviazione per questo capo d’imputazione il 28 settembre ndr), restano nella memoria bugie e omissioni surreali (“Raffaele Marra arrestato? È solo uno dei 23 mila dipendenti del comune“) e altre più gravi, come quelle sul passato nello studio di Cesare Previti, sulla presidenza di una società dell’ex segretaria di Franco Panzironi, e soprattutto sull’ex assessore all’Ambiente Paola Muraro. La Raggi, infatti, nonostante fosse venuta a conoscenza dell’indagine sull’esperta di rifiuti, per 50 giorni in varie interviste aveva negato di sapere nulla su eventuali procedimenti giudiziari.
Una mentitrice seriale, insomma.
Chissà se Beppe Grillo, per salvare la barca che affonda, deciderà di ritirare fuori il post del blog scritto a dicembre e mai pubblicato in cui cacciava Virginia dal M5S. Probabilmente sarebbe troppo tardi. La fiducia dei cittadini romani, in effetti, sembra definitivamente compromessa.
*dal settimanale L’ESPRESSO