Scrivo da Londra dove ho appena incontrato Jeremy Corbyn. In questa settimana sono stato a Madrid e a Lisbona. Ho incontrato esponenti e leader socialisti, ho parlato coi nostri elettori. Alzare lo sguardo permette di meglio comprendere la posta in gioco, anche in Italia.
A Madrid, a Londra, a Roma come in tutta Europa, in gioco non ci sono semplicemente la sinistra e il suo destino. Lo scollamento fra cittadini e istituzioni, fra società e politica, è sempre più acuto e rischia di travolgere non solo la sinistra ma la stessa democrazia come l’abbiamo pensata fino a oggi. Pezzi crescenti di società non si riconoscono più nelle istituzioni che innervano le nostre democrazie e scelgono la strada dell’esilio dalla politica oppure del voto protestatario.
Eppure non tutto è perduto. Perché questo scollamento racchiude anche una ricerca di senso, un bisogno di risposte e cambiamento. A questa ricerca di senso daremo risposte in Italia se non ci avviteremo attorno a discussioni su cavilli congressuali oppure su diatribe personali che ormai non interessano più a nessuno.
Il prossimo congresso del Partito democratico sarà per l’Italia una occasione solo se saprà mettere al centro della sua discussione le idee. Non idee vaghe, non slogan ma idee forti, fortissime, profonde, quelli che Enrico Berlinguer definiva i “pensieri lunghi”.
La lettera pubblicata ieri su Repubblica da Maurizio Martina segna un percorso chiaro e pone i termini giusti del dibattito. Non costituisce semplicemente uno stimolo pre-congressuale ma indica una strada di lungo respiro e periodo.
Partito, società, uguaglianza, nuove generazioni ed Europa: le parole forti di Maurizio tratteggiano un nuovo alfabeto per la sinistra europea. Dietro a questo alfabeto vi è una urgenza democratica: l’idea che si debba ricostruire un nuovo patto civile per tenere assieme una comunità nazionale oggi divisa.
Un nuovo patto che dia forza ai corpi intermedi, che scommetta di nuovo nella capacità della società italiana di rigenerarsi. Il mondo dell’associazionismo, l’impegno politico frammentato nei territori, il terzo settore vanno messi in rete per dare linfa e rinnovare la democrazia italiana. Questo è il compito di un partito che si dice fieramente “democratico”.
Assieme a Maurizio Martina ma anche ad altri uomini e donne, primo fra tutti Piero Fassino, crediamo che il Partito democratico possa svolgere questo ruolo se apre finestre e porte all’impegno di tante italiane e italiani. Questo sarà il mio sforzo per il congresso: impegnarmi per riavvicinare alla politica e alla partecipazione attiva migliaia di persone che si erano allontanate negli ultimi anni. Il congresso dovrà diventare il più grande momento di partecipazione della sinistra europea degli ultimi anni.
E in questo sforzo so di potere contare sulla sensibilità e l’energia di Matteo Renzi. Oggi è un errore dividersi, un errore indebolire l’unica leadership in grado di guidare il nostro partito in questi tempi tumultuosi. Matteo va sostenuto e incoraggiato nel suo sforzo di cambiamento. Mi convince inoltre che Maurizio dia valore a una parola oggi poca di moda: Europa. L’Europa non può limitarsi a essere un semplice parafulmine per i nostri mali, né può essere solo un oggetto di discussioni giuridiche.
L’Europa deve tornare a essere un progetto politico. Un orizzonte quindi, ma anche un programma sistematico. Nei prossimi mesi, dovremo dare battaglia in Europa su grandi questioni: rottamare il fiscal compact perché, così come è, ci condanna a una austerità suicida, forzare i governi ad assumere decisioni comuni per gestire insieme i flussi migratori dall’Africa, costruire un argine a Trump e al suo nazionalismo razzista. Queste scelte incideranno sulle vite dei nostri concittadini, sul loro benessere materiale, sulla capacità di scacciare la paura e dobbiamo essere preparati sin da ora.
Alle cinque parole suggerite da Maurizio mi permetto inoltre di aggiungerne una altra, bellissima: Mediterraneo. L’Italia deve tornare a credere nel Mediterraneo. Questo vuol dire una politica estera coraggiosa per lottare contro i fondamentalismi ma significa soprattutto tornare a investire, coi bilanci ma anche col cervello e col cuore, sul nostro Mezzogiorno che per geografia e vocazione è la porta dell’Europa verso il Sud.
C’è bisogno di un piano straordinario perché si diano ai ragazzi del Mezzogiorno gli strumenti per costruirsi un futuro. Bisogna investire nella ricerca, nel sapere, nella scuola, nei nuovi settori del numerico e dell’economia verde.
Con la mia storia, laburista ed europea, sono pronto a impegnarmi nel prossimo congresso. C’è bisogno di una grande partecipazione per ridare fiducia in questi tempi difficili.
*Presidente del gruppo dei Socialisti al Parlamento Europeo