E’ stata aggiornata con la discussione del Pubblico ministero, l’udienza preliminare per il pomeriggio del prossimo 3 novembre, davanti al Gup Gaetana Bernabò Distefano, per la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’editore Mario Ciancio Sanfilippo, proprietario del quotidiano pugliese La Gazzetta del Mezzogiorno, per concorso esterno all’associazione mafiosa. Il Giudice ha rigettato l’eccezione presentata dal collegio di difesa dell’editore siciliano sulla nullità della richiesta per “la genericità del capo di imputazione” l’ avvocato Carmelo Peluso, del foro di Catania, che insieme a Francesco Colotti, dello studio di Giulia Bongiorno assistono l’editore, spiegando, a fine udienza che “la data del 1982, anno in cui entra in vigore il reato, è implicita: a noi sta bene – ha aggiunto il legale siciliano – e se sarà rispettata l’ordinanza significa che nessun atto antecedente a quella data potrà entrare nel processo“.
E’ stata ammessa la costituzione delle tre parti civili costituite: l’ Ordine dei Giornalisti di Sicilia, i due fratelli (Dario e Gerlando) del commissario della Polizia di Stato Beppe Montana, ucciso dalla mafia, e di Sos Impresa, associazione antiracket di Confesercenti. Tensione durante l’ udienza, la Procura aveva chiesto di svolgere il processo a porte aperte, la difesa di Ciancio si è opposta.
I Pm Antonino Fanara e Agata Santonocito , presenti in aula, hanno chiesto l’acquisizione di altri documenti, fra i quali una dichiarazione resa ai magistrati dal giornalista Walter Rizzo, che è stato anche ascoltato dalla Commissione Antimafia, il decreto di sequestro di beni per 17 milioni di euro eseguito nel giugno scorso all’editore dalla Guardia di Finanza, e le dichiarazioni del collaboratore Francesco Di Carlo. Il collegio difensivo dell’editore Mario Ciancio Sanfilippo si è riservato di potere eccepire la legittimità processuale dell’ utilizzo di nuove documentazioni.
Il giudice, in questi mesi, come ha spiegato il presidente dei Gip Nunzio Sarpietro, ha compiuto un lavoro delicato “per valutare le costituzioni di parte civile e ha studiato i 50 faldoni del processo“. Inizialmente la Procura aveva richiesto l’ archiviazione, ma durante il processo Lombardo, secondo il Gip Marina Rizza, sarebbero emersi particolari rilevanti. Un vero e proprio “sistema” del quale Ciancio sarebbe parte integrante. Per il gup Rizza il modus operandi, sarebbe stato sempre lo stesso: “Acquistavano terreni agricoli nella prospettiva di ottenerne la variazione di destinazione urbanistica, e poi realizzare elevati guadagni con la plusvalenza della proprieta’“. Il Giudice citava l’ esempio di quattro casi: il piano di costruzione di alloggi per militari Usa di contrada Xirumi, mai venuto alla luce, e tre centri commerciali, uno dei quali è stato effettivamente realizzato. “Il modus operandi e la presenza di elementi vicini alla mafia -scriveva il Gup – fanno ritenere con un elevato coefficiente di probabilita’ che lo stesso Ciancio fosse soggetto assai vicino al detto sodalizio”.
L’ editore, “attraverso i contatti con Cosa nostra di Palermo –secondo la sentenza– avrebbe quindi apportato un contributo concreto, effettivo e duraturo alla ‘famiglia’ catanese“. L’ imprenditore catanese avrebbe messo “a disposizione dell’ organizzazione criminale la propria attività economica, finanziaria e imprenditoriale avente ad oggetto, tra l’ altro, l’ editoria, l’ emittenza televisiva, la proprietà fondiaria e l’ attività edilizia, centri commerciali, centri turistici, aeroporti, posteggi ed altre lottizzazioni“.
E’ stata invece aggiornata al 27 gennaio del 2016 per un difetto di notifica davanti al Tribunale per le misure di prevenzione anche l’ udienza sul sequestro dei 17 milioni di euro di beni, 12 dei quali in titoli in una banca svizzera accertato grazie alle indagini patrimoniali dei Ros dei Carabinieri che hanno portato alla scoperta dei fondi occultati all’estero, effettuato il 16 giugno scorso dalla Guardia di Finanza. “Negli atti – ha reso noto la Procura- sono confluiti anche i documenti provenienti dagli accertamenti condotti in collegamento con le Autorità svizzere e che hanno consentito, attraverso un complesso di atti di indagine, di acquisire la certezza dell’ esistenza di diversi conti bancari. In quelli per i quali sono state sin qui ottenute le necessarie informazioni sono risultate depositate ingenti somme di denaro (52.695.031), che non erano state dichiarate in occasione di precedenti scudi fiscali; la successiva indicazione da parte dell’ indagato della provenienza delle somme, non documentata, ha trovato smentita negli accertamenti condotti“.
L’editore Mario Ciancio, ciò nonostante, si proclama estraneo alle accuse contestate, commentando “Alla Giustizia nella quale ho piena fiducia mi presento certamente turbato, amareggiato per le accuse che mi vengono rivolte. Direi indignato, anche, per vedere messa in discussione la mia onorabilità, la mia onestà, quella della mia famiglia e quella del mio giornale. Turbato, amareggiato, indignato e innocente. E pronto a dimostrarlo“.
Chiaramente su tutto ciò, La Gazzetta del Mezzogiorno ed i suoi giornalisti tacciono, così come tutti gli altri organi d’informazione pugliesi. L’unica testata in Puglia che si è occupata di questo caso, è stato il Corriere del Giorno. Sin dal primo giorno (leggi QUI ).