ll problema è tutto in uno scontro che ormai non ha più nulla né di inedito né di appassionante. Che si può sintetizzare così: “governisti” contro “movimentisti“. Uno scontro che l M5s vive dal giorno della scomparsa di Gianroberto Casaleggio: un inestricabile groviglio apparentemente fattodi astrattezze e massimi sistemi, dietro i quali si celano spesso– al contrario – questioni che riguardano, in maniera concreta, il potere e la sua gestione.
Due anni da incubo, sicuramente i peggiori per il Movimento Cinquestelle e probabilmente per lo stesso Giuseppe Conte che dimostra di essere politicamente un dilettante allo sbaraglio. Negli ultimi due anni , nel corso dei quali i consensi elettorali si sono prima dimezzati (32,6% nel 2018, 15,4 % nel 2022) e poi calati drasticamente a meno di un terzo (9, 9% alle europee di giugno 2024). Un declino che sembra inarrestabile ed irreversibile: e non è detto che non sia così. Perché se si accende un riflettore su quel che pare profilarsi all’orizzonte, viene da pensare che per il M5S il peggio debba ancora venire.

Purtroppo per il M5s Gianroberto Casaleggio non c’è più, e sarà Beppe Grillo a sostenere le sue visioni nella problematica Assemblea costituente convocata per l’autunno . Quindi governisti contro i Movimentisti o per semplificare le rispettive posizioni i “contiani” contro i “grillini” . Niente si può escludere nello scontro già previsto : la vittoria di Conte, quella di Grillo o come soluzione finale una scissione . I più disincantati non escludono una soluzione che si potrebbe definire di vecchio stile “democristiano”: un bel accordo di compromesso e avanti tutti assieme felicemente come se niente fosse accaduto.
Il vero problema dei problemi è senza alcun dubbio la regola del limite dei due mandati, con le prevedibili barricate tra chi è al primo mandato e chi invece essendo già al secondo dovrebbe rinunciare ad ogni ipotesi di ricandidatura. Il problema, naturalmente, sarà circondato da riflessioni non sulla natura del M5S e sul suo destino, ma in realtà sul futuro di ogni singolo rappresentante parlamentare del M5s. Si discuterà anche se e come posizionarsi nell’alleanza di centrosinistra, il cosiddetto “campo largo”: ma alla fine si ridurrà tutto ad uno scontro senza quartiere tra chi potrà o non potrà ricandidarsi ai diversi livelli istituzionali.

È chiaro e palese che in uno scontro così problematico finiranno per aver un peso come spesso succede in politica sopratutto i rapporti personali con i leader, che nel caso in questione, sono i rapporti tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte., che da tempo sono al minimo storico , e nessuno dei due cerca di nasconderlo. L’ex premier si offese molto per la battuta che Grillo gli riservò dopo la débâcle delle europee: “Ha preso più voti Beccofrusoni da morto che lui da vivo…” . Conte si irritò non poco e rispose: “Ha deciso di fare il padre-padrone…”.
La vera opinione sull’ex premier Conte, Grillo l’aveva pronunciata già tempo fa: “Non potrà risolvere i nostri problemi perché non ha né visione politica né capacità manageriali… E poi non mi fido di Conte. Lo stretto di Messina l’ho attraversato io, non lui. È lui che ha bisogno di me, non io di lui“. Messaggio con fuso ma nello stesso tempo più che chiaro: Conte fece finta di niente, andò avanti e restò in vita (politica). Adesso vedremo se ci riuscirà anche stavolta o se la sua più che discutibile carriera sia davvero arrivata ai titoli di coda …

| © CDG1947MediaGroup – Riproduzione Riservata |