ROMA – Il Governo è sempre più determinato a convincere Arcelor Mittal ad azzerare i 4.700 esuberi previsti nello stabilimento ex-Ilva di Taranto. Secondo il Mise al massimo si può arrivare a 1.000 unità. Nel “piano di emergenza” preparato dai consulenti del Governo, con in testa Francesco Caio vi è una doppia strategia che potrebbe rivelarsi determinante per convincere Mittal a fare marcia indietro. Innanzitutto il ripristino dello scudo penale per gli amministratori strettamente connesso al piano ambientale, e l’ingresso dello Stato con il 18,2% del capitale sociale di Am InvestCo, attraverso società come Invitalia o Cdp nonostante l’ostilità delle fondazioni, con un investimento da 400 milioni e la sottoscrizione di un prevedibile aumento di capitale.
Una proposta alla quale si affiancherebbe anche una partecipazione per metà degli investimenti previsti per l’installazione dei forni elettrici , stimati fra i 200/ 250 milioni di euro. Senza contare la “presenza” dello Stato, tra incentivi all’uscita, cassa integrazione, ed un “piano sociale pubblico” che possa consentire anche il riassorbimento di una parte degli esuberi a carico di altre società controllate dal Ministero dell’ Economia. Importante anche la soluzione proposta per i costi delle bonifiche: Invitalia potrebbe essere della partita con un piano di sviluppo da 70 milioni previsto in un quinquennio.
Nelle 8 pagine della proposta di accordo preparata dal Governo che verrà messa sul tavolo della trattativa tra il Mise e i vertici di ArcelorMittal , che il CORRIERE DEL GIORNO ha potuto consultare, vi sono tutti i presupposti di un accordo che, almeno sulla carta, possa garantire un futuro all’ILVA, attraverso una produzione di acciaio di 6 milioni di tonnellate all’anno, e che posa ridurre al massimo gli esuberi grazie ad una spinta verso l’utilizzo di tecnologie sostenibili, ma sopratutto grazie ad un sostanzioso intervento economico dello Stato.
Una bozza di accordo già esiste, risultato di una videoconferenza avvenuta qualche giorno fa, fra il noto manager Francesco Caio super consulente (a titolo gratuito) del Mise, con gli studi legali Bonelli Erede Lombardi e Freshfield per ILVA in Amministrazione Straordinaria, e lo studio legale Cleary Gottlieb per Arcelor Mittal. La bozza predisposta dovrà essere rivista dopo le osservazioni dei Mittal, ma a dettare i tempi ristretti sugli impegni da assumere è la scadenza del 20 dicembre, quando il Tribunale di Milano sarà chiamato a decidere sul ricorso cautelare e d’urgenza presentato dai commissari straordinari dell’ ILVA in A.S., contro il recesso dalla gestione del siderurgico che era stato richiesto dal gruppo ArcelorMittal, e successivamente sospeso in attesa dell’esito della trattativa.
Francesco Caio è salito agli onori delle cronache quando nei mesi precedenti il governo di Enrico Letta l’ha nominato commissario con il compito di premere l’acceleratore sul raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione, che l’Europa impone al nostro e agli altri paesi dell’Unione. Napoletano, classe 1957, dalla laurea in Ingegneria elettronica al Politecnico di Milano (corredata da due Master), di strada ne ha percorsa prima del diventare un esperto di digitale: ritenuto un McKinsey boy per aver trascorso sei anni a fine anni ’80 nella società leader di consulenza mondiale, inizia alla Olivetti e Carlo De Benedetti nel 1994 lo incarica di guidare Omnitel.
Il 4 luglio 1996 torna come amministratore delegato di Olivetti , dopo è la volta di una società esterna alle telecomunicazioni, la Merloni dove venne chiamato come amministratore delegato: per la prima volta un manager esterno. Poi è alla guida di Netscalibur, nuova società Internet costituita da Morgan Stanley. Il 4 aprile 2003 lo chiama Cable & Wireless, il secondo gruppo di telecomunicazioni britannico, che riporta in utile dopo un triennio. Nel suo curriculum figura anche l’incarico di consulente del governo inglese sempre per la rete telefonica. Dal 2011 È a.d. di Avio, leader mondiale nella propulsione aerospaziale e aeronautica . quello che si può definire un vero top manager a 360°.
Adesso la trattativa potrebbe concordare anche un altro rinvio del quale già si è parlato fra le parti. L’ accordo prevede oltre all’impegno tra il Governo, Am InvestCo e l’ILVA in amministrazione straordinaria a modificare gli accordi raggiunti nel giugno 2017, con la contestuale chiusura del contenzioso dinnanzi al Tribunale di Milano, subordinato però a quattro punti di un accordo definitivo: la conversione in legge del nuovo dl Salva-Ilva che sarebbe a carico chiaramente del Governo; una modifica del Dpcm del 2017 in modo da recepire il nuovo piano industriale e ambientale; il ripristino dello scudo penale e la conferma da parte del Tribunale di Taranto, della sospensione dello spegnimento dell’Altoforno 2 fino al 30 giugno 2021. Tutto ciò a condizione che sia il semaforo verde dei sindacati confederali di categoria.
La strategia industriale del nuovo piano prevede una riduzione della produzione a carbone con la progressiva avanzata delle tecnologie verdi. L’obiettivo è quello di garantire una produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio all’anno, affiancata l’installazione del forno elettrico entro 3 anni, che contribuirebbe alla produzione per 1,2 tonnellate, Il forno elettrico viene considerato il “cuore” del piano ambientale e prevede un investimento diviso tra Am InvestCo e lo Stato, che potrebbe attingere a dei fondi disponibili del’ Unione Europea. Chiaramente a condizione che arrivino misure strettamente connesse che possano permettere la qualificazione dei rottami come sottoprodotti o l’utilizzo degli stessi pur se qualificati come “rifiuti”.
Sugli esuberi al momento i numeri sono ancora da definire, anche se sembra garantito un percorso frazionato di riduzione dei costi del personale a carico di Am InvestCo, attraverso i ricorso a vari strumenti di intervento statale, e conseguentemente verrebbe poi annullato l’impegno contrattuale precedente che Am InvestCo controllata da ArcelorMittal, si faccia carico nel 2023 dei dipendenti dell’ILVA in amministrazione straordinaria . Viene valutata anche l’ ipotesi di attuazione di un “meccanismo da definire” per tutelare la multinazionale franco-indiana da iniziative dei sindacati per il mancato rispetto degli accordi.
Concludendo, cambierebbe anche l’attuale canone di locazione degli stabilimenti. Il nuovo accordo non prevederebbe alcun pagamento, sostituito dall’emissione di nuove azioni del capitale sociale riscattabili a favore dell’ILVA in amministrazione straordinaria.
Insomma la partita è ancora tutta aperta e come sempre si gioca sulla pelle dei dipendenti, e delle società dell’ indotto, che si vedono sempre più schiacciate dalla pretese, spesso arroganti, del gruppo Arcelor Mittal. Sarebbe il caso di ricordare a tutti che se lo stabilimento è ancora in piedi e funzionante è proprio grazie alle aziende locali dell’indotto ed i dipendenti che hanno continuato a lavorare in una precarietà che non ha uguali al mondo.