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4 Novembre 2024 23:29

L’INTERVENTO DEL VICEPRESIDENTE DEL CSM ERMINI ALL’INAUGURAZIONE DELL’ ANNO GIUDIZIARIO

il doveroso accertamento delle responsabilità di singoli magistrati non deve trasformarsi in un modo per liquidare fatti dolorosi e inquietanti all’interno di una spiacevole parentesi da archiviare e dimenticare in fretta. Risulterebbe infatti vana ogni decisione della Sezione disciplinare o della Prima Commissione per le incompatibilità se ad essa non si affiancasse un profondo cambiamento di mentalità, una vera e propria rifondazione morale che coinvolga tutta la magistratura.

di DAVID ERMINI*

Signor Presidente della Repubblica, Autorità, Illustri ospiti

ho l’onore di prendere la parola per la terza volta nell’Aula Magna della Corte Suprema italiana in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario.

 L’esigenza di rispettare i protocolli, le direttive e le cautele imposte dalla situazione epidemiologica, rende più breve e meno partecipata la cerimonia di quest’anno, impedendo ai magistrati della Corte di cassazione e della Procura generale di prendere posto all’interno dell’Aula. Nonostante ciò, desidero far giungere a tutti loro il mio grato saluto, nella consapevolezza del senso di abnegazione e della professionalità con cui consentono alla Corte Suprema di continuare ad esplicare la sua alta funzione.

Sono trascorsi cento anni dalla pubblicazione del sontuoso Trattato di Piero Calamandrei su La cassazione civile. In quest’opera, il grande maestro fiorentino ammoniva sulla peculiarità della funzione della Corte di cassazione che non poteva essere che unica e suprema: una funzione che, nelle due dimensioni del controllo della legittimità delle decisioni degli altri giudici e dell’uniformazione della giurisprudenza, la proiettava, sotto il profilo costituzionale, in una posizione distinta rispetto a quella – parimenti importante ma diversa – svolta dagli organi della giurisdizione di merito.

L’insegnamento di Calamandrei sulla peculiare funzione della Corte di cassazione quale organo di supremo raccordo dell’intero ordine giurisdizionale, è stato recepito dalla Costituzione repubblicana, specialmente nelle norme che sanciscono come irrinunciabile il sindacato sulla motivazione e sulla legittimità dei provvedimenti dei giudici ordinari e speciali, nonché sui limiti esterni della giurisdizione degli organi di vertice delle principali magistrature speciali(art. 111, commi 6, 7 e 8 Cost.).

Questo insegnamento tanto più deve essere conservato e coltivato nel tempo attuale, caratterizzato dalla frammentazione del tradizionale sistema delle fonti di produzione giuridica, dalla proliferazione dei centri applicativi giudiziali e dal senso di smarrimento dell’interprete, cui, non di rado, si accompagna quello del cittadino, che invoca certezza del diritto e prevedibilità delle decisioni giudiziarie.

In questo nostro tempo, la funzione ordinamentale del giudice di legittimità deve essere incoraggiata, tutelata e rafforzata, non solo dagli organi politici che concorrono all’organizzazione della giurisdizione e al reperimento delle risorse, ma anche da quello cui compete (in conformità ai principi di autonomia, indipendenza e autogoverno della magistratura) l’assegnazione dei magistrati a tale funzione. Essa dovrà essere tenuta in somma considerazione, dunque, dal Consiglio superiore della magistratura che, nella individuazione dei magistrati più idonei all’esercizio della peculiare funzione di legittimità (all’esito del concorso indetto per coprire i posti vacanti nell’organico della Corte di cassazione e della Procura generale) avrà uno dei compiti più delicati e rilevanti da svolgere nel corso di questo nuovo anno della consiliatura.

Nell’anno appena trascorso il Consiglio superiore, dopo aver rischiato di essere travolto dalle dolorosissime vicende venute alla luce l’anno precedente, che avevano reso evidente una degenerazione correntizia non più sostenibile, era chiamato a dimostrare di saper continuare ad assolvere la funzione di governo autonomo della magistratura attribuitagli dalla Costituzione: ciò non solo attraverso la serietà e puntualità nell’accertamento delle responsabilità disciplinari (nonché attraverso l’impegno e la continuità del lavoro istituzionale), ma anche (e principalmente) attraverso le modalità di assunzione delle deliberazioni.

Grazie alla guida salda, al sostegno costante e alla luce animatrice dell’esempio che Ella, Signor Presidente, non ha fatto mai mancare (e per i quali torno a formularLe, con animo gratissimo, la profonda riconoscenza di tutti i componenti dell’Organo e mia personale), credo di poter affermare che il Consiglio ha dato questa dimostrazione.

Pur in un momento di grave difficoltà, anche logistica, per il funzionamento di tutti gli Organi collegiali, dovuto al perdurare della pandemia, le Commissioni consiliari si sono riunite; le Assemblee plenarie sono state svolte; gli ordini del giorno sono stati esaminati e decisi o aggiornati secondo la normale calendarizzazione; le udienze disciplinari sono state puntualmente celebrate.

Tanto i componenti laici quanto quelli togati, hanno svolto il loro lavoro moltiplicando l’impegno e lo sforzo personale, facendo fronte alle – purtroppo non poche – defezioni dovute alle dimissioni o alla cessazione per altra causa di consiglieri in carica.

Tutto questo ha permesso al Consiglio di raggiungere risultati importanti sia nell’amministrazione della giurisdizione che nel dialogo virtuoso con le altre figure istituzionali, anche nell’ambito della cooperazione internazionale: penso, ad esempio, al parere reso sullo schema di decreto legislativo concernente l’attuazione della Legge di delegazione europea del 2018, in tema di adeguamento della normativa interna al Regolamento comunitario in materia di Procura europea (EPPO), e all’attuale intensa fase di elaborazione di regole e procedure di interpello per la rapida nomina dei procuratori europei delegati. 

Ciò però non basta: il doveroso accertamento delle responsabilità di singoli magistrati non deve trasformarsi in un modo per liquidare fatti dolorosi e inquietanti all’interno di una spiacevole parentesi da archiviare e dimenticare in fretta. Risulterebbe infatti vana ogni decisione della Sezione disciplinare o della Prima Commissione per le incompatibilità se ad essa non si affiancasse un profondo  cambiamento di mentalità, una vera e propria rifondazione morale che coinvolga tutta la magistratura.

Del pari, l’impegno quotidiano di studio, conoscenza e approfondimento delle singole pratiche non è sufficiente per assicurare (specie, nelle attribuzioni dei posti direttivi e semi-direttivi, nei tramutamenti presso particolari uffici e nel conferimento di incarichi) la tutela della trasparenza e della meritocrazia: occorre che ogni decisione sia preceduta da una congrua, preventiva istruttoria e sia corredata da una adeguata e approfondita motivazione; che le nomine agli uffici apicali siano prese nella rigorosa osservanza del metodo cronologico; che le assegnazioni di funzioni o l’attribuzione di incarichi che richiedono peculiari requisiti di idoneità (penso, ad esempio, all’incarico di membro del Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura) siano precedute dalla sola, scrupolosa valutazione delle necessarie competenze tecniche, senza cedere alla tentazione di accordi preventivi volti alla ripartizione dei posti. E’ ciò che il Consiglio ha iniziato a praticare e intende praticare con ancora maggiore impegno nel periodo restante di consiliatura, ben sapendo che le sue deliberazioni devono essere improntate al fine esclusivo di assicurare l’efficienza e la conformità a Costituzione della attività giurisdizionale. Il che significa che vanno salvaguardate le giuste ragioni di quei magistrati che, senza spudoratezza di rapporti o appoggio di cordate correntizie e del tutto alieni da una pratica indecente quale la ‘coltivazione della domanda’, aspirano legittimamente al riconoscimento delle loro capacità e delle loro attitudini. In tal modo potrà essere rispettata la libertà di autodeterminarsi secondo la propria coscienza di tutti i componenti del CSM, che la Costituzione ha voluto “non immediatamente rieleggibili” (art. 104, sesto comma), proprio per evitare la possibilità che il loro mandato fosse influenzato da rapporti fiduciari o da logiche di appartenenza.

Alla riaffermata esigenza di uno svolgimento delle prerogative consiliari non inquinato dalle appartenenze correntizie, si accompagna la piena apertura dell’Organo alle istanze di riforma che, dopo essere state annunciate dal Governo, sono ora all’esame del Parlamento, ove è attualmente in discussione un progetto di legge di revisione dell’ordinamento giudiziario e di costituzione e funzionamento del CSM.

In proposito va posto in evidenza, da un lato, che il Consiglio, lungi dal chiudersi dinanzi a virtuose prospettive di rinnovamento, si è già incamminato su tale sentiero, intraprendendo, in alcuni rilevanti aspetti delle sue articolazioni, percorsi di autoriforma: ciò è accaduto, ad es., con riguardo al recente mutamento del meccanismo di nomina dei magistrati segretari e dovrà accadere – auspico vivamente – con riguardo ai procedimenti di valutazione di professionalità dei magistrati, che dovranno prevedere controlli sulla qualità e sulla tenuta dei provvedimenti, in modo da consentire quella necessaria differenziazione dei giudizi (oggi spesso indebitamente uniformati in incolori e ripetitive espressioni  di generica positività) che costituisce il presupposto indispensabile dell’affermazione del merito e del rilievo delle diverse attitudini.

Dall’altro lato, specie in una congiuntura continentale che in alcuni Paesi vede sotto scacco l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, è necessario che qualsiasi riforma legislativa avvenga senza svilire, ma anzi salvaguardando e, se possibile, rafforzando la dignità e l’autorevolezza del CSM quale Organo di rilievo costituzionale. In questa prospettiva, oltre al richiesto parere del Consiglio da parte del Ministro della Giustizia sul surricordato progetto di legge, sarebbe auspicabile una interlocuzione anche diretta con il Parlamento, magari prevedendo in una futura programmazione dei lavori l’audizione di un rappresentante del CSM.

Signor Presidente, la Consiliatura in corso si è avviata a vivere la seconda metà della sua durata, e sta a noi saper trasformare le molte difficoltà che sembrano addensarsi all’orizzonte (anche a causa del perdurare dell’emergenza pandemica) in altrettante ragioni di opportunità.

Nei prossimi mesi, reintegrato nella completezza dei suoi componenti e delle sue articolazioni interne (all’esito dell’imminente nomina del Segretario generale e delle nuove elezioni suppletive), il Consiglio superiore sarà chiamato a svolgere un grosso lavoro sui numerosi e rilevanti temi che riguardano lo status del magistrato, le nomine dei dirigenti degli uffici giudiziari, i pareri sulle riforme in materia processuale e ordinamentale, i rapporti con il Giudice amministrativo.

Esso, peraltro, dovrà anche raccogliere le sfide rese più pressanti proprio dalla crisi epidemiologica in corso – derivanti dall’esigenza, nel rigoroso rispetto delle garanzie, di adeguare le modalità di esercizio della giurisdizione alla realtà digitale e alle nuove forme di comunicazione, nonché quelle conseguenti alla necessità di fronteggiare l’evoluzione dell’ordinamento verso un sistema di relazioni giuridiche globali, stimolate da rapporti economico-sociali che superano i confini statuali e regolate dall’interazione tra diversi sistemi normativi e tra numerose Corti, nazionali e sovranazionali.

Di queste sfide, devono farsi carico tanto l’Organo di governo autonomo quanto tutti i singoli magistrati, i quali, nel contribuire alla ricostruzione morale e materiale della Nazione, nel segno della progressiva affermazione dei principi di uguaglianza e della tutela dei diritti delle persone,  troveranno nella giustizia ed imparzialità dei loro provvedimenti (ma ancor più nella sobrietà, serietà, compostezza, equilibrio e riserbo dei loro comportamenti) la quotidiana riaffermazione di quella legittimazione dell’ordine giudiziario e della sua funzione dinanzi ai cittadini, che costituisce il fondamento ultimo delle garanzie di indipendenza e di autonomia riconosciute dalla Costituzione.

*vicepresidente Consiglio Superiore della Magistratura

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