di REDAZIONE SPORT
Mauro Bellugi non ce l’ha fatta come il suo amico “Pablito” Paolo Rossi, che lo ha preceduto nella sfida a questa maldetta pandemia, lottando per la vita sino all’ultimo istante, dovendosi arrendere dopo l’ultima fatale operazione all’intestino. Aveva compiuto 71 anni lo scorso 7 febbraio.
Era dallo scorso 4 novembre che Bellugi lottava, da quando era stato ricoverato d’urgenza per le complicazioni del Covid all’ospedale Niguarda di Milano, quando grazie ad un intervento del chirurgo Piero Rimoldi, che gli aveva amputato le gambe, gli aveva dato la speranza di farcela e di riuscire a vivere. Con il suo noto proverbiale spirito con cui faceva divertire tutti i suoi compagni Bellugi anche nel momento più drammatico era riuscito a scherzare: “Dottore, toglie anche la gamba con cui avevo segnato il mio unico gol contro il Borussia Moenchengladbach?”.
La prima crisi era stata superata e l’indimenticabile campione si apprestava ad una dolorosa lenta ripresa, tra cure e medicazioni in attesa di poter provare le protesi alle gambe, che gli avrebbe donato “perché Bellugi è uno di noi” l’ex-presidente dell’ Inter Massimo Moratti.
Mauro Bellugi non vedeva l’ora che arrivasse quel momento, anche se quel giorno sembrava diventare sempre più lontano, nonostante l’amore di sua moglie Loredana e della figlia Giada che gli davano con amore la forza per resistere, parlandogli tutti i giorni al telefono, non potendo andare a trovarlo.
Le visite erano vietate per tutti ma nonostante ciò Bellugi era sempre disponibile e sorridente con tutti, lottava e scherzava sempre, disposto a rispondere al telefonino e a fare persino dei collegamenti in video con alcuni programmi televisivi a cui raccontava la sua storia per ricordare a tutti che con il Covid non bisognava scherza ed era necessario stare attenti.
Bellugi ha annoverato 227 presenze volte in Serie A, facendo il suo esordio in Nazionale con la maglia azzurra il 7 ottobre 1972 Nazionale nella partita valida per le qualificazioni mondiali vinta dall’Italia per 4-0 contro il Lussemburgo. Il c.t. Ferruccio Valcareggi lo convocò per i Mondiali di calcio disputatisi nel 1974 in Germania Ovest, dove però non giocò nessuna partita. Diventato a metà decennio lo stopper titolare della Nazionale, prese parte al campionato del Mondo 1978 in Argentina, dove saltò soltanto l’ultima gara del secondo girone e la finale per il terzo posto persa contro il Brasile.