Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rivolto il suo discorso di Fine anno agli italiani augurando dodici mesi fatti di giorni “positivi e rassicuranti” senza nascondere che viviamo “una stagione che presenta tanti motivi di allarme” insieme a tante opportunità. Ognuno però può fare qualcosa, facendo appello ai valori della Costituzione, rifiutando la cultura della sopraffazione, portando il proprio impegno giorno per giorno. Un appello ai cittadini a partecipare alla vita pubblica, a essere uniti, a non rassegnarsi, a non assuefarsi alle violenze. Un invito diretto ai giovani a non scambiare l’amore per il possesso. Un invito alle istituzioni a fare di più per garantire libertà e diritti, risolvendo i problemi delle famiglie.
Ci sono le guerre, quelle in corso e quelle annunciate, dall’Ucraina al Medio oriente, da Taiwan alla Corea del Nord. Sono violenze che generano macerie che pesano sul presente ma anche sul futuro e che rischiano di creare assuefazione: “Il rischio, concreto è di abituarsi a questo orrore. Alle morti di civili, donne, bambini”. Dunque “è indispensabile fare spazio alla cultura della pace. Alla mentalità di pace”, e non è “astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo“. “Dipende, anche, da ciascuno di noi”
Contro tutte le violenze
Ma la pace è da costruire anche nella vita di tutti i giorni, rifiutando la violenza, a cominciare da quella “più odiosa” contro le donne. Mattarella si rivolge allora direttamente ai giovani: “Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici: l’amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L’amore – quello vero – è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità“.
Altre forme di violenza sono quelle verbali. “Penso alla pessima tendenza di identificare avversari o addirittura nemici. Verso i quali praticare forme di aggressività. Anche attraverso le accuse più gravi e infondate. Spesso, travolgendo il confine che separa il vero dal falso. Queste modalità aggravano la difficoltà di occuparsi efficacemente dei problemi e delle emergenze che, cittadini e famiglie, devono affrontare, giorno per giorno” esorta il capo dello Stato rivolto a chi ha ruoli istituzionali, politiche e di governo.
E i problemi sono presto detti. “Il lavoro che manca. Pur in presenza di un significativo aumento dell’occupazione. Quello sottopagato” o “a condizioni inique, e di scarsa sicurezza. Con tante, inammissibili, vittime. Le immani, differenze di retribuzione tra pochi super privilegiati e tanti che vivono nel disagio”. Poi “le difficoltà che si incontrano nel diritto alle cure sanitarie per tutti. Con liste d’attesa per visite ed esami, in tempi inaccettabilmente lunghi”. E ancora la sicurezza, il rischio di diffusione delle armi.
Un lungo passaggio è dedicato ai giovani, il nostro futuro. Perché purtroppo “i giovani si sentono fuori posto. Disorientati, se non estranei a un mondo che non possono comprendere; e di cui non condividono andamento e comportamenti. Un disorientamento che nasce dal vedere un mondo che disconosce le loro attese. Debole nel contrastare una crisi ambientale sempre piu’ minacciosa. Incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale. In una società cosi’ dinamica, come quella di oggi, vi è ancor più bisogno dei giovani. Delle loro speranze. Della loro capacita’ di cogliere il nuovo”.
Contro le violenze di ogni tipo bisogna garantire i diritti, sanciti dalla Costituzione e che sono “nati prima dello Stato. Ma, anche, che una democrazia si nutre, prima di tutto, della capacita’ di ascoltare”, vedendo “situazioni spesso ignorate”. Affermare i diritti “significa ascoltare gli anziani”, significa “prestare attenzione alle esigenze degli studenti, che vanno aiutati a realizzarsi. Il cui diritto allo studio incontra, nei fatti, ostacoli. A cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie; improponibili per la maggior parte delle famiglie”, significa “rendere effettiva la parità tra donne e uomini: nella società, nel lavoro, nel carico delle responsabilità familiari“, significa “non volgere lo sguardo altrove di fronte ai migranti”.
Bisogna poi saper cogliere i cambiamenti, come quelli che saranno portati dall’Intelligenza artificiale e che darà vita a una vera e propria rivoluzione, facendo in modo che “resti umana. Cioe’, iscritta dentro quella tradizione di civiltà che vede, nella persona – e nella sua dignità – il pilastro irrinunziabile“.
#Mattarella: A tutti loro esprimo la riconoscenza della Repubblica.
Perché le loro storie raccontano già il nostro futuro.
Ci dicono che uniti siamo forti.
Buon anno a tutti! pic.twitter.com/aTEwWVQxtt— Quirinale (@Quirinale) December 31, 2023
“Uniti siamo forti”
“Viviamo, quindi, un passaggio epocale. Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia. Qualcosa di importante. Con i nostri valori. Con la solidarietà di cui siamo capaci. Con la partecipazione attiva alla vita civile”. E proprio sulla partecipazione di ogni cittadino Mattarella mette quest’anno un accento particolare. Innanzitutto un appello al voto, che è un diritto: “Per definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social”.
“Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà. Libertà che, quanti esercitano pubbliche funzioni, a tutti i livelli, sono chiamati a garantire”.
In questi tempi tumultuosi vanno assolutamente evitate “la rassegnazione o l’indifferenza“. “Prima che un dovere, partecipare alla vita e alle scelte della comunità è un diritto di libertà. Anche un diritto al futuro. Alla costruzione del futuro. Partecipare significa farsi carico della propria comunità. Ciascuno per la sua parte”.
Uno degli strumenti civici più immediati è il fisco: “L’evasione riduce, in grande misura, le risorse per la comune sicurezza sociale. E ritarda la rimozione del debito pubblico; che ostacola il nostro sviluppo” è il monito del Presidente. “Contribuire alla vita e al progresso della Repubblica, della Patria, non può che suscitare orgoglio negli italiani“, perché “la forza della Repubblica è la sua unità. L’unità non come risultato di un potere che si impone. L’unita’ della Repubblica è un modo di essere. Di intendere la comunità nazionale“, basandosi sui valori costituzionali di “solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace”, veri pilastri della nostra “identità”.
Mattarella ricorda i tanti momenti drammatici in cui ha visto esprimersi questi valori, da Cutro all’Emilia-Romagna, da Casal di Principe alle piazze contro la violenza sulle donne. “Le loro storie raccontano già il nostro futuro” nota il capo dello Stato. Che trae un ultimo insegnamento da questi esempi, porgendoli a tutti: “Ci dicono che uniti siamo forti“.