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23 Dicembre 2024 01:17

Ecco come si nascondeva il “boss” mafioso Matteo Mesina Denaro

Secondo un autorevole avvocato esperto di mafia le dichiarazioni di Baiardo a Giletti, in realtà, contrariamente a quanto i professionisti dell' Antimafia vorrebbero far credere, altro non erano che un un messaggio di "allerta" per Mesina Denaro

Il nostro giornale ha ricevuto nel pomeriggio odierno una fotografia che pubblichiamo da cui si vede Matteo Mesina Denaro insieme al suo medico curante il dr. M.P. medico oncologo (estraneo alle indagini) della clinica La Maddalena” di Palermo, cioè il luogo dove oggi è stato arrestato il boss capomafia, che si dimostra incurante (scusate il gioco di parole) di essere riconosciuto. Come potete vedere Mesina Denaro faceva ben poco per nascondersi, arrivando persino a farsi dei selfie !

Matteo Messina Denaro utilizzando l’identità Andrea Bonafede era di casa nella clinica “La Maddalena” di Palermo dove ogni volta che tornava per le chemioterapie, distribuiva regali a tutti: “Era molto generoso, come i pazienti più facoltosi. Spesso regalava bottiglie di olio di Castelvetrano a medici e infermieri”, racconta un camice bianco sconvolto sotto la promessa di anonimato. Nessuno poteva immaginare – o almeno così raccontano in clinica – che dietro quell’anziano dal volto scavato dalla malattia si nascondesse il “superlatitante” più ricercato d’Italia. Il capo della mafia trapanese a cui lo Stato ha dato la caccia per trent’anni, di fatto entrava ed usciva indisturbato dalla clinica palermitana, che viene considerata un’ “eccellenza” dell’oncologia in Sicilia.

La prima volta che Mesina Denaro ha fatto ingresso a “La Maddalena” era il 13 novembre del 2020, per una visita pre-operatoria. Sulla cartella clinica risultava il nome di Andrea Bonafede, classe 1963: Qualche giorno dopo, venne operato per l’asportazione di un tumore al colon, rimanendo ricoverato per sei giorni. Da allora sono stati riscontrati almeno altri sei ricoveri in “day hospital” ed un secondo intervento chirurgico a maggio 2021 a causa dell’insorgenza di metastasi epatiche. Sono molti in clinica a ricordare il suo volto: lo avevano visitato anestesisti, chirurghi, oncologi. Lo scorso novembre era tornato a “La Maddalena” per eseguire una Tac, mentre il mese successivo, a dicembre si era ripresentato per sottoporsi ad una risonanza magnetica. Le sue condizioni peggioravano ed i medici gli avevano dato appuntamento per oggi per eseguire un tampone, in prossimità di un nuovo ricovero in day hospital.

Questa mattina ad aspettarlo, ha trovato i Carabinieri del Ros che già alle sette del mattino avevano militarizzato e “blindato” tutte le vie di accesso ed uscita dalla clinica “La Maddalena”. “Sono arrivato molto presto – racconta un dottore – e ho trovato davanti alle porte del reparto un carabiniere con elmetto e pettorina. Ho chiesto come potevo essere utile. Mi ha detto di entrare dentro e non uscire. C’erano Carabinieri davanti alle porte di tutti i reparti. Abbiamo capito subito che stavano cercando un pezzo grosso. I miei collaboratori che dovevano prendere servizio alle 8 sono rimasti bloccati fuori dalle porte dell’ospedale, da cui non poteva entrare e uscire nessuno. Sembrava fossimo in assetto da guerra”.

La cattura di Matteo Messina Denaro ha fermato l’ attività dentro uno dei poli di eccellenza della Sicilia per la cura dei tumori: per un’ora e mezza le sale operatorie ferme, i dipendenti fuori, pazienti in strada in attesa di una visita. Gli interventi in scaletta, non urgenti, sono stati rinviati. I pazienti degli ambulatori sono stati lasciati alla porta mentre la clinica era circondata da decine di carabinieri. I chirurghi sono stati sgomberati come se fosse in atto una di quelle esercitazioni antincendio che, almeno una volta l’anno, vengono messe in scena nelle ditte private. “Era tutto fermo e non sapevamo il perché. Tutto bloccato dalle 8,15 alle 9,40“, racconta un dipendente della clinica.

Alcuni medici ed i pazienti ricoverati sono rimasti in ostaggio dentro la clinica per oltre un’ora, senza capire il perchè. “Quando finalmente ci hanno detto che era stato catturato Matteo Messina Denaro, eravamo increduli e felici“. Come sia possibile che nessuno, in due anni, abbia sospettato qualcosa, non lo sanno spiegare nemmeno i sanitari: “Penso si sia operato alla faccia – si spinge ad ipotizzare un camice bianco – ma in ogni caso è difficile, se non impossibile, riconoscere un latitante da una ricostruzione fotografica. Sul tavolo operatorio, anche i propri familiari sono irriconoscibili“. Quando i pazienti ed i familiari presenti in clinica hanno capito cosa stava succedendo, le urla di gioia sono state incontenibili: “Bravi, bravi”, dicevano fra gli applausi ai carabinieri del Ros, che in quel momento stavano catturando dopo trent’anni di latitanza di Matteo Messina Denaro sotto lo pseudonimo Andrea Bonafede, che un anno fa era stato operato nella stessa clinica.

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