Nell’ informativa degli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare della Direzione distrettuale antimafia reggina nei confronti di 21 persone, tra i quali Giorgio De Stefano, si legge «Fidanzato da oltre un anno con Silvia Provvedi, che in un famoso reality (Il Grande Fratello Vip) trasmesso nell’autunno del 2018, lo ha sempre indicato con il soprannome di Malefix» come il cattivo dei Ghostbusters.
Le indagini svolte dalla Polizia di Stato sotto le direttive dei Sostituti Procuratori della D.D.A. di Reggio Calabria Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Roberto Placido Di Palma – documentano l’esistenza e l’operatività delle cosche De Stefano – Tegano e Libri, in posizione di preminenza nella città di Reggio Calabria e forniscono un importante spaccato sulle frizioni registratesi in seno al sodalizio criminale De Stefano – Tegano e tra detta consorteria e quella dei LIBRI rispetto alla spartizione degli ingenti proventi delle attività estorsive poste in essere in danno di operatori economici e commerciali del centro cittadino di Reggio Calabria.
Rampante imprenditore e volto noto nei locali, Giorgio De Stefano, per tutti “Giorgino” era conteso ai tavoli dei privé a Milano, mentre a Reggio Calabria figlio ed erede di boss che è sinonimo e sintesi di quasi un secolo di storia criminale della ‘Ndrangheta. Giorgino De Stefano viveva due vite differenti indossando i panni differenti a seconda delle esigenze.
Premuroso compagno di una showgirl come Silvia Provvedi, pronto a sorvolare con messaggi d’amore la casa del Grande Fratello Vip in cui era rinchiusa, a Reggio Calabria invece Giorgio De Stefano, era un temuto e rispettato uomo di ‘Ndrangheta abituato a parlare la lingua dei boss, ed addestrato a mostrare rispetto ai patriarchi senza essere nello stesso tempo servile, proponendo offerte di pace che in realtà nascondevano messaggi di guerra.
Malefix è diventato anche il nome dell’operazione della Procura antimafia di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri, che in qualche modo dovrebbe aver bloccato sul nascere un nuovo conflitto di ndrangheta, a seguito dei tanti tentativi di scissione da parte di una famiglia soprattutto, i Molinetti, che le indagini della Squadra Mobile e dello Sco , il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato hanno portato alla luce. Propositi di un nuovo conflitto di ndrangheta che era stato anche rallentato , con tutta probabilità, dall’emergenza Covid-19, e che nonostante ciò, con non poche difficoltà operative gli investigatori sono riusciti a tenere sotto controllo anche durante il periodo dell’emergenza sanitaria.
Tra le maglie dell’inchiesta sono finiti elementi di vertice, luogotenenti ed affiliati alle potenti cosche dei De Stefano-Tegano e Libri che operano nella città di Reggio Calabria, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, diverse estorsioni, detenzione e porto illegale di armi, aggravati dal metodo e dalla agevolazione mafiosa.
Nell’ordinanza si legge che l’attività di indagine ha dimostrato come le cosche DE STEFANO TEGANO e LIBRI “siano dedite al controllo del territorio ed all’intimidazione funzionale all’accaparramento di proventi estorsivi da parte di imprenditori e commercianti che operano nei territori in cui esse esercitano l’egemonia mafiosa”.
Giorgio DE STEFANO, come detto in precedenza, ostentando il suo ruolo apicale all’interno della consorteria di famiglia e minacciando gravi ripercussioni alla vittima, aveva costretto un imprenditore reggino titolare di alcuni locali di intrattenimento ed esercizi di ristorazione [in occasione delle festività natalizie del 2017] a consegnare un’imprecisata somma di denaro, che poi è stata trattenuta dal fratello Carmine DE STEFANO. La somma doveva essere suddivisa tra le quattro famiglie di ‘ndrangheta operanti nel centro cittadino [DE STEFANO, TEGANO, LIBRI e CONDELLO] ma, come detto, così non è stato.
L’inchiesta ha portato alla luce un’estorsione posta in essere da esponenti della cosca DE STEFANO-TEGANO ai danni degli imprenditori Francesco e Fabio BERNA, indagati nell’ambito dell’operazione Libro Nero. Dalle loro dichiarazioni è emerso che Carmine POLIMENI aveva costretto, intorno al 2010, BERNA Francesco – allorquando questi stava costruendo il complesso immobiliare “Nettuno” sito in Via Pentimele – a corrispondere la somma di 100.000 euro come tangente, nonché a servirsi, per la realizzazione degli impianti elettrici, delle forniture d’opera della I.CO.GE.VA. Sud. S.r.l., di proprietà di VAZZANA Francesco. Non solo, dopo la sua scarcerazione [tra il 2017 ed il 2018] – nel frattempo era stato tratto in arresto per altra causa – il POLIMENI aveva intimato a BERNA Francesco la corresponsione di ulteriori 200.000 euro.
A LIBRI Antonio è contestata una tentata estorsione ai danni di un imprenditore edile di Reggio Calabria che si era aggiudicato, la fornitura di calcestruzzo alle ditte appaltatrici dei lavori per il completamento del Palazzo di Giustizia e la realizzazione dell’adiacente parcheggio multipiano, nel quartiere S. Anna di Reggio Calabria [storicamente “controllato” dai LIBRI], nonché il subappalto relativo allo sbancamento ed al conseguente movimento di inerti. L’imprenditore era stato costretto a consegnare – su richiesta di Antonio LIBRI – una percentuale sui guadagni percepiti dai predetti rapporti economici [liquidati in euro 12.000,00 con riferimento alle sole attività di sbancamento].
A LIBRI Antonio e a BRUNO Domenico è contestata una tentata estorsione ai danni di un imprenditore reggino che forniva detergenti industriali e prodotti affini a un’impresa impegnata nei lavori di pulizia presso gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria. I due indagati, forti dell’appartenenza alla cosca LIBRI e paventando eventuali gravi ripercussioni, avevano chiesto alla vittima una “regalia”, ovvero una somma di denaro a titolo estorsivo.
LIBRI Antonio e MANGIOLA Edoardo sono ritenuti responsabili di un’estorsione perpetrata ai danni di un imprenditore non individuato che veniva costretto, con la prospettazione di implicite ripercussioni, a promettere la consegna di 5.000 Euro – di cui 1.000 venivano consegnati subito – che servivano per pagare l’onorario ai difensori del boss CHIRICO Filippo nel giudizio innanzi alla Corte di Cassazione, avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria che, in seno al procedimento penale denominato “Teorema Roccaforte”, aveva confermato la misura cautelare nei confronti del CHIRICO.
Dalle attività tecniche è altresì emerso che l’imprenditore della ristorazione vessato da Carmine e Giorgio DE STEFANO, era stato vittima di un’analoga condotta estorsiva in occasione delle festività natalizie dell’anno precedente [2016] ad opera di LIBRI Antonio che l’aveva costretto a consegnare una somma imprecisata di denaro da suddividere tra le cosche che esercitano l’influenza criminale nel centro cittadino di Reggio Calabria.
DE STEFANO Carmine, soprannominato “l’Occhialino”, è figlio del defunto boss della ‘ndrangheta reggina Paolo Rosario DE STEFANO [classe 43, ucciso in un agguato nel 1985], nonché fratello di Giuseppe DE STEFANO [classe 69], attualmente detenuto e di Dimitri DE STEFANO [classe 73], anch’egli detenuto. A seguito della scarcerazione avvenuta nel 2017, è sottoposto alla misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel Comune di Reggio Calabria.
MOLINETTI Luigi [fratello di Alfonso] è un altro storico esponente del clan DE STEFANO. Durante la seconda guerra di mafia – come hanno dichiarato numerosi collaboratori di giustizia – faceva parte del gruppo di fuoco del cartello di ‘ndrangheta DE STEFANO – TEGANO – LIBRI – LATELLA contrapposto a quello dei CONDELLO – IMERTI – SERRAINO – ROSMINI. Condannato all’ergastolo [per un omicidio commesso nel 1989 in piena guerra di mafia. Detenuto in regime di semilibertà presso la Casa Circondariale di Secondigliano [NA].
DE STEFANO Giorgio è figlio naturale dello storico boss Paolo DE STEFANO. Dal 2017 gli è stato riconosciuto il cognome del padre. Sebbene immune da pregiudizi di polizia, attualmente è da ritenersi il più valido rappresentante delle propaggini operative della cosca DE STEFANO a Milano, dove si è trasferito negli ultimi tempi.
LABATE Francesco Salvatore, nato a Reggio Calabria il 18.06.1966, ivi residente, ritenuto ai vertici dell’omonima consorteria mafiosa [soprannominata “ti mangiu”], operante nella zona sud di Reggio Calabria e segnatamente nei quartieri di Gebbione e Sbarre.
POLIMENI Carmine è ritenuto dirigente della cosca TEGANO [nell’ambito del procedimento penale n. 596/11 RGNR DDA cd. Agathos, ha avuto una condanna definitiva per associazione mafiosa e nell’ambito di quello n. 4614/06 RGNR DDA cd. Sistema-Assenzio, una condanna in primo grado per concorrenza illecita, aggravata dalla finalità di agevolazione mafiosa].
Francesco BERNA è stato arrestato in data 31.07.2019 dalla Squadra Mobile in esecuzione dell’ordinanza di applicazione di misure cautelari nr. 5288/2016 R.G.N.R. D.D.A., nr. 70/2019 R.G.G.I.P D.D.A. e nr. 64/2018 R.O.C.C. D.D.A. [Operazione Libro Nero]. successivamente scarcerato, attualmente è libero indagato.
“Giorgino” & Silvia Provvedi
Silvia Provvedi del duo Le Donatelle, precisano immediatamente gli investigatori è «totalmente estranea all’inchiesta». Giorgio e Silvia sono diventati una coppia frequentando la movida milanese e gli ambienti “social” della capitale della moda italiana.
Giorgio De Stefano già Condello Sibio, è figlio di Paolo De Stefano storico boss del rione Archi di Reggio Calabria, a cui nel 2017 è stato riconosciuto il cognome del padre. Secondo gli inquirenti «è da ritenersi il più valido rappresentante delle propaggini operative della cosca De Stefano a Milano, dove si è trasferito negli ultimi tempi». Quando gli hanno messo le manette ai polsi non ha proferito parola, non ha accennato minimamente a proteste.
Un comportamento da consumato “boss” ‘ndranghettista, come i suoi fratelli Carmine, Dimitri, Peppe . Come suo padre, don Paolino De Stefano, che per primo ha capito l’importanza strategica dei rapporti con la politica, . “Tutta Reggio Calabria camminava sulle scarpe di mio padre” ha detto nell’unico interrogatorio a cui si è sottoposto Peppe De Stefano, capoboss di Reggio Calabria e fratello di Giorgino, per descrivere il legame organico con la borghesia, cittadina e non solo, cementato in quegli anni e sopravvissuto anche all’uccisione di suo padre.
Un uccisione maturata in un agguato per il quale nel lontano 1985 è stato l’inizio di una guerra, ma il potere dei De Stefano in quel conflitto non è morto , anzi ne è uscito ancora più consolidato. Giorgino De Stefano è cresciuto nella venerazione del “casato” criminale a cui ha sempre voluto legittimamente appartenere, E con l’avallo dei fratelli, a 37 anni è diventato ufficialmente un De Stefano, con tanto di cambio di cognome e di codice fiscale, e ruolo nella “gerarchia” ‘ndranghettista di famiglia.
Dalle indagini coordinate dalla Dda di Reggio Calabria è emerso come le frequentazioni e le relazioni del 38enne Giorgio De Stefano poco si conciliassero con la discrezione imposta agli esponenti apicali delle cosche. A sottolinearlo è un collaboratore di giustizia che nel riportare i commenti di alcuni ”ndranghetisti storici’ afferma che il comportamento del 38enne veniva definito ”pericoloso – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione Malefix – per la sua eccessiva mondanità e per i rischi di sovraesposizione per tutta la cosca cagionati dal suo comportamento irrazionale, dalla sua costante presenza nella movida reggina”.
”Per Zappia andava sciolto solamente nell’acido. Era tutto con quei capelli raffinati, – afferma il pentito a quanto riportato nell’ordinanza – se ne andava per i locali a fare bordello, litigi con le persone, alle 5 le 6 di mattina è ancora in giro” facendo riferimento alle risse che ne scaturivano e che creavano problemi coinvolgendo la cosca per dirimere le problematiche innescate. Per questo motivo il clan all’epoca capeggiato da Enzo Zappia e Giovanni De Stefano aveva deciso di rimandare a Milano Giorgio De Stefano. L’obiettivo era duplice nella città lombarda “Giorgino” avrebbe potuto “amministrare gli interessi economici” che il clan coltivava in quell’area e nello stesso tempo sarebbe stato lontano dagli ambienti calabresi, dove ancora non era in grado di muoversi con la dovuta riservatezza.
L’ ordinanza di arresto cautelare della D.D.A.
La Squadra Mobile lo aveva cercato prima nella sua casa di via Boscovich, lasciata non per timore di arresti ma bensì per colpa semplicemente di un condizionatore rotto. E quando gli uomini della Polizia di Stato lo hanno scovato nell’appartamento ai Navigli della cognata, Giulia Provvedi, “Giorgino” non ha accennato a fughe, non ha accampato scuse. È rimasto impassibile, freddo, mentre gli agenti della Mobile ispezionavano le sue cose e gli consegnavano un malloppo di quasi 600 pagine dell’ ordinanza di custodia cautelare n. 4902/19 R.G.N.R. D.D.A. – 4005/19 R.G.G.I.P D.D.A. e 12/20 R.O.C.C. D.D.A. emessa in data 15.06.2020 – su richiesta della D.D.A. – dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti dei seguenti 21 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione e detenzione e porto di armi da fuoco, aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa:
- Giorgio De Stefano, nato a Milano l’8 marzo 1981, residente a Reggio Calabria, di fatto domiciliato a Milano, indagato per associazione mafiosa ed estorsione aggravata. De Stefano, soprannominato “Malefix” da cui prende il nome l’operazione odierna, è il compagno di Silvia Provvedi, del duo ‘Le Donatella’. La Provvedi, ex di Fabrizio Corona, ha partorito da pochi giorni. La stessa Provvedi, poco più di un anno fa, aveva annunciato sui social il fidanzamento con Giorgio De Stefano, proprietario del ristorante Oro di Milano ed ex fidanzato di Veronica Angeloni. Silvia Provvedi, dopo la storia con Fabrizio Corona, di De Stefano diceva “È una persona molto speciale che mi ha rapito il cuore prima di entrare nella Casa. Posso dire di essermi fidanzata. Sto vivendo un bel momento e spero sia quello giusto”
- Carmine De Stefano, nato a Reggio Calabria l’1 marzo 1968, ivi residente, indagato per associazione mafiosa ed estorsione aggravata;
- Orazio Maria Carmelo De Stefano, nato a Reggio Calabria l’11 febbraio 1959, ivi residente, detenuto per altra causa, indagato per associazione mafiosa ;
- Alfonso Molinetti, nato a Reggio Calabria il 21 ottobre 1957, detenuto in semilibertà, per altra causa, presso la Casa Circondariale di Napoli, indagato per associazione mafiosa;
- Salvatore Giuseppe Molinetti, figlio di Alfonso, nato a Reggio Calabria il 30 marzo 1982, residente a Milano, domiciliato a Giugliano di Napoli, attualmente dimorante a Reggio Calabria, indagato per associazione mafiosa;
- Luigi Molinetti, detto “Gino”, nato a Reggio Calabria il 10 febbraio 1964, ivi residente, indagato per associazione mafiosa, detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo aggravati;
- Salvatore Giuseppe Molinetti, figlio di Gino, nato a Reggio Calabria il 23 aprile 1989, ivi residente, indagato per associazione mafiosa, detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo aggravati;
- Alfonso Molinetti, figlio di Gino, nato a Reggio Calabria il 9 aprile 1995, ivi residente, indagato per associazione mafiosa;
- Antonino Randisi, nato a Reggio Calabria il 23 gennaio 1989, ivi residente, indagato per associazione mafiosa;
- Maurizio Pasquale De Carlo, nato a Reggio Calabria il 25 luglio 1976, residente a Roma, di fatto domiciliato a Reggio Calabria, indagato per associazione mafiosa;
- Salvatore Laganà, nato a Reggio Calabria il 3 marzo 1979, ivi residente, indagato per associazione mafiosa;
- Antonio Serio, alias “Totuccio”, nato a Reggio Calabria il 22 aprile 1958, residente a Fano, indagato per associazione mafiosa;
- Achraf Aboulkhair, detto Ashi, nato l’11 luglio 1996 a Scilla, indagato per detenzione e porto illegale di arma comune da sparo aggravati;
- Antonio Libri, nato a Reggio Calabria il 27 dicembre 1983, ivi residente, indagato per associazione mafiosa, estorsione aggravata ed tentata estorsione aggravata;
- Edaordo Mangiola, nato a Reggio Calabria il 28 febbraio 1980, ivi residente, indagato per associazione mafiosa, tentata estorsione aggravata ed estorsione aggravata;
- Domenico Bruno, nato a Reggio Calabria il 27 giugno 1961, ivi residente, indagato per associazione mafiosa e tentata estorsione aggravata;
- Carmine Polimeni, nato a Reggio Calabria l’11 marzo 1980, ivi residente, indagato per associazione mafiosa ed estorsione aggravata;
- Donatello Canzonieri, nato a Reggio Calabria il 09 maggio 1975, detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Livorno, indagato per associazione mafiosa;
- Lorenzo Polimeno, nato a Reggio Calabria il 4 ottobre 1977, ivi residente, detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Catanzaro, indagato per associazione mafiosa;
- Cosimo Bevilacqua, detto “Pappagallo”, nato a Reggio Calabria il 9 marzo 1969, ivi residente, indagato per associazione mafiosa;
- Antonino Augusto Polimeni, nato a Reggio Calabria il 18 agosto 1993, ivi residente, indagato per associazione mafiosa.
Contestualmente agli arresti, sono state eseguite perquisizioni personali e domiciliari e un decreto di sequestro preventivo emesso dai magistrati titolari dell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia a carico della seguente società:
- SAVEMICH S.r.l. con sede a Roma, attiva dal 2016 nel settore edile per la progettazione e costruzione su aree proprie e di terzi di edifici residenziali e non residenziali, di cui è amministratore unico, nonché socio unico, DE CARLO Maurizio Pasquale.
La relazione fra Giorgio De Stefano e Silvia Provvedi era talmente solida che recentemente i due sono diventati genitori di una bimba. Una storia sentimentale quella di che sembra quasi “maledetta” dalla presenza continua di “bad boys”, con un percorso che conduce sempre alle porte di un carcere e dei tribunali.
Era stata proprio Silvia ad accompagnare in quasi tutte le udienze e ad andare a prendere all’uscita dal carcere di San Vittore oltre due anni fa Fabrizio Corona, il suo fidanzato dell’epoca, Una storia d’amore travagliata che finì in malo modo.
Adesso di nuovo volta il carcere, dove è stato rinchiuso il suo attuale compagno, Giorgio De Stefano, a carico del quale le accuse sono sono molto più pesanti, iniziando dall’ “associazione a delinquere di stampo mafioso“. Al momento si tratta di una misura cautelare, ma Silvia potrebbe ancora una volta rivivere la tristezza delle aule dei tribunali e la freddezza delle sale colloquio delle carceri.
I De Stefano ne avevano di interessi a Milano e ne hanno tanti. come ammesso dallo stesso “Giorgino” nelle intercettazioni a suo carico effettuate dagli investigatori. “Ci sono tante opportunità, perché dobbiamo litigare?” dice ad Alfonso Molinetti, che non vede l’ora di piazzare il figlio alla sua corte, mentre criticava i nipoti, più interessati a mostrare la faccia cattiva in riva allo Stretto che a far soldi fuori. “Io gliel’ho detto mille volte a Peppe… ed Alfonso pure… gli ho detto… venitevene lì sopra, mi date pure una mano- diceva Giorgio De Stefano – Io uno sono però abbiamo un sacco di cose da fare. Uno si cura un paese all’estero, uno si cura i rapporti con altri cristiani.. cioè possiamo, potevamo fare un sacco di cose”. Cose che adesso gli investigatori stanno cercando, mentre cercano di ricostruire gli anni milanesi di Giorgino, tenuto a balia da Paolo Martino, considerato il “ministro degli affari” della ‘Ndrangheta al Nord.