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19 Febbraio 2025 10:37

Mattarella: “Politica ascolti suo monito e ripensi se stessa”

Noi siamo prigionieri di una sorta di campagna elettorale permanente nella quale ogni generale parla alle sue truppe e solo ad esse; e man mano, però, quelle truppe si assottigliano da una parte e dall’altra.
di Marco Follini

Sarà il caso di non archiviare troppo in fretta il discorso che Mattarella ha pronunciato martedì scorso a Marsiglia. Non c’era nulla di rituale, in quelle parole. Semmai la consapevolezza della portata di quella crisi epocale che gli ultimi mesi hanno regalato all’Europa e a tutto il nostro mondo. E di lì in poi il tentativo di accendere i riflettori della nostra coscienza di fronte a un passaggio che non potrà essere attraversato con le tipiche parole d’ordine della nostra attempata routine.

Il capo dello Stato è stato netto, nettissimo, sulla guerra che si trascina nelle pianure ucraine. Ha tracciato un parallelo tra l’aggressione russa e il precedente hitleriano di quasi un secolo fa. Argomento che finora era stato svolto da quasi tutti con tutte le cautele e le diplomazie del caso. E che ora invece assume le fattezze di un allarme drammatico. Sarebbe stato più facile, e forse anche più diplomatico, limitarsi a ribadire l’appello per la pace. Lo si è voluto invece accompagnare con un giudizio che ha in sé qualcosa di inesorabile. E che di qui in avanti dovrebbe guidare i passi di quella trattativa che forse – forse – si sta aprendo verso un sistema di garanzie che non ha ancora preso forma

Altrettanto nette sono state le parole rivolte all’Europa. Schiacciata tra oligarchie e autocrazie. Tentata dalla prospettiva di un ‘vassallaggio felice’. E chiamata a chiedere ai suoi paesi e ai suoi cittadini se al punto in cui ci troviamo sia meglio essere ‘protetti‘ o ‘protagonisti‘.

Un monito che fa i conti quasi in tempo reale con le novità che provengono dall’altra sponda dell’ Atlantico. Laddove sta prendendo piede una rivoluzione che per molti versi può mettere a soqquadro i nostri equilibri geopolitici e il nostro dolce modo di vita. Infine, ultimo lato del triangolo di questo monito presidenziale, si è fatta sentire una predica assai severa verso certe attitudini predatorie che il nuovo, fantasmagorico potere economico che stiamo vedendo all’opera sta cominciando a dispiegare qua e là. Fino a rischiare dei travolgere quell’equilibrio delle forze e delle possibilità che da decenni fa da sfondo alle contese elettorali che si svolgono nella nostra parte di mondo.

Insomma, è l’intera civiltà occidentale, se così vogliamo chiamarla, che viene oggi a trovarsi al centro delle preoccupazioni quirinalizie. Ma è appunto su questi argomenti che l’intera politica italiana dovrà ripensare se stessa. Non per tirare di qua o di là il capo dello Stato. Ma per accogliere il suo invito a collocare le nostre dispute all’interno di uno scenario molto più vasto (e molto più decisivo) di quello che fa abitualmente da sfondo alla nostra stanca e rituale quotidianità politica. Curiosamente, quasi nessuno ha fatto eco al discorso di Mattarella. Forse perché tutti lo condividono, almeno a parole. O forse invece perché quel discorso costringe i protagonisti grandi e piccoli dei nostri giorni a misurarsi su questioni ben più epocali di quelle che abbiamo ascoltato nei giorni scorsi nei confronti parlamentari che si sono svolti a partire dalla vicenda Almasri.

In realtà il punto vero è proprio questo, ed è tutto qui. Noi siamo prigionieri di una sorta di campagna elettorale permanente nella quale ogni generale parla alle sue truppe e solo ad esse; e man mano, però, quelle truppe si assottigliano da una parte e dall’altra. Mentre al di fuori e al di sopra di quella mischia c’è un mondo che sta cambiando verso e che può determinare anche in casa nostra scenari ben diversi da quelli a cui siamo abituati. Sarà l’America a decidere del destino europeo. E sarà l’Europa a decidere del destino italiano. A seconda di come ci troveremo ad interagire con i grandi cambiamenti epocali che si profilano all’orizzonte scopriremo presto di non poter essere più quelli di prima. Se di tutto questo saremo i protagonisti o le comparse, i beneficiari oppure le vittime, lo scopriremo prima di quanto non immaginiamo”

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