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5 Novembre 2024 01:24

Mafia, 40 anni fa l’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa

La lezione di vita del prefetto Dalla Chiesa, la memoria delle vittime di quel vile attentato vivono nell’impegno delle donne e degli uomini che nelle istituzioni e nella Pubblica amministrazione operano per la difesa della legalità, dei giovani che vogliono costruire una società più giusta e trasparente, dei tanti cittadini che, consapevoli dei loro diritti e doveri, avversano responsabilmente la cultura della sopraffazione e della prevaricazione.

Questa mattina nella sede del Comando Legione Carabinieri ‘Sicilia’, il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale di Corpo d’Armata Teo Luzi, ha deposto un cuscino di fiori al busto dedicato all’Eroe. Successivamente, in via Isidoro Carini, luogo dell’eccidio, sono state deposte delle corone d’alloro alla presenza del Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, del Sottosegretario di Stato alla Difesa On. Giorgio Mulè, del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, del Comandante Generale dell’Arma, del Prefetto di Palermo, Dott. Giuseppe Forlani, del Prof. Nando dalla Chiesa, figlio dell’Eroe, e di altre alte cariche civili e militari.

Le Autorità hanno poi presenziato presso la Cattedrale di Palermo, alla celebrazione eucaristica, officiata dall’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice, il quale – nella sua omelia – ha più volte ricordato la “fede” del Generale dalla Chiesa, citando una sua annotazione su un diario privato “Sono sempre stato un credente (…) Oggi voglio avere quella fede; voglio avere più fede!”. Il Monsignore ha poi aggiunto che proprio “la fede del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ci illumina e ci guida ancora oggi: la fede negli uomini e nelle donne che sanno ciò che fanno, e la fede in Dio che ci vuole consapevoli e liberi da ogni condizionamento; liberi da ogni potere che limita e opprime la dignità umana e che impedisce la convivenza giusta, solidale, inclusiva e pacifica delle nostre città; soprattutto una convivenza libera dalle organizzazioni mafiose e terroristiche, dall’illegalità a dalle connivenze subdole e pervasive”

“Il delitto di mio padre – ha detto Nando Dalla Chiesa –, origine di tanta disperazione, non ha comunque mai intaccato la mia idea su Palermo. Qui ho vissuto i momenti più belli della mia giovinezza. Certo, è una città dove, in certi periodi, per forza di cose, ho dovuto “guardarmi” anch’io, facendo molta attenzione. Ma Palermo fa parte di me, mio nonno materno comandava la legione dei Carabinieri dove ora mi trovo: sono tante le sensazioni belle che provo“.

Il ricordo di Dalla Chiesa del Capo dello Stato

La uccisione, quaranta anni or sono, del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Emanuela Setti Carraro, il ferimento mortale dell’agente Domenico Russo, deceduto alcuni giorni dopo, gettarono Palermo, la Sicilia, il Paese intero nello sgomento. Ancora una volta la ferocia della violenza criminale mafiosa, in un crescendo di arroganza, non risparmiava un servitore della Repubblica né le persone che avevano l’unica colpa di essergli vicine. Quell’estremo gesto di sfida contro un eroe del nostro tempo, un carabiniere protagonista della difesa della democrazia contro il terrorismo, si ritorse contro chi lo aveva voluto”. Lo sottolinea il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

“La comunità nazionale, profondamente colpita da quegli avvenimenti, seppe reagire – ricorda il Capo dello Stato – dando prova di compattezza e di unità d’intenti contro i nemici della legalità, delle istituzioni, della convivenza civile. Strumenti più incisivi di azione e di coordinamento vennero messi in campo, facendo tesoro delle esperienze di Dalla Chiesa, rendendo più efficace la strategia di contrasto alle organizzazioni mafiose. Quello sforzo fu sostenuto e accompagnato da un crescente sentimento civico di rigetto e insofferenza verso la mafia, che pretendeva di amministrare indisturbata i suoi traffici, seminando morte e intimidazione. Commozione e sdegno alimentarono le speranze dei siciliani onesti, ne rafforzarono il rifiuto della prepotenza criminale“.

il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa e la moglie Emanuela Setti Carraro

“La lezione di vita del prefetto Dalla Chiesa, la memoria delle vittime di quel vile attentato – conclude Mattarellavivono nell’impegno delle donne e degli uomini che nelle istituzioni e nella Pubblica amministrazione operano per la difesa della legalità, dei giovani che vogliono costruire una società più giusta e trasparente, dei tanti cittadini che, consapevoli dei loro diritti e doveri, avversano responsabilmente la cultura della sopraffazione e della prevaricazione. Nel rendere omaggio al ricordo di quell’estremo sacrificio, rinnovo alle famiglie Dalla Chiesa, Setti Carraro e Russo la solidale vicinanza mia e dell’intero Paese“.

Casellati: “Esempio Dalla Chiesa ha segnato nostra storia”

“Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa è un modello di fedeltà allo Stato e ai suoi valori fondamentali. È stato partigiano, ha sconfitto il terrorismo e combattuto Cosa Nostra. Le sue intuizioni, la sua onestà e il suo spirito di sacrificio hanno segnato la nostra storia. È grazie ad esempi come il suo che i nostri giovani crescono in un mondo in cui il sentimento dell’antimafia è più forte e radicato“, afferma il presidente del Senato, Elisabetta Casellati.

“A 40 anni dalla strage mafiosa di Via Carini, in cui persero la vita anche la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di Polizia Domenico Russo, tutti – conclude la seconda carica dello Stato – abbiamo il dovere di ricordarlo e onorarlo”.

Draghi: “Dalla Chiesa contribuì a stabilità e sicurezza Paese

“Oggi ricordiamo con riconoscenza il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente della scorta Domenico Russo, uccisi in un vile attentato mafioso quarant’anni fa. Dopo aver combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale per la liberazione dell’Italia, Dalla Chiesa contribuì in modo decisivo alla stabilità e alla sicurezza del Paese. Il suo impegno contro il terrorismo e contro la criminalità organizzata hanno protetto la nostra democrazia e rafforzato le nostre istituzioni. Ai suoi cari esprimo la vicinanza e gratitudine del Governo e mia personale“. Così il presidente del Consiglio, Mario Draghi.

«Il delitto di mio padre – ha detto Nando Dalla Chiesa -, origine di tanta disperazione, non ha comunque mai intaccato la mia idea su Palermo. Qui ho vissuto i momenti più belli della mia giovinezza. Certo, è una città dove, in certi periodi, per forza di cose, ho dovuto “guardarmi” anch’io, facendo molta attenzione. Ma Palermo fa parte di me, mio nonno materno comandava la legione dei carabinieri dove ora mi trovo: sono tante le sensazioni belle che provo».

Il Comandante Generale dell’ Arma Gen. C.A. Teo Luzi ha sottolineato come fare memoria significhi indicare alle nuove generazioni il “giusto sentiero da percorrere”, raccontando del suo incontro con il Gen. Dalla Chiesa – avvenuto a Roma, il 5 maggio 1982 – allorquando, poco dopo aver ricevuto l’incarico di Prefetto di Palermo decise di passare a salutare i giovani Sottotenenti alla Scuola Ufficiali Carabinieri. In quella circostanza il giovane ”S.Ten” Luzi ricevette in dono (insieme ai suoi colleghi di corso) dal  Gen. Dalla Chiesa una statuetta con gli alamari, simbolo dei Carabinieri. Statuetta che ancora oggi custodisce gelosamente.

L’attenzione per i giovani, che Dalla Chiesa dimostrò anche in quell’occasione, è stato un segno distintivo di tutta la sua vita, contraddistinta, in poche parole, da un grande “amore per l’Italia”. Il Comandante Generale ha citato alcuni articoli della Costituzione, dai quali si evince come il Gen. dalla Chiesa abbia saputo con “coraggio, libertà, sensibilità e carisma” rappresentare un fulgido esempio di servitore dello Stato anche a costo della vita. Il Gen. C.A. Luzi ha ricordato come in questi 40 anni il lavoro quotidiano dell’Arma sia stato influenzato dal suo luminoso esempio morale del Gen. dalla Chiesa. Ne è testimonianza la diffusa presenza nelle caserme dell’Arma di sue fotografie appese spontaneamente sui muri. Il Comandante Generale ha infine parlato della suo innovativa visione investigativa, nel percepire il filo conduttore tra tutti gli attentati sia di matrice terroristica che mafiosa, dal quale scaturì non solo un rinnovamento delle tecniche investigative ma anche un nuovo approccio culturale che permise di ottenere fondamentali successi investigativi. Un esempio su tutti le indagini sull’omicidio a Corleone del sindacalista Placido Rizzotto.

La sua innovativa visione investigativa, l’attenzione nell’educazione dei giovani alla legalità fanno sì che il Generale Dalla Chiesa – assieme a colleghi di altre Forze di Polizia, magistrati, giornalisti, uomini delle Istituzioni e della sana società civile – sia stato pioniere e icona della lotta alla criminalità organizzata. “Partendo dal suo esempio, abbiamo il dovere di restituire ai giovani un’Italia migliore” ha concluso il Comandante Generale.

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