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5 Novembre 2024 01:15

L’EX CAPO DEL DAP BASENTINI A FULLONE UNO DEI “REGISTI” DELLA MATTANZA NEL CARCERE CAMPANO: “HAI FATTO BENISSIMO !”

I fatti che stanno emergendo dimostrano esattamente il contrario e le falsità di tutte le informazioni uscite a suo tempo dal Ministero di Giustizia sull'operato della Polizia Penitenziaria, che i sindacati ed il solito Salvini stanno cercando di difendere nonostante l'evidenza dei fatti che confermano il contrario. Coinvolto il dirigente campano del DAP, Antonio Fullone, originario di Taranto, in passato direttore del carcere napoletano di Poggioreale.

di REDAZIONE CRONACHE

Con queste tre parole l’allora direttore del Dap Francesco Basentini rispondeva al provveditore delle carceri della Campania, Antonio Fullone sulla “perquisizione straordinaria” del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Fullone informava il capo del Dap della “perquisizione straordinaria” ma non dei pestaggi, delle violenze e delle torture in corso, definite dal Gip di Santa Maria Capua Vetere “un’orribile mattanza“. Ecco le bugie di Stato, durante la reggenza del grillino Alfonso Bonafede alla guida del Ministero di Giustizia.

Lo scorso 16 ottobre 2020 il Ministero di Giustizia , rappresentato in aula dal sottosegretario Andrea Giorgis (Governo Conte Bis) risposta a un’interrogazione parlamentare dell’ on. Pierantonio Zanettin ( Forza Italia) che evidenziava la circostanza che la “stampa nazionale sta dando ampio risalto alla notizia di un autentico pestaggio che avrebbe avuto luogo ai danni dei detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere; il 6 aprile 2020 circa 300 agenti del Corpo della polizia penitenziaria sarebbero entrati per una perquisizione straordinaria, finita con gravissimi pestaggi e violenze; secondo il garante dei detenuti della Campania, Samuele Ciambriello, esisterebbe anche un video già in possesso dell’autorità giudiziaria, che sta indagando sull’accaduto per abuso di potere e tortura : se intenda fornire chiarimenti, per quanto di competenza, con riguardo a quanto denunciato dalla stampa e quali iniziative di competenza intenda assumere per evitare il ripetersi di così gravi atti di violenza ai danni dei detenuti”

Il Ministero di via Arenula con risposta scritta scriveva che Come il Governo ha già avuto modo di sottolineare, ed in particolare il sottosegretario on. Vittorio Ferraresi in sede di interpellanza urgente, lo scorso 16 ottobre, i fatti rappresentati dall’interrogazione formano oggetto di un’inchiesta penale aperta dalla locale Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, originata da plurime denunce presentate dal garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Campania, dal legale rappresentante dell’associazione Il Carcere Possibile ONLUS, dal presidente dell’associazione Antigone ONLUS, da svariati familiari di detenuti e, direttamente, da alcuni detenuti. Denunzie tutte aventi ad oggetto episodi di presunti maltrattamenti, pestaggi e violenze che i detenuti ristretti presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere avrebbero subito nel pomeriggio del 6 aprile 2020. L’inchiesta risulta tuttora in corso ed è coperta dal segreto d’indagine

“Come ricostruito dal DAP ( all’epoca guidato da Francesco Basentini n.d.r.) e già ricordato dal sottosegretario Ferraresi, “in data 5 aprile 2020 presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, precisamente al reparto “Nilo”, immediatamente dopo la messa in onda di un servizio giornalistico che riportava la dichiarazione del garante regionale sui casi di positività riscontrati nella stessa giornata presso il reparto “Tamigi”, i detenuti allocati presso il reparto “Nilo” inscenavano una manifestazione di protesta… Gli stessi, attraverso la demolizione di numerose suppellettili e arredi dell’amministrazione (tra cui brande, tavoli e sgabelli), e non solo, si barricavano all’interno delle sezioni di allocazione, impedendo ogni accesso al personale penitenziario. Inutili sono stati i tentativi di mediazione compiuti sul posto dal comandante del reparto e dal personale ivi presente. In quelle ore il comandante, per le vie brevi, ha richiesto ausilio di risorse, avendo ricevuto minacce di ritorsione da parte dei detenuti rivoltosi qualora si fosse fatta irruzione per il doveroso ripristino dell’ordine e della sicurezza“.

“L’iniziativa è apparsa pretestuosa rispetto ai fatti della giornata, che avevano visto proficuamente collaborare personale penitenziario e sanitario unitamente alle persone detenute del reparto “Tamigi”, ovvero quello interessato al citato caso di positività al COVID-19. A testimonianza dell’efficacia dell’intervento effettuato al reparto “Tamigi”, nessuna manifestazione veniva posta in essere, nonostante la legittima e comprensibile tensione. Solo in tarda serata, dopo la costante azione di dialogo, la manifestazione di protesta è rientrata progressivamente in tutte le sezioni detentive del reparto “Nilo”. Il giorno seguente, ovvero il 6 aprile 2020, è stata disposta l’esecuzione di una perquisizione straordinaria all’interno del reparto “Nilo”. Si è trattato di una doverosa azione di ripristino di legalità e agibilità dell’intero reparto, alla quale ha concorso, oltre che il personale dell’istituto, anche un’aliquota di personale del gruppo di supporto agli interventi. Tale impiego si è reso necessario, attesa la presenza nel reparto in questione di circa 300 ristretti (allocati in 84 camere di pernottamento nelle quali si doveva procedere contemporaneamente), non potendosi escludere che i disordini si estendessero in altri reparti detentivi. Nelle operazioni in questione taluni detenuti hanno opposto resistenza. Dodici, in particolare, venivano individuati e rapportati disciplinarmente. Tutti risultano essere stati sanzionati, ai sensi dell’articolo 39 dell’ordinamento penitenziario, con 15 giorni di esclusione dalle attività in comune”

“Ciò posto, quanto al versante prettamente giudiziario, risulta che, in data 11 giugno, alle ore 7,30, personale appartenente all’Arma dei Carabinieri, su disposizione della citata procura della Repubblica, ha provveduto a notificare al personale di Polizia penitenziaria e ai dirigenti in forza all’istituto atti giudiziari. Da quanto comunicato al DAP, la notifica degli atti giudiziari risulterebbe avvenuta nel viale adiacente all’istituto, ove si è proceduto altresì all’identificazione del personale civile di polizia che si accingeva a fare ingresso in carcere, alla presenza dei familiari dei detenuti e dei passanti. In tale contesto la tensione si è acuita, al punto che alcuni agenti del Corpo sono saliti sul tetto della caserma per manifestare il proprio disappunto relativamente alle modalità impiegate nell’attività sopradescritte. Ciò portava all’intervento del procuratore aggiunto della procura di Santa Maria Capua Vetere, dottor Milita, che, congiuntamente al comandante e al direttore, si è attivato al fine di far desistere il personale del Corpo da tale forma di protesta.”

“La difficile situazione ha dato luogo anche a problemi di copertura dei posti di servizio, in quanto il personale si mostrava restio a iniziare regolarmente il turno di lavoro. Contemporaneamente, per lo stesso procedimento, venivano effettuate perquisizioni dei locali di sorveglianza generale, del reparto “Nilo” e dell’ufficio del commissario e del coordinatore del predetto reparto, del reparto “Danubio” e annessi uffici, dell’ufficio del comandante, dell’ufficio comando e settore P.G., dell’ufficio del vicedirettore, con perquisizione informatica di tutti i dispositivi presenti, nonché effettuava copia di tutti i relativi hard-disk e sequestro dei vari documenti cartacei“.

Così continuava la risposta del Ministero di Giustizia: Lo stesso provveditore regionale si è recato sul posto interloquendo con le autorità giudiziarie presenti, rappresentando il pieno sostegno dell’amministrazione a creare le migliori condizioni per accertare la verità dei fatti. Dopo un momento di confronto e aggiornamento con la direttrice Palmieri e i dirigenti di polizia penitenziaria Maietta e Costanzo, il provveditore ha incontrato una folta rappresentanza di personale presente in istituto. A seguito della diffusione della notizia da parte dei TG regionali e nazionali, i detenuti del reparto “Nilo” hanno messo in atto una battitura delle inferriate alle ore 9 e alle ore 19, in segno di approvazione dell’inchiesta della procura e delle dinamiche operative dei carabinieri. La situazione è rientrata nel tardo pomeriggio, alle ore 17,30 circa. Anche in giorni successivi, cioè il 12 e il 13 giugno 2020, si sono verificati gravi episodi di intolleranza alle regole intramurarie, con minacce e aggressioni anche violente agli agenti in servizio da parte di alcuni detenuti, disordini e inizio di incendio doloso alimentato dall’uso di bombolette di gas in dotazione. La nuova condizione di tensione ha determinato, nella mattinata del 13 giugno, l’arrivo in istituto del vice capo del Dipartimento. Nella tarda serata della stessa giornata, inoltre, anche il capo del Dipartimento ( cioè Basentini n.d.r.) si è recato personalmente sul posto, incontrando una rappresentanza del personale ivi presente nonché recandosi anche presso l’abitazione privata dell’appartenente al corpo che era stato aggredito, ciò per dimostrare sentita vicinanza e sostegno dell’amministrazione tutta. Inoltre, unitamente al capo del Dipartimento, anche il Ministro ha avuto cura di telefonare ad altri operatori del Corpo rimasti feriti“.

l’ex capo del DAP Basentini e l’ex-Guardasigilli Bonafede

“Successivamente ai gravi fatti narrati, il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria ( Antonio Fullone n.d.r.) per la Campania ha proposto l’allontanamento fuori regione dei detenuti segnalati dalla direzione della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere quali promotori dei disordini, distintisi per la loro ferocia nel compimento degli atti turbativi che hanno caratterizzato la rivolta. Con separati provvedimenti, la direzione generale dei detenuti e del trattamento ha disposto l’immediato trasferimento per motivi di sicurezza di tre detenuti ascritti al circuito “Alta sicurezza” e di quattro ascritti al circuito “Media sicurezza”, con l’assicurazione, da parte dello stesso provveditore, che avrebbe provveduto a disporre l’allontanamento degli altri detenuti in “Media sicurezza” indicati sempre dalla direzione dell’istituto di Santa Maria Capua Vetere. Infine, nei giorni successivi, altri venti detenuti, appartenenti al circuito dell’alta sicurezza, sono stati trasferiti dalla casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere ad altri istituti penitenziari. Ancora, il capo DAP e il vice capo disponevano altresì affinché il direttore del gruppo operativo mobile desse un immediato supporto operativo all’istituto in trattazione, attraverso l’impiego di personale del gruppo stesso. Di fatto, in esecuzione delle disposizioni impartite, grazie alla collaborazione fornita senza indugio dai coordinatori dei reparti operativi mobili, dal personale dei reparti territoriali della sede centrale è stato organizzato, in un brevissimo lasso di tempo, un contingente di 73 unità di Polizia penitenziaria in forza al GOM, giunto nel tardo pomeriggio della medesima giornata presso l’istituto casertano, dove il direttore del gruppo stesso era già presente da alcune ore. Il GOM ha sin da subito coadiuvato il personale del nucleo traduzioni al fine di dar corso ai trasferimenti di tre detenuti comuni cosiddetti pericolosi, ristretti nel reparto “Danubio”, in altri istituti della regione, mentre parte del contingente GOM – 19 unità – ha provveduto al rinforzo di tutti i posti di servizio nei reparti detentivi dell’istituto durante il turno notturno, compreso il reparto “Danubio” interessato dai disordini risolti nella tarda serata dello stesso giorno 13“.

“Il reparto di Polizia penitenziaria dell’istituto ha sofferto una grave carenza di personale – continua la risposta del Ministero di Giustizia assente a vario titolo, tanto che si è ritenuto necessario disporre l’implementazione dell’organico attraverso apposita procedura di interpello, adottata dalla Direzione generale del personale delle risorse, la quale ha disposto l’assegnazione, in via provvisoria, presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, di 34 unità del Corpo. Questa è la puntigliosa ricostruzione di quanto occorso, naturalmente, all’esito delle informazioni, allo stato, disponibili, anche in riferimento sia alla situazione generale richiesta dagli interpellanti, sia al primo quesito. Orbene, con riferimento agli agenti del Corpo attinti dagli avvisi di garanzia e da decreti di perquisizione, si evidenzia che, con nota 3 luglio 2020, il locale provveditore ( Fullone n.d.r.) ha trasmesso al DAP l’elenco del personale del Corpo nei confronti del quale è stata data formale comunicazione dell’avvio di procedimento penale da parte della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. E qui veniamo al secondo quesito.

Con nota 8 luglio 2020, la competente Direzione generale del personale e delle risorse ha chiesto alla direzione dell’istituto “di acquisire, presso la competente autorità giudiziaria, copia integrale degli avvisi di garanzia a carico del personale di Polizia penitenziaria coinvolto, al fine di conoscere le contestazioni provvisorie oggetto dell’atto giudiziario. In assenza di riscontro, con nota 28 settembre 2020, n. 336014, la competente Direzione generale del personale e delle risorse del DAP ha chiesto direttamente alla procura della Repubblica-tribunale di Santa Maria Capua Vetere copia integrale degli avvisi di garanzia, evidenziando che la richiesta costituisce elemento indispensabile ai fini di ogni determinazione da parte di questa amministrazione. Infatti, come sa, se un’indagine è aperta, ovviamente, il DAP o la direzione del carcere, per eventuali accertamenti, deve prima chiedere all’autorità giudiziaria l’assenso. Detta istanza è stata reiterata il 20 ottobre 2020. Anche per tale ragione, allo stato, non risulta intrapresa alcuna iniziativa, sia di natura cautelare sia disciplinare, a carico del personale coinvolto. Quanto alle videoriprese del circuito interno del carcere, oggetto di altro quesito, queste sono state oggetto di sequestro giudiziario, nell’ambito delle attività investigative per cui non si trovano più nella disponibilità dell’amministrazione penitenziaria

“Voglio in conclusione evidenziare, per quanto possa apparire ovvio, – concludeva la nota del sottosegretario Andrea Giorgische il Governo e in particolare il Ministero della Giustizia sono impegnati a chiarire ogni aspetto della vicenda, in modo da contribuire ad assicurare (attraverso l’esercizio delle proprie competenze) il pieno e sostanziale rispetto delle norme di legge e di Costituzione che disciplinano l’esecuzione penale all’interno degli istituti“.

I fatti che stanno emergendo dimostrano esattamente il contrario e le falsità di tutte le informazioni uscite a suo tempo dal Ministero di Giustizia sull’operato della Polizia Penitenziaria, che i sindacati ed il solito Salvini stanno cercando di difendere nonostante l’evidenza dei fatti che confermano il contrario

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