ROMA – Blitz questa notte nei confronti della rete di fiancheggiatori del super boss latitante Matteo Messina Denaro effettuato dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani che hanno battuto palmo a palmo le campagne siciliane cercando l’uomo che non si trova da 24 anni. Matteo Messina Denaro, il capomafia di Castelvetrano che sembra essere diventato un fantasma, condannato all’ergastolo per le stragi di Roma, Milano e Firenze, erede del sanguinario capomafia Totò Riina, che conosce i segreti di quella stagione, e che di sicuro, continua a godere della protezione di una rete di fedelissimi.
Dai misteri di una lunga latitanza emerge la foto di Messina Denaro da giovane, a 20 anni, al matrimonio della sorella Giovanna (un esclusiva del quotidiano La Repubblica) quando ancora nessuno poteva immaginarela “carriera mafiosa” del rampollo di don Ciccio Messina Denaro, boss di peso e campiere della famiglia D’Alì, la famiglia del futuro sottosegretario agli Interni del governo Berlusconi. Risale il 1982, l’anno del primo omicidio per Matteo Messina Denaro. Dieci anni dopo, sarebbe diventato l’erede di Totò Riina il capo dei capi intercettato in carcere “Suo padre l’ha affidato a me” diceva il custode dei suoi segreti , “Conserva lui l’archivio di Riina” (ha raccontato il pentito Giuffrè).
Una latitanza ormai eterna costruita sui segreti del passato: Bernardo Provenzano dieci anni fa, trasmise tramite un pizzino riservato a Messina Denaro (che si faceva chiamare Alessio, ) anche il nome di un misterioso politico . Un altro enigma irrisolto nella rapida carriera della “primula” di Cosa nostra, colui che sta traghettando l’organizzazione mafiosa in una nuova stagione di affari, omertà e complicità.
Questa notte la procura distrettuale antimafia di Palermo diretta da Francesco Lo Voi ha fatto scattare un provvedimento di fermo per 14 persone indagate per associazione mafiosa, estorsione, detenzione illegale di armi e altri reati aggravati dalle finalità mafiose, tutte residenti nella zona di Marsala. Perché è in questo scorcio di Sicilia che si sono strette le indagini negli ultimi tempi, grazie ad alcune preziose intercettazioni.
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Questi gli arrestati: Andrea Antonino Alagna, classe 79 nato in Germania e residente a Mazara del Vallo, Alessandro D’Aguanno del ’91 nato a Mazara del Vallo e residente a Marsala, Vincenzo D’Aguanno del ’60 di Marsala, Calogero D’Antoni dell’82, nato a Mazara del Vallo e residente a Marsala, Giuseppe Giovanni Gentile detto “testa liscia” del ’74 di Marsala, Michele Giacalone del ’70 di Marsala, Massimo Salvatore Giglio del ’76 di Marsala, Simone Licari del’58 di Marsala, Ignazio Lombardo detto “il capitano“, del 71 di Marsala, Michele Lombardo detto “Michelone“, del ’62 nato a Marsala e residente a Petrosino, Vito Vincenzo Rallo del ’60 di Marsala, Aleandro Rallo del ’93 di Marsala, Nicolò Sfraga del’66 di Marsala e Fabrizio Vinci del’ 70 di Mazara del Vallo. L’operazione ha impiegato 150 uomini tra carabinieri territoriali e specialistica.
Adesso le intercettazioni acquisite sono un tassello importante per provare a ricostruire il mistero di una latitanza che dura da troppo tempo. Messina Denaro secondo gli investigatori e magistrati, si sposta di frequente. La rete di assistenza e di protezione è ampia, questo ribadisce il provvedimento di fermo disposto dal procuratore Lo Voi e dai sostituti procuratori Carlo Marzella, Pierangelo Padova e Gianluca De Leo, della direzione distrettuale antimafia. Immediatamente è stato deciso ed attuato un fermo d’urgenza in quanto dalle intercettazioni sembravano emergere fibrillazioni all’interno della famiglia mafiosa di Marsala. e quindi persisteva anche il rischio di un omicidio che doveva avvenire presto per risolvere l’ennesimo contrasto nel clan.
Al centro delle indagini del Ros la cosca mafiosa di Marsala, di cui sono stati delineati gli assetti e le gerarchie. Sono state documentate anche le tensioni interne alla ‘famiglia’ per la spartizione delle risorse finanziarie derivanti dalle attività illecite e l’intervento “pacificatorio” dello stesso Messina Denaro nel 2015. In questo contesto gli accertamenti hanno fornito “inediti e importanti elementi, per l’epoca – spiegano gli investigatori – riguardanti l’operatività e la possibile periodica presenza del latitante nella Sicilia occidentale“.
“L’indagine che ha preso il via nel 2014 – dice il colonnello Roberto Dante Pugnetti vice comandante del Ros-Carabinieri – ci ha fornito uno spaccato interessante sulle dinamiche interne del mandamento di Mazara del Vallo e della famiglia di Marsala e un quadro significativo delle regole gerarchiche, dell’unitarietà e della confluenza di interessi all’interno di cosa nostra. E’, inoltre, emerso che tra la fine del 2014 e il 2015 la famiglia di Marsala subisce frazioni interne arrivando a un passo dal concretizzare episodi omicidiari. Dalle indagini sembrerebbe che nel 2014 Matteo Messina Denaro sia intervenuto nei confronti del responsabile del mandamento, esternando disappunto per le frizioni, tra il capo decina Sfraga e D’Aguanno, ritenendole un pericolo“.
“Cosa nostra – ha aggiunto il colonnello Stefano Russo comandante provinciale dei Carabinieri di Trapani – è attiva sul territorio. Gli appalti pubblici continuano a essere il business . Non basta interrompere le azioni illegali, ma dobbiamo vedere dove e in quali direzioni ci sono strutture in grado di aiutare la mafia, sradicando così possibili connivenze nelle pubbliche amministrazioni“.