Oggi Domenico Arcuri ha scritto una lettera al quotidiano La Repubblica esaltando il suo operato di ben 14 anni alla guida di Invitalia. Ieri infatti il governo Draghi ha deciso di nominare al suo posto Bernardo Mattarella, sinora la vertice del Mediocredito centrale, per ricoprire la carica di amministratore delegato della società di Stato . Non una sola parola spesa da Arcuri sulla vicende dei milioni e milioni euro persi sotto la sua gestione per l’acquisto di mascherine antiCovid non funzionanti, prive di certificazioni o inutilizzabili, L’uscita di Arcuri è conseguente non solo alla scadenza del suo mandato, ma anche essere al fatto di indagato per “abuso di ufficio“.
La nomina al suo posto di Mattarella, che è il nipote del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, era in qualche modo annunciata avendo trascorso un pezzo della sua carriera proprio in Invitalia. Il governo ha deciso di puntare sul curriculum del manager pubblico per una carica così importante e delicato come la scrivania di numero uno di Invitalia, sopratutto alle porte degli importanti investimenti che arriveranno con i fondi del Pnrr, per la cui gestione la società avrà un ruolo sempre più fondamentale e quindi era necessario nominare un top manager già a conoscenza dei meccanismi di una macchina tanto importante quanto complessa .
Invitalia per Domenico Arcuri era diventata una specie di “sultanato”. Infatti sono quasi rari i precedenti di manager che sono durati così a lungo in aziende di Stato. In molti erano convinti durante il Governo Conte Bis che il nome di Arcuri sarebbe certamente rientrato nel grande valzer che avverrà nel 2023 per le nomine dei vertici delle più grandi aziende italiane controllate dallo Stato come Eni, Leonardo (l’ex- Finmeccanica), Poste Italiane e Terna. Arcuri non è restato disoccupato restando comunque dirigente a tempo indeterminato di Invitalia (percependo un lauto stipendio), ma non parteciperà al valzer delle nomine, e quindi al momento la sua esperienza da manager pubblico può ritenersi conclusa.
Lo stipendio dell’ex commissario Arcuri
Pochi sanno che nel 2020 Domenico Arcuri, impegnato per gran parte dell’anno in quel ruolo di commissario straordinario Covid cui lo nominò Giuseppe Conte, come rivela il quotidiano economico Verità&Affari diretto dall’ottimo collega Franco Bechis, si è visto aumentare il proprio stipendio dal consiglio di amministrazione di Invitalia, che gli consentì di superare abbondantemente il milione di euro. La notizia sul suo extra-super stipendio, che solleva il velo su uno dei misteri più oscuri di questi anni, in quanto ogni domanda ufficiale ad Arcuri ed Invitalia restava puntualmente ed altrettanto arrogantemente senza risposta, è trapelata grazie alla relazione della Corte dei Conti sul bilancio 2020 della società controllata dal ministero dell’Economia, che è stata trasmessa al Parlamento alla fine dello scorso mese di maggio.
Arcuri ha mantenuto il doppio incarico per tutto il 2020, pur essendo la sua attività quasi completamente assorbita dalle funzioni governative di “commissario Covid” che come si ricorda, sono state talmente discusse al punto da generare la sua sostituzione non appena insediatosi il governo di Mario Draghi, con il generale dell’ Esercito Francesco Paolo Figliuolo alla guida della complessa macchina dell’emergenza Covid, che finalmente decollò senza spendere i soldi previsti da Arcuri per realizzare le “primule” progettate dall’ arch. Stefano Boeri, strutture che sarebbero dovuto diventare gli hub di vaccinazioni nelle grandi città.
Le indennità di Arcuri
Anche in Invitalia le indennità fisse e variabili previste per la sua funzione da amministratore delegato erano cresciute dai 241 mila euro del 2019 ai 293.177 euro del 2020 (oltre 50mila euro in un anno !). Ma questa è solo la parte meno significativa dello “stipendio” portato a casa da Arcuri quell’anno. Come evidenzia segnala la Corte dei Conti nella sua nota, a questa cifra va sommata quella a lui assegnata “per il rapporto di lavoro a tempo indeterminato di Direttore generale, pari a euro 450 mila di parte fissa e una retribuzione variabile nella misura annua del 60 per cento della retribuzione fissa”. Ne consegue che il compenso complessivo da direttore generale è ammontato a 720 mila euro (composto da 450 mila di emolumento fisso e 270 mila di quota variabile) che sommato alle indennità da amministratore delegato fanno la bellezza di 1.013.177 euro.
E’ sempre la Corte dei Conti a segnalare però che l’11 giugno 2020 il consiglio di amministrazione di Invitalia aveva deliberato di assegnare ad Arcuri “per il 2020 un ulteriore obiettivo, al conseguimento del quale gli può essere riconosciuto un importo aggiuntivo rispetto alla retribuzione variabile relativa sia al rapporto dirigenziale, sia al compenso annuo ex articolo 2389, comma 3 del codice civile, pari al 20 per cento della stessa retribuzione variabile, quindi fino a un massimo 12 per cento di quella fissa“.
La tabella sugli emolumenti di Arcuri
I magistrati contabili annotato alla tabella sugli emolumenti che “il consiglio di amministrazione di Invitalia ha valutato positivamente il 1° giugno 2021 il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal medesimo cda in data 11 giugno 2020“, e pertanto ad Arcuri dovrebbero essere stati erogati a premio ulteriori 54 mila euro anche come direttore generale. Somme queste di molto ben superiori a quelli che nel 2016 avevano provocato una inchiesta della procura generale della Corte dei Conti per gli extra compensi rispetto ai limiti di legge erogati sia ad Arcuri che all’allora presidente di Invitalia e a tutti i consiglieri di amministrazione.
Complessivamente i magistrati contabili avevano individuato 1,9 milioni di euro oltre al dovuto corrisposto ad Arcuri & c in più anni. Il manager pubblico replicò sostenendo che “la disciplina relativa ai tetti di trattamento economico non trova applicazione per contratti che, come il mio, risalgono ad una data antecedente al 2007. Inoltre è opportuno sottolineare che l’importo di 1,9 milioni di euro deriva dalla somma di più annualità (6 anni), e dai compensi di più persone“.
La contestazione Invitalia
Successivamente a quella contestazione Invitalia il 20 luglio 2017 In ogni caso emise un prestito obbligazionario di 350 milioni di euro quotato al mercato regolamentato. Da quel momento, come accaduto anche per la Rai, la società guidata a suo tempo da Arcuri è uscita dall’elenco delle controllate dal Tesoro a cui manager poteva essere applicato il tetto massimo stipendiale omnicomprensivo di 240 mila euro l’anno imposto dal governo di Matteo Renzi a tutta la pubblica amministrazione.
Il bilancio 2022
Il rapporto della Corte dei Conti però non riguardava solo i compensi degli amministratori, ma tutto il bilancio 2020 di Invitalia che viene descritto con le sue luci e le sue ombre sia a livello di capogruppo che per il consolidato. La Corte dei Conti contrariamente a quanto accaduto in molte altre occasioni simili non ha espresso giudizi sulla gestione e anche nelle considerazioni conclusive si limita a riportare quasi in un “Bignami” un sunto delle principali poste di bilancio senza che le due magistrate , la presidente Manuela Arrigucci e la relatrice Giuseppa Maneggio, che firmano la relazione, aggiungano le proprie considerazioni. Che strano, vero ?