Sul quotidiano La Stampa di ieri, la notizia di John Elkann indagato, bisognava cercarla con pazienza ed attenzione. Nella prima pagina del giornale di proprietà degli Elkann nessun accenno, evidentemente aveva più importanza dare risalto l’intervista al pilota Bagnaia o gli allarmi sul gennaio troppo caldo che minaccia il Brunello e l’olio d’oliva, mentre evidentemente non è stata giudicata di sufficiente importanza e rilievo quella del loro editore indagato . Una decisione strana considerato che la piaga dell’evasione fiscale italiana, è una di quelle tematiche che da tempo interessa il giornale torinese del gruppo Gedi, (lo stesso editore che possiede l’ altro quotidiano La Repubblica), entrambi molto vigili sulla questione.
Nella contesa legale avviata da Margherita Agnelli, figlia dell’avvocato Gianni Agnelli, per questioni che ruotano intorno all’eredità del genitorela procura di Torino ha attivato degli accertamenti su ipotesi di violazioni fiscali. E l’8 febbraio, su indicazione dei pubblici ministeri, la Guardia di Finanza ha acquisito della documentazione in varie sedi. Il faro, in particolare, sarebbe stato acceso sul trattamento fiscale del pagamento vitalizio che Margherita versava alla madre, Marella, in virtù di accordi presi nel 2004 (gli anni presi in esame sono il 2018 e il 2019). Il procedimento quindi non è a carico di ignoti. Nel registro degli indagati sono state effettuate tre iscrizioni. I nomi sono quelli del commercialista torinese Gianluca Ferrero, di Robert Von Groueningen, amministratore dell’eredità di Marella Agnelli per incarico dell’autorità giudiziaria svizzera, e di John Elkann, figlio di Margherita Agnelli.
Eppure il quotidiano La Repubblica parlando del concordato fiscale per le partite Iva varato dal Governo di centrodestra guidato da Giorgia Meloni con l’obiettivo di far emergere il sommerso presunto titolava il governo “si arrende agli evasori“. Analogo titolo a quello del quotidiano La Stampa per il quale la riforma fiscale del governo Meloni viene definita “un regalo agli evasori”.
Nascosta da entrambi i giornali l’inchiesta sulle irregolarità fiscali milionarie contestate all’editore. esattamente come la precedente vicenda dello scandalo della tentata truffa all’ INPS per il carosello fiscale. Occorre tanta pazienza, sfogliando La Stampa fino a pagina 20, per trovare l’articolo sulla guerra legale esplosa nella famiglia Agnelli-Elkann. Chiaramente, si evidenzia sul giornale di “famiglia” iper-garantista… che si tratta di “presunte irregolarità”, come appare nel sommario .
In tribunale a Torino deve riprendere una causa civile che vede Margherita Agnelli come “attore” e i suoi tre figli, sul versante opposto, come “parte resistente”. I giudici, lo scorso luglio, avevano decretato uno stop dicendosi del parere che fosse necessario attendere l’esito di tre procedimenti aperti in Svizzera. La Cassazione, però, ha parzialmente annullato la loro ordinanza invitandoli a motivare meglio la decisione. Il 2 marzo 2004, un anno dopo la morte di Gianni Agnelli, Margherita stipulò a Ginevra un accordo transattivo con sua madre, Marella Caracciolo, con il quale, in cambio della rinuncia alle partecipazioni nelle società di famiglia, ottenne il conferimento di beni per l’equivalente di un miliardo e 275 milioni di euro. Di quell’intesa, in seguito, non riconobbe la validità, perché ritenne di essere stata vittima di un “complotto” ordito ai suoi danni . Marella Caracciolo è morta nel 2019 indicando come eredi John, Lapo e Ginevra Elkann. Margherita Agnelli sostiene di essere stata esclusa ingiustamente dalla successione insieme agli altri figli (avuti con il secondo marito, Serge De Pahlen) ed ha poi impugnato i testamenti.
Leggendo l’articolo si legge ripetutamente per due volte, che le accuse sono “presunte” e per tre volte che si tratta delle “ipotesi formulate dai magistrati”, sono “ipotesi degli inquirenti“, definendo la denuncia presentata da Margherita Agnelli coma una “ipotesi su presunte irregolarità fiscali”. Analoga posizione che si ritrova sul quotidiano La Repubblica l’altro giornale di famiglia, che con il “fratellino” quotidiano torinese condivide la decisione poco trasparente di non scrivere nulla in prima pagina sull’indagine a carico del loro editore.
Sfogliando il quotidiano romano diretto da Maurizio Molinari il lettore deve arrivare fino a pagina 20 per sapere che l’editore di La Repubblica è “indagato” dalla magistratura. In questo il garantismo familiare sul “padrone-editore” sconfina nel titolo: “Presunte irregolarità fiscali”. Anche in questo caso si legge “se le ipotesi della procura dovesse trovare riscontro”. Nessuna presenza di quella indignazione che invece inonda gli articoli dei giornalisti a libro paga, sulle norme fiscali varate dall’esecutivo.
La riforma del fisco, secondo La Repubblica, sarebbe “iniqua e favorevole agli evasori” sostenendo che “strizza l’occhiolino con concordati e riduzioni delle sanzioni a chi le tasse non le paga” con chiaro riferimento sottinteso alle solite partite iva e gli autonomi, chiaramente mai alle ricche famiglie di ereditieri e editori dei giornali sempre più vicini alla sinistra. Secondo il “compagno” Massimo Giannini, ex direttore de La Stampa, ora relegato ad editorialista de La Repubblica, in attesa della sentenza sulle presunte evasioni del suo editore Il fisco del centrodestra “è amico soltanto di chi evade”.
È da un bel po’ di tempo che la questione della proprietà Agnelli-Elkann emerge sui giornali del gruppo. Un esempio calzante il vergognoso articolo pubblicato la scorsa estate a firma di Alain Elkann, che commentava il suo viaggio in treno disgustato dai “lanzichenecchi” bifolchi e vestiti male seduti vicini a lui. Un imbarazzante articolo “classista” che aveva costretto gli stessi giornalisti ed il comitato di redazione a prendere le distanze dalla direzione del giornale con un comunicato (non pubblicato dalla direzione ! ) molto duro per il “grave danno di reputazione causato alla nostra testata dal pezzo a firma di Alain Elkann, padre del nostro editore. Già questo particolare rappresenta di per sé una commistione editoriale, ma anche le argomentazioni riportate non rispecchiano in alcun modo le sensibilità di chi questo giornale lo fa uscire tutti i giorni”.
Per non parlare della guerra Hamas-Israele, con una linea politica della direzione e dell’editore ritenuta troppo filo-israeliana, che non era condivisa da gran parte della redazione che le riteneva discordanti con le posizioni di un giornale di sinistra. Poi nei giorni scorsi è arrivato il duro scontro con la premier Meloni su Stellantis (ex Fiat) “francesizzata” spostando la sede legale e fiscale all’estero. Parole queste che hanno ricordato la velenosa diagnosi rilasciata al Foglio dall’ex editore di Repubblica, Carlo De Benedetti: “Elkann sostanzialmente ha comprato i giornali solo per coprire la fuga di Stellantis dall’Italia . Per coprire la deindustrializzazione e la smobilitazione degli impianti produttivi automobilistici di un gruppo che ormai è francese. Di come vanno questi giornali non gli importa nulla”.
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