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3 Luglio 2024 09:56
3 Luglio 2024 09:56

L’intesa “differenziata” nell’alleanza di governo sulla riforma del Csm

Rimane da sciogliere un grosso problema tecnico: alcuni distretti sono molto grandi, ad esempio quelli di Roma e Milano, per cui bisognerà mettere in pratica un meccanismo con cui accorpare i distretti più grandi con quelli più piccoli, per garantire un certo equilibrio. Resta la quota proporzionale.

Sembra sbloccarsi lo stallo sulla riforma del Csm, con l’accordo raggiunto tra la maggioranza e la Guardasigilli Cartabia. Un'”intesa ampia” che ora andrà tradotta nero su bianco in una riformulazione degli emendamenti del governo. Anche se restano le posizioni dissenzienti di Italia viva e Lega, che prendono le distanze da quanto concordato tra Pd, M5s, Forza Italia, Azione e Leu. Testi attesi entro lunedì, per consentire alla commissione Giustizia di far ripartire l’iter del provvedimento.

l’aula del plenum del CSM

Da Italia Viva ribadiscono però che non ritireranno gli emendamenti ‘divisivi’, sui quali il governo non dà parere favorevole. “Vogliamo discutere le nostre posizioni prima in commissione e dopo in Aula”, mette in chiaro Catello Vitiello, che ‘depotenzia’ la portata dell’intesa e commenta “Si tratta di un accordo di massima, ma non definitivo“. Frasi che in poche parole spiegano che il movimento di Matteo Renzi intendere avere le mani libere.

Matteo Salvini e Giulia Bongiorno, responsabile giustizia della Lega

Una presa di posizione questa che potrebbe creare qualche problema interno alla maggioranza e, in particolar modo, al governo, in occasione del passaggio della riforma al Senato, dove gli equilibri numerici sono più ballerini. La Lega di Matteo Salvini a sua volta ha posto dei paletti, avvertendo la ministra di giustizia Cartabia che voterà (prima in commissione e poi in Aula) gli emendamenti relativi agli stessi temi oggetto dei quesiti referendari sulla giustizia. Tutto ciò nonostante le altre forze di maggioranza e la ministra guardasigilli abbiano trovato un punto di equilibrio differente rispetto a quanto previsto, ad esempio, sulla separazione delle funzioni.

Prese di posizione queste della Lega ed Iv che fanno infuriare il Pd: “Siamo a un passo dal completamento del percorso per arrivare all’approvazione di un’importante riforma del Csm. È stata raggiunta un’intesa, ma un grande nodo politico resta ancora aperto: due forze politiche di maggioranza, Italia viva e Lega, ancora non ritirano gli emendamenti sui quali c’è parere contrario del governo e resta ambiguità su come voteranno in commissione. Questo non è accettabile“, contesta Anna Rossomando responsabile giustizia dei dem .

Dal Nazareno sostengono che le posizioni divergenti dei renziani e leghisti non è giustificabile e che deve essere chiaro che così rischia di “andare in frantumi” l’accordo, faticosamente raggiunto . Insomma mentre una parte della maggioranza come Forza Italia per voce dell’ on. Zanettin, capogruppo in Commissione Giustizia alla Camera, parla di raggiungimento di “obiettivi storici” e canta vittoria “Passano due nostri obiettivi storici, ultra ventennali. Porte girevoli bloccate per i magistrati che fanno politica: non torneranno più a svolgere ruoli nella giurisdizione. Passa anche la separazione delle funzioni. Sarà consentito un solo passaggio dalla magistratura requirente a quella giudicante, e viceversa, e solo nei primi anni della carriera. Fino ad oggi era possibile effettuarne quattro. Siamo orgogliosi dei traguardi conseguiti“, ma l’accordo al momento non appare per niente sicuro e blindato, e che potrebbe saltare in commissione al primo voto sugli emendamenti . Un rischio che mette in allarme anche Leu: “L’accordo raggiunto è il punto di equilibrio più avanzato. Nessuno si può assumere il rischio di farlo saltare. Sarebbe da irresponsabili”, afferma Federico Conte.

il sottosegretario alla giustizia Avv. Francesco Paolo Sisto

Al momento appare soddisfatto il sottosegretario Francesco Paolo Sisto, che giudica “ampio” l’accordo sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, elogiando il “maturo atteggiamento tenuto dai gruppi, sotto la regia della ministra Cartabia. Ora avanti con i lavori della commissione Giustizia per poter rispettare i tempi previsti”. Enrico Costa rivendica il ruolo “decisivo” svolto da Azione ed elenca: “Valutazioni puntuali delle attività dei magistrati con il fascicolo di performance, rigoroso rispetto della presunzione d’innocenza, sospensione dalle funzioni per il pm che chiede arresti omettendo di allegare elementi rilevanti per la decisione, stop alle porte girevoli, giro di vite sui fuori ruolo, un solo passaggio di funzioni in carriera“.

Sui punti dell’intesa, per la quale una parte della maggioranza ed il governo hanno sciolto i nodi che bloccavano la riforma, per quel che riguarda il sistema elettorale del Csm si prevede il sorteggio, ma non delle Regioni. Nello specifico, il sorteggio riguarderà i distretti di Corte d’Appello che appunto formeranno i singoli collegi (in tutto 4 per i magistrati giudicanti e 2 per i pm). Ciascun collegio sarà composto da quindi da diversi distretti di Corte d’Appello che saranno appunto sorteggiati (ad esempio, il distretto di Brescia a seguito del sorteggio potrebbe essere ‘abbinato’ con quello di Palermo).

Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio Superiore della Magistratura

Rimane da sciogliere un grosso problema tecnico: alcuni distretti sono molto grandi, ad esempio quelli di Roma e Milano, per cui bisognerà mettere in pratica un meccanismo con cui accorpare i distretti più grandi con quelli più piccoli, per garantire un certo equilibrio. Resta la quota proporzionale. Quanto alla separazione delle funzioni, sarà possibile un solo passaggio: nel penale, dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa sarà consentito il passaggio entro i primi 10 anni dalla prima assegnazione (i 18 mesi di tirocinio sono esclusi dal computo), nessun limite temporale nel civile. Infine, quanto alle cosiddette porte girevoli, i magistrati che decideranno di ‘scendere’ in politica non potranno più tornare ad indossare la toga. Nel merito, si stabilisce l’impossibilita’ di rientrare nelle funzioni dopo aver svolto incarichi elettivi o di governo.

I componenti del governo cioè ministri e sottosegretari vengono quindi assimilati agli eletti, anche se le nuove regole non si applicherebbero se rimangono in carica meno di un anno. I magistrati che invece assumono incarichi apicali di sottogoverno (ad esempio i capi di gabinetto), dovrebbero restare “congelati” per un anno, tempo durante il quale non potranno assumere funzioni giurisdizionali, mentre per tre anni non potranno assumere ruoli direttivi o semidirettivi

Come sempre i magistrati dell’ Anm, dimenticando di essere “servitori dello Stato” e di non aver alcun potere costituzionale a legiferare, si lamentano e protestano: “L’accordo peggiora sensibilmente un impianto già denso di criticità».commenta il segretario Salvatore Casciaro che accusa: «Il disegno complessivo mi pare sia quello di trasformare i magistrati in burocrati, un’impostazione figlia di un grave errore di prospettiva. Più che una riforma mi sembra una regressione culturale». E sui limiti al cambio delle funzioni aggiunge: «È una separazione delle carriere camuffata». Il fascicolo del pm poi viene definito una «schedatura». Dal ministero di Giustizia precisano che «è già previsto dalle circolari del Csm» e segnala solo «un andamento gravemente anomalo che sia spia per eventuali ulteriori accertamenti ferma l’insindacabilità del merito».

Immediata e secca la replica con toni durissimi di Matteo Salvini, che rilancia i referendum : «La casta minoritaria dei magistrati non può continuare a condizionare la vita, la politica, l’economia di un intero Paese. L’occasione storica di cambiare gli italiani ce l’avranno domenica 12 giugno». Ed una volta tanto ci tocca di dargli ragione.

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