di FABRIZIO CICCHITTO
L’Anm non si sta rendendo conto che la corda si è spezzata, che dopo la presa del potere politico da parte della magistratura fin dal 92-94 essa adesso è implosa sia per le contraddizioni interne sia per gli incredibili errori commessi. L’attuale Csm non ha alcuna credibilità. E doveva essere sciolto da quando è esploso il caso Palamara, che non è, per usare una celebre frase di Togliatti “un pidocchio annidato nella criniera del nobile destriero”, ma è un esponente del Sistema. Se l’ Anm pensa di risolvere il problema espellendo Palamara e chiamando alle armi i 9000 magistrati contro i referendum (questo è il senso del suo proclama sulla “ferma reazione”) dimostra che non ha capito nulla.
Non è che le cose sono cominciate da oggi, ma esse risalgono molto indietro nel tempo, per esprimere una data, diciamo dal caso Tortora, quando una categoria, dotata non della pura e semplice autonomia, ma da enormi poteri, in primis quello di poter privare le persone della libertà individuale, e in secondo luogo (anche grazie ai suoi organici rapporti con i media, in primis i cronisti giudiziari e i gestori dei talk show) può realizzare nei confronti di chi fa politica quello che il procuratore Borrelli ha chiamato la sentenza anticipata (se fai politica sono decisivi il prestigio ed il consenso: se ti arriva un avviso di garanzia sparato sui giornali e nelle televisioni la sentenza è già fatta; poi è anche possibile che 7 anni dopo tu sia assolto, ma a quel punto il danno è fatto) non sottopone se stessa a nessun vaglio critico e autocritico è evidente che l’autoreferenzialità arriva al massimo.
Adesso poi dopo che si è verificato che l’identificazione di Roma con la mafia era basata su una forzatura e dopo i casi Palamara, Amara, loggia Hungaria e le vicende riguardanti la procura di Milano (Storari, Eni, etc) la situazione è diventata addirittura imbarazzante. La magistratura è l’unica categoria che giudica anche se stessa e che da sempre è portata ad autoassolversi a meno che nel mirino (il caso Lupacchini) non ci sia un magistrato disarmato in contrasto con un altro molto potente.
A questo aggiungiamo un altro dato: non è affatto vero che l’inconveniente principale della carriera unica è costituito dalla consuetudine nei rapporti personali e nelle frequentazioni. In ballo c’è’ ben altro che il caffè preso insieme al bar, ma il “sistema” di potere. Tutto il “Sistema” è nelle mani delle correnti, le correnti sono nelle mani di pubblici ministeri, il CSM è dominato dai pubblici ministeri che da un lato hanno la connessione con i cronisti giudiziari ai quali forniscono notizie in anteprima (non c’è più l’obbligatorietà della azione penale di fronte alla violazione del segreto istruttorio) e dall’altra sono decisivi per la carriera dei magistrati giudicanti.
Allora, se l’ANM non si è resa conto che la corda si è spezzata e che è finita la sacralità della categoria perché sono stati proprio alcuni dei suoi esponenti più dotati di potere a profanare la Chiesa, allora vuol dire proprio che non ha capito nulla. Si dice: “bisogna difendersi nel processo e non dal processo”. Certo, ma come ci si difende nel processo se alcuni materiali probatori non vengono travasati in esso dai pubblici ministeri ? E’ come se a suo tempo Benvenuti (cioè la difesa) avesse dovuto affrontare Griffith (cioè l’accusa) con una mano legata dietro la schiena .