L’imbarazzante silenzio dei “giornaloni” sulla maxiretata contro la ‘ndrangheta. Arrestato ufficiale dei Carabinieri che anticipava le inchieste alla ‘ndrangheta
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Redazione CdG 1947
Il colonnello dei Carabinieri Giorgio Naselli è accusato di rivelazione del segreto d'ufficio e di abuso in atti d'ufficio. Avrebbe fornito all'avvocato Giancarlo Pittelli, ex deputato di Forza Italia, informazioni riservate su inchieste che riguardavano i suoi clienti, fra i quali un affiliato della cosca di Gioia Tauro.
ROMA – Il “blitz” coordinato dal procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, avvenuto due notti fa e che ha portato all’arresto di oltre 300 persone tra boss, imprenditori e politici, è stato un grande lavoro di squadra fatto dai carabinieri del ROS centrale, di quello di Catanzaro, e del Comando provinciale di Vibo Valentia. Alla fase esecutiva dell’operazione hanno preso parte circa 3000 militari con tutte le specialità, dal Gis al Tuscania ai Cacciatori, tutte le sezioni Ros d’Italia e tutti i carabinieri della Calabria, ma è clamorosamente finito in secondo piano sulla stampa nazionale nazionale.
Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri aveva deciso di anticipare l’operazione di 24 ore per non correre il rischio di fuga delle notizie che avrebbe messo a serio rischio la riuscita della retata. Una nuova conferma del triangolo dall’odore eversivo tra criminalità organizzata, politica e massoneria deviata ai massimi livelli.
Per fortuna non tutta la stampa ha taciuto, anche se fra gli auto-censurati compaiono giornali del calibro di La Repubblica, Stampa, Secolo XIX, che hanno rilegato il ciclone giudiziario attuato dal ROS dei Carabinieri in semplici trafiletti o articoli in 15esima o 16esima pagina, anteponendo fatti di cronaca come ad esempio la sfida di Ratzinger alla chiesa tedesca o come una cena aziendale andata in crisi. La notizia di “censura” della notizia è diventata una vera “notizia”, considerato il peso degli eventi è da brivido.
L’inchiesta contro le cosche della ‘ndrangheta estesa in metà delle Regioni italiane ha trovato pochissimo spazio sui quotidiani. Infatti solo il Manifesto e Avvenire l’hanno pubblicata come seconda notizia. Incredibilmente il giornaletto il Riformista finanziato dall’imprenditore napoletano Alfredo Romeo plurindagato-processato e “prescritto”, ricorda senza alcun imbarazzo e con fare “garantista” che molti altri processi sono finiti con parecchia assoluzioni. Silenzio sull’inchiesta anche dai giornali “pro sicurezza”…come La Verità e Libero.
I più importanti giornali italiani hanno trascurato, e ridotto al minimo , la notizia delle centinaia di arresti che hanno smantellato una parte della mafia più potente, quella calabrese.nascondendola persino dalla prima pagina
Il giorno dopo quella che si è profilata come una svolta storica nella lotta alle mafie dopo il Maxi processo, a causa dei nomi e dal numero delle persone indagate ed arrestate in quest’operazione guidata dal Procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, sono per fortuna finite sotto gli occhi di tutti grazie alle televisioni ed il web che hanno fatto la parte del leone.
Tra gli arrestati, oltre al colonnello Naselli compaiono anche con accuse gravissime l’ ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli successivamente passato a Fratelli d’ Italia ( ed immediatamente espulso dalla Meloni) , un altro ex parlamentare ed ex consigliere regionale, Nicola Adamo, di centrosinistra, accusato di concorso esterno in associazione mafioso. Ai domiciliari è invece finito Luigi Incarnato, a capo dei socialisti locali. consulente del governatore Mario Oliverio ed ex commissario liquidatore di Sorical, l’azienda che gestisce l’erogazione dell’acqua in Calabria.
Per il Gip Barbara Saccà Pittelli era la chiave di una “sorta di circolare rapporto ‘a tre’ tra il politico-professionista-faccendiere, l’operatore di impresa e la cosca mafiosa” grazie al “ruolo politico rivestito, per la sua fama professionale e di uomo stimato nelle relazioni sociali”. Dagli esami all’università della figlia del boss Luigi Mancuso alle soffiate nelle indagini, secondo gli investigatori, il politico era “perfettamente inserito” ed a disposizione delle cosche calabresi. Un “colletto bianco” perfetto per i boss del clan Mancuso di Limbadi: non a caso il suo nome compare 485 volte nell’ordinanza di custodia cautelare dei 330 arresti.
Nell’ordinanza di custodia cautelare si legge su Pittelli: “Accreditato nei circuiti della massoneria più potente, è stato in grado di far relazionare la ‘ndrangheta con i circuiti bancari, con le società straniere, con le università, con le istituzioni tutte, fungendo da passepartout del Mancuso, per il ruolo politico rivestito, per la sua fama professionale e di uomo stimato nelle relazioni sociali”. Verso Luigi Mancuso e i suoi sodali, l’ex deputato e senatore garantiva “la sua generale disponibilità” per risolvere “i più svariati problemi” grazie ai “rapporti” con “importanti esponenti delle istituzioni e/o della pubblica amministrazione, in particolare delle Forze dell’Ordine”.
“Frangia di collegamento” tra società civile e logge coperte. Un esempio per tutti: Maria Teresa Mancuso figlia del boss “supremo” Luigi, studentessa di medicina all’Università di Messina, non riusciva a superare l’esame di istologia. Una telefonata al numero giusto e Pittelli – stando al suo racconto mentre è intercettato – prova a risolvere tutto presentandola al rettore dell’ateneo. “Questa ragazzina scoppia a piangere – ricorda – e mi faceva ‘troppo avvocato, troppo avvocato troppo’”.
Una sorta di double face, da una parte“perfettamente inserito nei rapporti tra Mancuso e altri boss delle consorterie legate a Limbadi” e dall’altra, secondo i pm, posizionato “in quella particolare frangia di collegamento con la società civile, rappresentata dal limbo delle logge coperte” in un “coacervo di relazioni tra i ‘grandi’ della ‘ndrangheta calabrese e i ‘grandi’ della massoneria, tutti ben inseriti nei contesti strategici”. In ogni sua veste, a prescindere, per i magistrati Pittelli era a disposizione dei Mancuso.
In carcere è finito anche Gianluca Callipo sindaco di Vibo Pizzo e presidente dell’Anci regionale, l’ex consigliere regionale Pietro Giamborino, successivamente passato alle dipendenze della struttura di Nicola Adamo, mentre è ai domiciliari e Vincenzo De Filippis, esponente dell’Msi, poi in Alleanza Nazionale, ex assessore comunale all’Ambiente di Vibo, come Filippo Nesci comandante della polizia municipale di Vibo Valentia , mentre va in carcere Danilo Tripodi, impiegato del Tribunale di Vibo Valentia, più una serie di professionisti. Coinvolti anche noti imprenditori come Antonio Prestia, titolare di una nota ditta di costruzioni, Gianfranco Ferrante del settore ristorazione, Mario Artusa del settore abbigliamento, Francesco e Carmelita Isolabella di Pizzo Calabro.
Non deve essere stato piacevole per i Carabinieri del ROS arrestare un loro collega in alta uniforme, il colonnello Giorgio Naselli (52 anni), che in passato è stato comandante del reparto operativo dell’ Arma dei Carabinieri proprio a Catanzaro, il quale con il suo operato, secondo le indagini, avrebbe infangato la sua divisa.
“Giorgione”, “Giorgino” o anche “Giorgiare‘” lo chiamava Giancarlo Pittelli. D’altronde gli undici anni passati in città a Catanzaro avevano consolidato l’amicizia fra i due. Al punto che quando aveva bisogno di informazioni su un’indagine o un procedimento giudiziario l’ex senatore di Forza Italia si rivolgeva a Giorgio Naselli, ex comandante del Reparto operativo nucleo investigativo dell’Arma di Catanzaro, oggi in forza come vice comandante al Gruppo sportivo Carabinieri a Roma, il quale gliele trovava e gliele passava. Così facendo secondo la Procura di Catanzaro favoriva le cosche di ‘ndrangheta. I loro nomi figurano tra quelli delle 330 persone arrestate dagli stessi Carabinieri del ROS nell’operazione “Rinascita-Scott”, che ha portato in carcere e ai domiciliari avvocati, politici e professionisti, oltre ad esponenti di primo piano della cosca Mancuso di Limbadi.
Secondo quanto risulta agli atti il colonnello Naselli avrebbe rivelato all’ avvocato catanzarese Giancarlo Pittelli, anch’egli tratto in arresto con una pesante accusa, cioè quella di “associazione mafiosa” , il contenuto di un’indagine che riguardava un cliente del Pittelli, l’imprenditore edile Giuseppe Mazzei (che in questo procedimento al momento non è indagato).
Il colonnello Naselli dopo aver parlato con i colleghi di Monza, avrebbe riferito a Pittelli che vi era un procedimento penale in corso, avente al centro delle indagini un assegno da 400mila euro versato da una persona in corso di identificazione, rivelando che “oggetto del procedimento era un giro di assegni nell’ambito del quale tale Cattaneo non meglio identificato, aveva contraffatto anche l’assegno in parola; che i Carabinieri di Pioltello (MI) erano stati interessati“. “In seconda battuta per sentire il Mazzei ” ma “l’indagine è a Legnano” quindi di competenza di un altro reparto territoriale dell’ Arma; che “l’assegno oggetto d’indagine era stato emesso in bianco, poi girato ed anche contraffatto“.
La rivelazione d’ufficio in alcuni casi sarebbe avvenutapersino senza alcuna richiesta. I militari del ROS nel corso di una intercettazione ambientale del 3 agosto 2019, ascoltavano il colonnello Naselli che prima di salutare l’avvocato Pittelli rivelava “Ah, ti devo dire una cosa io ! Attenzione a Roberto ! Pare che ha la Finanza addosso“. Il “Roberto” in questione, all’anagrafe è l’imprenditore Roberto Guzzo, anch’egli al momento non indagato in questo procedimento, il quale era monitorato o comunque oggetto di investigazione della Guardia di Finanza. L’ avvocato Pittelli gli rispondeva: “Non lo voglio vedere neanche“.
Inoltre fra il settembre e l’ottobre 2018 il colonnello Naselli su richiesta del Pittelli, si sarebbe interessato anche della vicenda della M.C. Metalli srl , società di effettiva proprietà di Rocco Delfino, detto “U Rizzu” , considerato esponente della ‘ndrangheta e legato in particolare alle cosche Piromalli e Molè di Gioia Tauro, storicamente alleate dei Mancuso.
La società era amministrata fittiziamente da Giuseppe Calabretta, finito anch’egli nella maxi operazione del ROS dei Carabinieri, coordinata dal procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri. La M.C. Metalli srl aveva una pratica pendente a proprio carico alla Prefettura di Teramo, della quale il colonnello Naselli si sarebbe interessato rivelando quali erano le criticità, oggetto delle verifiche in corso coperte dal segreto istruttorio. L’ufficiale dei Carabinieri avrebbe riferito all’ avvocato Pittelli che la Prefettura riteneva un elemento di criticità per la società il trasferimento della sede sociale dalla provincia di Reggio Calabria alla provincia di Teramo, alla luce dl fatto che Calabretta “aveva ammesso apertamente di non sapere nulla di tale trasferimento“.
“Lascia intendere, caspita che lui fosse una testa di cartone, hai capito ? non era stato…ah giustamente….” era il commento del colonnello Naselli. Un’altra informazione riservata rivelata violando il segreto d’ufficio, era la presenza nella società della fidanzata del figlio di Rocco Delfino, circostanza questa che lascia traccia della effettiva gestione della M.C. Metalli srl da parte di Delfino.
“E poi c’è l’altro problema che anche quello riguarda la compagna….cioè uno è uscito dalla società però è rimasta la fidanzata, la convivente di quello nella società pure…hai capito ? Quindi la continuità nella gestione è palese…”
Così facendo sostiene l’accusa il colonnello Naselli concedeva a Rocco Delfino di “sottrarsi a nuove misure di prevenzione e di evitare provvedimenti ablatori nei confronti della società M.C. Metalli srl a lui di fatto riconducibile“.
Pittelli voleva sapere come sta procedendo l’itered il 21 settembre 2018 chiama al telefono il colonnello Naselli: “Senti, con un po’ di pazienza secondo te è raddrizzabile?”, domanda l’ex deputato forzista. “Non lo so, dobbiamo vederla insieme…”, risponde l’ufficiale dei carabinieri che era passato nel 2017 a dirigere il comando della provincia abruzzese. “La cosa importante è che non la decidano immediatamente”, aggiunge Pittelli. “Vediamo che cosa possiamo fare“, gli replica Naselli, “io poi ci vado a parlare là vediamo come è l’aria, fammi andare a vedere”.
Una vicenda imbarazzante per l’ Arma dei Carabinieri, ed in particolare per il colonnello Naselli, in quanto comprende i capi di imputazione di rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio ed abuso d’ufficio aggravati dal metodo mafioso.
“Gratteri arresta metà Calabria. È giustizia? No è solo uno show!Colpire mille per non colpire nessuno. Anzi si. Colpire la possibilità di Oliverio di ricandidarsi”. Sono le parole pubblicate dall’ on. Enza Bruno Bossio sulla sua pagina Facebook, successivamente scomparse, parole quelle scritte dalla deputata del Pd moglie di Nicola Adamo, colpito da un divieto di dimora nell’inchiesta che il 19 dicembre ha portato agli arresti 330 persone, hanno causano la reazione del partito: “Il pensiero della Bruno Bossio non rappresenta quello della comunità del Partito Democratico della Calabria – affermano, in una nota il commissario regionale Stefano Graziano e il responsabile Mezzogiorno della segreteria nazionale Nicola Oddati – Ringraziamo Gratteri per il lavoro svolto e per aver inflitto alla ‘ndrangheta un duro colpo“.
Il procuratore Gratteri ha preferitonon commentare. “Non voglio entrare nel merito dei commenti che sono stati fatti. Sarà la storia a spiegare tante cose anche di comportamenti di questi giorni, come degli anni passati”, ha detto Gratteri a “L’intervista di Maria Latella” su Sky Tg24. “Il mio è un lavoro di squadra – ha detto Gratteri – Ho dei colleghi meravigliosi, migliaia di carabinieri, poliziotti finanzieri. Io posso essere una guida, un esempio ma ognuno fa un pezzettino del lavoro. Sono abituato al lavoro di gruppo ed il successo o l’insuccesso ricade su tutti. La nostra è una richiesta di misura cautelare ed i provvedimenti li ha emessi un giudice terzo“.
L’indagine Rinascita Scott della Dda di Catanzaroe’ “un’indagine che e’ uno spaccato dell’Italia, una cosa veramente enorme dove ci sono oltre 35 aziende sequestrate, rappresentati politici di tanti partiti, c’e’ la dimostrazione di come la ‘ndrangheta sia entrata e si sia seduta negli apparati dello Stato e della Pubblica amministrazione“, ma nonostante questo la solidarieta’ dal mondo politico e’ giunta solo da Lega, Pd e M5S“anche perche’ i giornali nazionali hanno boicottato la notizia“.
Cosi’ il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri nell’ “L’intervista di Maria Latella” su Sky Tg24. “Il Corriere della Sera – ha aggiunto – ha portato la notizia alla 20ma pagina, Repubblica e la Stampa verso la 15ma-16ma mentre Il Fatto quotidiano l’ha riportata in prima pagina, come L’Avvenire ed il Manifesto. Perche’ non lo so andrebbe chiesto ai direttori dei giornali. Non ho idea, fossi stato il proprietario di questi giornali mi sarei preoccupato, avrei chiesto. Quindi mi auguro che sia stata un svista ma sicuramente e’ stato un ‘buco’ dal punto di vista giornalistico“.
La “soffiata” che ha indotto la Dda di Catanzaro ed i Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Vibo Valentia ad anticipare di 24 ore il maxi blitz contro le cosche vibonesi “e’ partita dagli addetti ai lavori, ovvio, non dal barista in piazza“. Ad affermarlo il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri a “L’intervista di Maria Latella” su Sky Tg24. “Qualche ideace l’abbiamo e ci stiamo lavorando. La storia spieghera’ anche chi e’ stato” ha concluso.
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