ROMA – “L’incondizionata libertà di stampa costituisce elemento portante e fondamentale della democrazia e non può essere oggetto di insidie volte a fiaccarne la piena autonomia e a ridurre il ruolo del giornalismo” afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio all’Amministratore delegato della Società Editrice Sud Spa, Pasquale Morgante. “Una stampa credibile, sgombra da condizionamenti di poteri pubblici e privati, società editrici capaci di sostenere lo sforzo dell’innovazione e dell’ allargamento della fruizione dei contenuti giornalistici attraverso i nuovi mezzi, sono strumenti importanti a tutela della democrazia. Questa consapevolezza deve saper guidare l’azione delle istituzioni” ha affermato il presidente Mattarella con una piena difesa della libertà di stampa, in una fase politica segnata dagli attacchi e minacce del M5S ai media. In Italia e all’estero.
Il tema del rapporto tra politica e informazione è tornato centrale nel dibattito soprattutto nelle ultime settimane, dopo le ripetute dichiarazioni di esponenti del governo sull’editoria. Tra i vari interventi, quello del vicepremier M5S, Luigi Di Maio, che ha detto: “Nella legge di bilancio porteremo il taglio dei contributi pubblici e stiamo approntando una lettera alle società partecipate di Stato per chiedere di smettere di pagare i giornali con investimenti pubblicitari“. Ma anche l’altro vicepremier, Matteo Salvini, nei giorni scorsi ha parlato della libertà di stampa definendola “qualcosa di molto soggettivo”.
Non è da sottovalutare la recente intervista del sottosegretario con delega all’editoria Vito Crimi rilasciata venerdì a Il Fatto Quotidiano . Si torna sul Fondo per il pluralismo (ex Fondo editoria) di cui viene annunciato un prossimo taglio, almeno della metà. Si confondono le risorse “indirette” (sconti telefonici, pagamento forfettario dell’Iva), con i contributi diretti dedicati alle testate cooperative, locali o di opinione. Stiamo parlando di 58 milioni di euro. Quindi o si vuole una seria riforma, o si preferisce una linea di annunci provocatori e minacce.
Il reale effetto di questi annunci-minacce, rischia comunque di essere molto pericoloso, vista la fragilità economica-finanziari delle testate, la crisi dell’ INPGI, l’ Istituto di previdenza dei giornalisti che versa in profonda crisi a causa anche di una incapace ed inesperta gestione, e data la prevalenza del lavoro precario. Sarebbe più opportuno invece, ridiscutere senza conservatorismi o atteggiamenti corporativi i numerosi punti deboli della situazione: a partire dal collegamento di diversi gruppi editoriali con delle società dipendenti da altri interessi dominanti; un ridimensionamento della pubblicità della televisione generalista, che ha proporzioni innaturali figlie dell’antico accordo duopolistico RAI-MEDIASET; LA diminuzione delle vendite dei giornali; IL vorticoso calo occupazionale; la pressochè totale assenza di una strategia per l’era digitale. In poche parole, la normativa attuale ha bisogno di una revisione sostanziale, non di proclami minacciosi e rischiosi rischiosi.
Mattarella lancia il suo monito nel messaggio inviato all’amministratore delegato della Società editrice Sud Spa: “L’intento del rilancio di due testate significative e cariche di storia come la Gazzetta del Sud e il Giornale di Sicilia appare tanto più meritevole in un contesto, quello del Mezzogiorno, in cui la battaglia per l’affermazione dei valori costituzionali e della legalità è particolarmente meritoria. Si tratta di un impegno di valore culturale e sociale, la cui essenza trova riscontro nell’arricchimento del tessuto civile dei territori ai quali i due giornali si dirigono“. La Gazzetta del Sud e il Giornale di Sicilia, prosegue Mattarella “hanno da pochi mesi costruito un ponte, editoriale e culturale, tra Calabria e Sicilia investendo sulla forza del loro radicamento e su sinergie idonee ad affrontare le difficili sfide del nostro tempo”.
“L’impegno sviluppato dai corpi redazionali, dai reparti tecnici e grafici, dai direttori, dall’editore – sostiene Mattarella – è promessa di rinnovato fervore e prova di fiducia nei confronti delle opinioni pubbliche dei lettori di queste regioni. E’ motivo di soddisfazione e speranza, in un mercato editoriale attraversato da non poche tensioni. Il rafforzamento di voci espressive delle realtà del Mezzogiorno rappresenta un servizio reso all’intero Paese: il pluralismo e la libertà delle opinioni, condivise o non condivise, sono condizioni imprescindibili per la democrazia. Sono certo che la vostra fatica quotidiana, come già nel passato, aiuterà a rappresentare realtà dei vostri territori, i loro problemi e le loro attese, contribuendo a renderle protagoniste. A questo lavoro e a questo sforzo sono lieto di augurare ogni successo” ha concluso nel suo messaggio il Capo dello Stato .
Le parole di Mattarella sono state state accolte con soddisfazione da Andrea Riffeser presidente della Fieg la Federazione degli Editori) : “La stampa può essere credibile e affidabile solo se, come sottolineato dal Presidente della Repubblica, essa è sgombra da qualsiasi condizionamento. Oggi l’evoluzione dell’informazione, della sua diffusione con diversi mezzi e la necessità di adeguamento delle organizzazioni aziendali richiedono un confronto serio, costruttivo e la massima condivisione con le istituzioni, il Parlamento e tutte le forze politiche“.
Bene ha fatto il presidente Mattarella ad accendere i riflettori su una delle problematiche fondamentali della vita democratica. Mattarella nella sua precedente esperienza politica e istituzionale ha dato prova di un’ attenzione costante all’informazione. Infatti dopo l’approvazione della legge Mammì nell’agosto del 1990, che legalizzava l’attività televisiva berlusconiana, per protestasi dimise dal Governo. Lo stesso Mattarella si manifestò anche molto disponibile, nel ruolo di vice-presidente del consiglio nel 1999, a dare il proprio impulso all’iter parlamentare del disegno di legge n.1138, che toccava proprio il riassetto della Rai e la regolamentazione della pubblicità. Ma in quell’occasione l’ostruzionismo della destra e le divisioni del centrosinistra bloccarono il tentativo riformatore.
Legittimo chiedersi: ora verrà ascoltato il Quirinale?