di Antonello de Gennaro
Oggi pomeriggio il Governatore pugliese Michele Emiliano ha pubblicato un suo post su Facebook, in cui elogia le dichiarazioni poco accorte del Giudice penale (ex Gip) Patrizia Todisco del Tribunale di Taranto, scrivendo: “La mia ammirazione per un magistrato di straordinaria competenza e di grande coraggio civile. Senza di lei e senza la Procura di Taranto avremmo continuato a subire l’inquinamento di Stato dell’Ilva senza neanche saperlo. Adesso lo subiamo lo stesso a causa dei decreti Ilva che abbiamo impugnato davanti alla Corte Costituzionale. Anche lei vota NO perchè conosce la Costituzione“.
Lo avesse scritto il pensionato ex-procuratore capo Sebastio non ci saremmo meravigliati. E’ in campagna elettorale per la poltrona di Sindaco. Solo che un Governatore come Emiliano dovrebbe farsi una bella cura di fosforo per potenziare la memoria. Ma cosa ha detto la Todisco ? “Mi sto limitando ad esprimere la mia personale opinione, senza ovviamente rappresentare altri che me stessa, nell’esercizio del diritto costituzionale alla libera manifestazione del pensiero di cui anche il magistrato, al pari di ogni cittadino, è titolare. Peraltro, credo che, a fronte di un testo normativo col quale ci si propone di incidere così pesantemente sull’ordinamento costituzionale dello Stato, una presa di posizione, in termini di valutazione tecnica del testo stesso, possa essere per un magistrato un dovere oltre che un diritto. Ma anche questa è, appunto, una opinione del tutto personale“.
La Todisco continua “La lettura attenta del testo di questa riforma, svolta al riparo da slogan e suggestioni propagandistiche di vario genere, consente di coglierne agevolmente i plurimi aspetti fortemente negativi che tantissimi illustri ed autorevoli giuristi e costituzionalisti hanno evidenziato e sui quali continuano a richiamare l’attenzione (si pensi, per citarne solo alcuni, ai professori Alessandro Pace, Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare, Paolo Maddalena, Giuseppe Ugo Rescigno, Massimo Villone, Carmela Capolupo e Andrea Pertici, oltre che allo stimatissimo collega tarantino Armando Spataro, Procuratore di Torino). Ne condivido integralmente le valutazioni critiche sul metodo ed i contenuti di questa riforma che suscita profonde preoccupazioni – a voler accennare solo ad alcuni aspetti – per il suo contrasto, da valutare anche in rapporto alla già approvata legge elettorale 52/2015, col principio della sovranità popolare, della rappresentanza politica e della partecipazione democratica, e per la compromissione dell’equilibrio tra i poteri dello Stato e, più in generale, degli equilibri del sistema istituzionale, comportando essa un pericoloso sbilanciamento dell’asse istituzionale a favore dell’esecutivo, che viene rafforzato anche a danno delle autonomie regionali. Dunque, non un No «contro» qualcuno, ma «per» difendere valori e principi irrinunciabili del nostro ordinamento costituzionale”.
Qualcuno dei pochi lettori rimasti a Taranto all’edizione locale della Gazzetta del Mezzogiorno (il quotidiano siculo-barese dove lavorano da oltre un anno grazie ai contratti di solidarietà…) leggendo oggi tali affermazioni potrebbe dedurre che anche a Taranto ci sono giuristi e costituzionalisti. Ma così in realtà non è. Infatti la Todisco dimentica qualcosa: tutti i ricorsi presentati da questi “illustri” giuristi e costituzionalisti per impedire il referendum sono naufragati sugli scogli di vari Tribunali.
Il “novello” costituzionalista” Emiliano è notoriamente uno smemorato. Infatti sin dalla sua campagna elettorale alla Regione, in occasione di una conferenza stampa a Taranto, gli ricordammo (e fummo gli unici a farlo) che lui era sotto inchiesta del Consiglio Superiore della Magistratura. Infatti il procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani sosteneva infatti sin dal dicembre 2o14 che Emiliano “Svolge attività politica abitualmente, ma è ancora magistrato: non potrebbe farlo”. E’ questo il senso dell’azione disciplinare avviata dal nei confronti di Michele Emiliano. Da febbraio del 2014 Emiliano era segretario regionale in Puglia del Partito democratico. E questo dato di fatto, in particolar modo, aveva spinto la Corte di Cassazione ad avviare la procedura nei suoi confronti. La ragione dell’iniziativa disciplinare, del resto, derivava proprio dal fatto che, in quanto leader regionale del Pd, Emiliano svolgeva con carattere di continuità attività politica. Una condotta che sarebbe stata incompatibile, visto che ai magistrati non è consentita l’iscrizione ai partiti politici. E le limitazioni valgono anche per quei magistrati che sono ormai fuori ruolo come Michele Emiliano, .
Nonostante la conferma dell’aspettativa da parte del Csm, sebbene con incarico politico differente (da amministratore comunale a presidente della Regione), l’imbarazzo a Palazzo dei Marescialli è manifesto per due ordini di ragioni: nella delibera infatti viene ribadito il contenuto di una risoluzione del 2010 che auspica un “intervento del legislatore per regolamentare il percorso di partecipazione dei magistrati all’esercizio di uffici politico-amministrativi” come peraltro avviene già per i parlamentari.
In mancanza di una norma specifica e di rilievo primario infatti vale infatti l’articolo 51 della Costituzione che riconosce l’accesso a tutti i cittadini non solo alle cariche elettive ma anche agli altri uffici pubblici, compresi gli incarichi di assessori esterni. Poi c’è un’altra questione e cioè quella dell’azione disciplinare aperta dal pg della Cassazione di cui si erano perse le tracce ma che è destinata a riaccendere le polemiche sulla compatibilità dello status di magistrato e la partecipazione all’attività politica, una volta che approderà al Csm.
Soltanto a luglio del 2015 il Csm decise di accogliere la richiesta di ulteriore aspettativa di Michele Emiliano in vista della piena assunzione dell’incarico di presidente della Regione Puglia. Infatti qualche giorno prima la pratica era arrivata al Consiglio superiore della magistratura che, non senza qualche riflessione, gli ha riconosciuto il proseguimento “senza soluzione di continuità” . Al termine del suo doppio mandato da sindaco di Bari per il quale Emiliano aveva dovuto richiedere due successive aspettative (la prima per “motivi familiari” a marzo 2004 ma in realtà per poter competere da sindaco di Bari, quindi a luglio 2004 per assumere il ruolo, l’altra a marzo 2011), quando pur Emiliano pur dovendo tornare a fare il magistrato, aveva preferito accettare di svolgere l’incarico di assessore alla legalità e alla polizia municipale nel comune di San Severo di Foggia. Incarico da cui si è dimesso successivamente appena eletto presidente della Regione Puglia. La sua scelta, è bene ricordarlo venne aspramente criticata a livello politico destando più di una perplessità anche all’interno della magistratura specie dopo l’assunzione di incarichi di primo piano nel Pd regionale culminati a febbraio 2014 con la sua elezione alla segreteria del partito pugliese.
La circostanza più imbarazzante ai nostri giorni è che contro Emiliano arrivò anche il fuoco “amico” di Massimo D’Alema che lo aveva accusato apertamente di “non avere rispettato la legge che impone ai magistrati, anche quelli in aspettativa, di non avere incarichi di partito“. Una polemica che l’allora sindaco di Bari aveva per la verità respinto commentandolo come ” il tentativo scomposto della vecchia classe dirigente di ribaltare l’esito delle primarie che l’aveva spazzata via“. Parliamo dello stesso Massimo D’Alema con cui adesso Michele Emiliano si bacia ed abbraccia andando d’amore e d’accordo nella manovra “anti-renziana” per il referendum schierandosi nell’ “accozzaglia” (la definizione è di Matteo Renzi) per il “No“.
Lo smemorato Emiliano nel suo post affidato a Facebook esprime oggi “ammirazione per un magistrato di straordinaria competenza e di grande coraggio civile” nei confronti della Todisco ed il suo impegno ambientale. Probabilmente il Governatore ancora una volta è smemorato, disinformato, o continua a speculare sui problemi di Taranto per condurre la sua guerra personale a Matteo Renzi, che lo ha da tempo messo in un angolo all’interno del Partito Democratico, la cui “leadership” pugliese è saldamente affidata nelle mani del sindaco di Bari Antonio Decaro. Emiliano nel suo post così continua sostenendo di “subire l’inquinamento di Stato dell’Ilva senza neanche saperlo. Adesso lo subiamo lo stesso a causa dei decreti Ilva che abbiamo impugnato davanti alla Corte Costituzionale” a cui non è stato dato alcun riscontro allo stato attuale.
Probabilmente qualcuno non ha spiegato ad Emiliano che la legge ‘salva Ilva‘ voluta fortemente dal premier Renzi . contrariamente a quanto lui sostiene, in realtà è costituzionale. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale al termine dell’udienza ad aprile del 2013 con la quale ha dichiarato inammissibili o infondati i ricorsi proposti dalla magistratura tarantina. (una delle tante belle “figure”…. fatte dai giudici di Taranto a Roma…) La Corte Costituzionale in comunicato emanato ha spiegato a suo tempo di ritenere “in parte inammissibili e in parte non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 del decreto-legge n. 207 del 2012, conv. dalla legge n. 231 del 2012” aggiungendo che “la decisione è stata deliberata, tra l’altro, in base alla considerazione che le norme censurate non violano i parametri costituzionali evocati in quanto non influiscono sull’accertamento delle eventuali responsabilità derivanti dall’inosservanza delle prescrizioni di tutela ambientale, e in particolare dell’autorizzazione integrata ambientale riesaminata, nei confronti della quale, in quanto atto amministrativo, sono possibili gli ordinari rimedi giurisdizionali previsti dall’ordinamento”. I giudici delle leggi hanno “ritenuto che le norme censurate non hanno alcuna incidenza sull’accertamento delle responsabilità nell’ambito del procedimento penale in corso davanti all’autorità giudiziaria di Taranto”.
Sapete oltre alla “solita” Procura di Taranto, chi altro aveva presentato ricorso alla Corte Costituzionale ? Il Gip Patrizia Todisco !
Queste furono (per lo “smemorato” o male informato Emiliano) le principali tappe della vicenda.
– 26 luglio 2012: su richiesta della Procura, il gip di Taranto dr.ssa Patrizia Todisco dispone il sequestro preventivo, senza facoltà d’uso, degli impianti dell’area a caldo dell’Ilva, nominando quattro custodi giudiziari.
– 26 novembre 2012: Il gip Todisco fa sequestrare il prodotto finito e semilavorato giacente sulle banchine perchè ottenuto utilizzando gli impianti che erano sotto sequestro (1,8 mln di tonnellate di acciaio per un valore di un miliardo di euro).
– 3 dicembre 2012: il Governo emana il Decreto Legge 207 che autorizza l’ILVA a produrre e reimmette l’azienda nel possesso dei beni, nonostante i decreti di sequestro.
– 5 dicembre: la Procura di Taranto restituisce gli impianti ma dà (inutilmente) parere negativo sulla restituzione dei prodotti e rimanda la decisione al gip Todisco .
– 11 dicembre 2012: il gip Todisco rigetta l’istanza di dissequestro dell’ILVA, la merce sulle banchine non può essere movimentata.
– 20 dicembre 2012: il decreto legge del 3 dicembre viene convertito con modificazioni nella legge 231 cosiddetta “salva ILVA”che entrerà in vigore il 4 gennaio successivo. L’ILVA viene autorizzata a commercializzare i prodotti finiti e semilavorati che erano stati posti sotto sequestro (inutilmente) .
– 31 dicembre 2012: viene depositato alla Consulta il ricorso della Procura di Taranto per conflitto di attribuzione nei confronti del governo sul decreto poi convertito nella legge 231. Successivamente la procura presenta ricorso per conflitto di attribuzione anche contro la legge di conversione.
– 15 gennaio 2013: i giudici del Tribunale di Taranto sollevano dubbi di costituzionalità sulla legge e in particolare sull’art.3 che consente all’ILVA di commercializzare i prodotti finiti e semilavorati posti sotto sequestro.
– 22 gennaio 2013: anche il gip Todisco del Tribunale di Taranto, accogliendo la richiesta della Procura, solleva la questione di legittimità costituzionale della legge 231 ‘Salva Ilvà e invia gli atti alla Consulta. In particolare, dice il gip, con gli articoli 1 e 3, la legge si pone “in stridente contrasto con il principio costituzionale della separazione tra i poteri dello Stato”.
– 13 feb 2013: La Consulta giudica non ammissibili i due ricorsi sul conflitto di attribuzione presentati dalla procura in quanto superati dalla questione di illegittimità costituzionale sulla legge posta prima dal Tribunale e poi dal gip.
– 9 aprile 2013: la Consulta decide sulle due questioni di illegittimità. Dando torto alla Procura di Taranto ed alla Todisco.
Emiliano: e la Todisco sarebbero un magistrato da cui prendere lezioni di costituzionalità ?
Il governatore pugliese novello “ambientalista” dovrebbe dare un’occhiata ai 184 primi firmatari del manifesto per il SI referendario, a partire da Salvo Andò– ex ministro della Difesa nel primo governo Amato ,a Carolin Zwilling ricercatrice di diritto costituzionale comparato italiano ed europeo all’Istituto per il federalismo e il regionalismo , passando per l’ex ministro Tiziano Treu (Università Cattolica di Milano), Luisa Torchia (Roma Tre), Stefano Pizzorno (Avvocatura dello Stato), Stefano Ceccanti (Roma La Sapienza), Mia Caielli (Torino), Franco Bassanini (Astrid/Roma La Sapienza), Pasquale Pasquino (New York University), ma anche Paolo Carrozza del Sant’Anna di Pisa, Angelo Panebianco, Michele Salvati, Salvatore Vassallo, tanto per citarne qualcuno. Loro si che sono tutti “veri” costituzionalisti, giuristi e accademici di prim’ordine.
Ma forse a Bari qualcuno preferisce i “saltimbanco” ed i “cacciatori” di titoli sui giornali…