ROMA – La nomina di Salvatore Romeo a capo della segreteria di Virginia Raggi, Sindaco di Roma, era sicuramente “viziata” da alcune irregolarità, e quindi illegittima, ma poiché è stata seguita una prassi consolidata negli anni anche dai precedenti sindaci, Gianni Alemanno ed Ignazio Marino, non è stato possibile provare il dolo. Questa la motivazione della Procura di Roma che ha salvato la sindaca Raggi dall’accusa anche di “abuso d’ufficio” e quindi dalla rigida normativa imposta dalla legge Severino. Appare quindi lontano il rischio per la Raggi di venire sospesa dall’incarico di Sindaco, perché è difficile che un’eventuale condanna possa superare i due anni se come è certo verrà rinviata a giudizio e quindi a processo per “falso” per la designazione di Renato Marra a responsabile Turismo del Campidoglio decisa nell’ottobre scorso. Molto più pericolose sono invece le ripercussioni politiche, considerato che il processo potrebbe svolgersi proprio durante la prossima campagna elettorale delle “Politiche 2018”.
Il viaggio in Polonia della Raggi Le carte sono ormai tutte note e quindi il giudice potrebbe prendere la decisione di rinviare a giudizio la Raggi nel prossimo mese di ottobre, avendo fra le proprie carte oltre al fascicolo aperto dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e del pm Francesco Dall’Olio, anche la relazione dell’ ANAC, l’ Autorità Nazionale Anticorruzione, firmata da Raffaele Cantone, che nella delibera trasmessa ai pubblici ministeri ha evidenziato la dichiarazione rilasciata dalla stessa sindaca Raggi la quale in occasione l’istruttoria sulla scelta di Renato Marra aveva dichiarato: “Sono a conoscenza del rapporto di parentela tra il dottor Raffaele Marra e il dottor Renato Marra, sin dal giorno del mio insediamento quale sindaca di Roma Capitale. Posso però affermare che il ruolo del direttore del Personale Raffaele Marra è stato di mera pedissequa esecuzione delle determinazioni da me assunte, senza alcuna partecipazione alle fasi istruttorie, di valutazione e decisionali. Il dottor Raffaele Marra si è limitato a compiti di mero carattere compilativo“.
Una dichiarazione falsa, che è stata smentita dagli stessi accertamenti disposti da Cantone visto che nella relazione finale si evidenziava come “l’istruttoria sulle nomine di oltre 1.500 candidati sia stata fatta dalla Sindaca in un periodo in cui la stessa era in viaggio di rappresentanza in Polonia“.
I “quattro amici della chat” Il rapporto tra Virginia Raggi e Raffaele Marra e Raggi è sempre stato molto stretto, nonostante che la sindaca dopo l’arresto del funzionario per corruzione con il costruttore Sergio Scarpellini , lo abbia “scaricato” definendolo «uno dei 23mila dipendenti comunali» per sottrarsi alle sue responsabilità giudiziarie e politiche. A smentirla ed inchiodarla la chat del 13 agosto 2016, via Telegram, nella quale Raggi dimostra di aver difeso Salvatore Romeo e soprattutto Raffaele Marra scrivendo un messaggio al direttorio “romano” grillino composto da Paola Taverna, Roberta Lombardi, Gianluca Perilli e Fabio Massimo Castaldo: “Accetto la vostra sfiducia, come anche accetto la vostra sfiducia su Salvatore (immagino sia a pelle, non posso farci nulla), ma se noi abbiamo fiducia in loro, se i nostri collaboratori storici la hanno, o siamo tutti vittima di un abbaglio o forse stiamo parlando di persone per bene e corrette“.
La Raggi sosteneva mentendo di aver portato referenze (inesistenti) “dei generali della Gdf, dei Carabinieri del Lazio” e persino millantanto un inesistente “atto di Pignatone (n.d.r. Giuseppe Pignatone, il procuratore capo di Roma) che dichiara che lui è pulito” concludendo: “Io devo governare per 5 anni e il mio obbiettivo come il vostro è farlo al meglio… La faccia e il c… sono miei e io mi scelgo persone di fiducia. Punto”. Un dubbio alla fine resta inevaso: o la Raggi non conosceva bene la storia di Marra o , per qualche ragione sconosciuta, non può fare a meno di lui.
Nel caso dovesse arrivare a Virginia Raggi la condanna per falso in atto pubblico relativo alla nomina di Renato Marra, poiché il sindaco di Roma avrebbe mentito all’autorità anti-corruzione, la linea l’hanno dettata da Milano nella sede della Casaleggio Associati: il codice etico va rispettato, dicono i vertici del partito. Senza se e senza ma. Una figura di primo livello, a stretto contatto con Grillo e Casaleggio ma anche molto interna alle dinamiche del Campidoglio, assicura infatti che esiste un’unica fonte a cui rifarsi. Ed è, appunto, il regolamento: “Quel testo parla chiaro, e – così sottolinea – nel nostro ordinamento non sono previste deroghe o attenuanti a quanto scritto in quelle pagine” che non lasciano interpretazioni, come conferma Andrea Cecconi che dice all’Adnkronos: “Il nostro codice non ammette eccezioni. Non figura un asterisco o un post scriptum in cui si dica: queste regole valgono per tutti tranne che per il Sindaco di Roma“.
E come se non bastasse, viene fatto notare, che c’è anche l’accordo firmato privatamente dalla Raggi al momento della candidatura a sindaco. In cui si dice che la carica al Campidoglio sarebbe stata incompatibile, se fosse sopraggiunta una condanna in primo grado anche se non in presenza di dolo. La speranza nel Movimento è che venga assolta e in molti nel Movimento se ne dicono convinti, anche e soprattutto per ragioni di opportunità politica, vedi le imminenti elezioni regionali siciliane e poi le “politiche” del 2018.
Dal punto di vista giudiziario, la difesa del Sindaco Raggi taglia corto sull’ipotesi che Raggi possa optare per riti alternativi come l’abbreviato o il patteggiamento. “Andremo avanti con il rito ordinario – fanno sapere – ma siamo sicuri di potere incassare un proscioglimento gia’ in ambito di udienze preliminari“. In caso di patteggiamento, inoltre, secondo il codice etico il sindaco sarebbe destinata ad autosospendersi. E anche in questo caso i vertici non hanno intenzione di concedere deroghe.