ROMA – Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio esponente grillino, per mezzo dell’ufficio comunicazione nella persona di Rocco Casalino dichiarando ” Non mi è stata notificata alcuna querela, ma solo una richiesta di nomina di difensore” manifestando l’ennesima inconfutabile ignoranza, sostiene di non avere avuto alcuna conoscenza di un atto processuale relativo alla querela della giornalista Elena Polidori e di non avere utilizzato l’immunità parlamentare per sfuggire a una querela ricevuta dalla giornalista Elena Polidori inserita in una “lista nera” del M5S consegnata all’Ordine dei Giornalisti. La nostra collega, assistita dall’avvocato Stefano Parretta, lo ha smentito diffondendo il documento con il quale il candidato premier grillino nomina in effetti il suo legale ma dove si legge anche: “Luigi Di Maio indagato nel procedimento penale nr.23136/17 R.G. N.R. Mod.21, rubricato a seguito della denuncia querela presentata…”
La querela faceva riferimento al caso della «lista di proscrizione» compilata da Di Maio e da altri esponenti grillini con i nomi di giornalisti sgraditi al movimento e che a loro giudizio si erano comportati in modo scorretto, diffondendo notizie «distorte». L’elenco, oltre ad attirare contro i «nominati» l’ira social dei simpatizzanti grillini, era stato trasmesso anche all’Ordine dei Giornalisti perché valutasse provvedimenti disciplinari. I giornalisti chiamati in causa hanno replicando presentando querela nei confronti di Di Maio, ritenendosi diffamati per via di quell’accusa di scorrettezza. Ma l’ordinanza del Gip del Tribunale di Roma ha chiuso in anticipo la lite giudiziaria, costretto ad archiviare le accuse contro il parlamentare grillino in quanto protetto dallo «scudo» dell’articolo 68 della Costituzione.
Nonostante questa documento Di Maio insiste: “Alcuni giornali continuano a sostenere che io mi sia avvalso dell’immunità parlamentare per sfuggire alle querele di un gruppo di giornalisti. È falso. In merito alla querela ricevuta, e archiviata dal gip di Roma, i fatti sono i seguenti: la Procura non mi ha mai contestato alcun reato; non mi è stato mai notificato il decreto di archiviazione e non ho mai avuto accesso agli atti. Dunque non ho potuto né invocare l’immunità, né rinunciarvi. Il giudice che ha archiviato ha evidentemente ritenuto applicabile il diritto di critica, riconosciuto a tutti i cittadini“.
Il vicepresidente della Camera, tramite l’ufficio di comunicazione M5s, ha aggiunto che “non ha mai avuto alcuna conoscenza di un atto processuale relativo alla querela della giornalista Elena Polidori e quindi non hai ma potuto invocare l’immunità parlamentare né rinunciare alla sua applicazione. Il giudice ha evidentemente ritenuto applicabile il diritto di critica, riconosciuto a tutti i cittadini. Infine, è possibile che nel provvedimento di archiviazione venga scritto dal giudice che, stante le sue prerogative da parlamentare, le espressioni utilizzate da Luigi Di Maio rientrino nel legittimo esercizio del diritto di critica e dunque che non si dia luogo a procedere”. Ma in realtà nel provvedimento di archiviazione non è assolutamente scritto che l”e espressioni utilizzate da Luigi Di Maio rientrino nel legittimo esercizio del diritto di critica e dunque che non si dia luogo a procedere”.!!!!
Quindi in realtà non è come sostiene Di Maio e quindi siamo davanti o all’ennesima colossale “menzogna a 5 Stelle” o ad uno sdoppiamento di personalità, tipo” Dr. Jeckyll e Mr. Hyde” : infatti lo scorso 5 di ottobre alle 8 del mattino un “tal” signore chiamato Luigi Di Maio nato ad Avellino il 6 luglio del 19586, residente a Pomigliano d’ Arco (Napoli) si è presentato davanti alla Sezione di Polizia Giudiziaria della Polizia di Stato presso la Procura di Roma per la propria identificazione, l’elezione del domicilio legale e la nomina del difensore di fiducia. quel tale è il vicepresidente della Camera.
Di Maio mente sapendo di mentire
Elena Polidori una giornaliste denuncianti, incluse nella lista di proscrizione del M5S scrive sul quotidiano bolognese QN (Quotidiano Nazionale) e ricorda che Di Maio avrebbe potuto rinunciare a quella garanzia, come aveva sempre annunciato (l’ultima volta in un video del giugno 2016) ma che in sei mesi non ha fatto questo passo. Chiamato in causa per una replica l’esponente grillino si sarebbe trincerato e nascosto dietro a un “no comment”.
Pertanto quindi il candidato premier del M5s non solo sapeva perfettamente della querela ricevuta, ma non ha rinunciato all’immunità parlamentare, visto che nel decreto di archiviazione del 9 novembre scorso il Giudice per le indagini fa riferimento all’articolo 68 della Costituzione, proprio quello sull’immunità parlamentare.
Da leader di un movimento politico…che si candida alla guida del Paese non c’è male: menzogne e doppiopesismo sono lo stile che lo contraddistingue. Invoca lo stop all’immunità parlamentare per gli altri, ma non vi rinuncia quando chiamato in causa e nega anche l’evidenza. Più che il nuovo ha ragione chi in Parlamento sostiene che il M5S rappresenta il peggio della Seconda Repubblica. La vicepresidente dei deputati Pd Alessia Morani così commenta: “Ancora una volta ci troviamo di fronte alla doppia morale del Movimento 5 Stelle. Se da un lato invocano lo stop all’immunità parlamentare, dall’altro non vi rinunciano quando chiamati in causa“