di REDAZIONE CRONACHE
Concluse le indagini della la Direzione distrettuale antimafia (Dda) della Procura di Lecce sul giudice dimissionario del Tribunale di Bari, Giuseppe De Benedictis, arrestato il 24 aprile scorso , accusato di aver incassato mazzette per 77.500 euro in cambio di attenuare le misure cautelari emesse a carico di appartenenti alla mafia del Nord della Puglia, e dell’avvocato Giancarlo Chiariello, 70, anche lui barese, nella cui abitazione sono stati ritrovati un milione e 200mila euro in banconote, che è stato sospeso dalla professione per dieci mesi dopo aver manifestato la volontà di cancellazione dall’albo ed alcuni giorni fa è stato scarcerato con concessione dei domiciliari. Stralciata la posizione , con richiesta di archiviazione, di un altro avvocato Paolo D’Ambrosio del foro di Foggia, inizialmente coinvolto nell’indagine.
È circoscritta ai soli episodi del blitz di fine aprile l’inchiesta principale per corruzione in atti giudiziari, con l’aggravante dell’agevolazione delle associazioni mafiose. Insieme al giudice De Benedictis e l’avvocato Chiariello sono indagati anche suo figlio Alberto Chiariello, 30 anni, di Bari, avvocato; Marianna Casadibari, 45 anni, avvocatessa; Danilo della Malva, 35 anni, di San Giovanni Rotondo, collaboratore di giustizia; Roberto Dello Russo, 41 anni, di Terlizzi; Antonio Ippedico, 49 anni, di Foggia; Pio Gianquitto, 42 anni, di Foggia; Matteo Della Malva, 50 anni, di Vieste; Valeria Gala, 26 anni, di Vieste; ed il carabiniere Nicola Vito Soriano, 58 anni, di Bari, in servizio nella sezione di Polizia giudiziaria della Procura di Bari.
Sono quattro gli episodi di corruzione in atti giudiziari, uno di rivelazione del segreto di ufficio contestati dalla procura di Lecce. Quest’ultimo è in relazione alle notizie riservate che il carabiniere Soriano avrebbe fornito secondo le accuse, al giudice De Benedictis sui collaboratori di giustizia che stavano parlando di provvedimenti favorevoli ai clienti dell’avvocato Giancarlo Chiariello emessi dal giudice De Benedictis, grazie all’operato di Marianna Casadibari.
Il primo episodio sulle corruzioni in atti giudiziari, riguarda Danilo Della Malva che lo scorso l’11 marzo ottenne dal Gip De Benedictis la revoca degli arresti in carcere, trasformati in domiciliari con braccialetto elettronico da trascorrere nel comune di Vasto Marina (in provincia di Chieti) . Questo provvedimento sarebbe stato concesso attraverso il versamento di 30mila euro dall’avvocato Chiariello al giudice, anche attraverso Matteo Della Malva , zio dell’indagato, e di Valeria Gala. Per questo episodio viene contestata l’aggravante di avere agevolato il “clan” mafioso di Vieste di cui farebbe parte Danilo della Malva.
Il secondo episodio riguarda Roberto Russo che il 24 giugno 2020 fu fatto uscire dal carcere con destinazione alla comunità Airone di Trepuzzi. Questa concessione dell’ attenuazione della misura cautelare avrebbe consentito al giudice di incassare 15mila euro e poi successivamente altri 18mila euro. Ed altri 4.000 euro per consentire all’indagato di essere successivamente trasferito nella comunità Spazio Esse di Bari-Loseto. Per questi episodi viene contestata l’aggravante di avere agevolato l’associazione mafioso-camorristica di Bitonto.
Il terzo episodio coinvolge il pregiudicato Pio Gianquitto che lasciò il carcere il 16 novembre 2020 ottenendo in cambio di 5mila euro pagati al giudice, l’obbligo di dimora nella sua citta, Foggia. Anche in questo caso è stato contestata l’aggravante di avere favorito il clan mafioso Società Foggiana.
L’ultimo dei quattro episodi riguarda Antonio Ippedico anche lui appartenente al clan mafioso Società Foggiana. che lo scorso 31 marzo ottenne i domiciliari, pagando 5.500 che sarebbero andati per questa concessione al giudice De Benedictis.
I pubblici ministeri Roberta Licci ed Alessandro Prontera sotto il coordinamento del procuratore Leonardo Leone de Castris hanno stralciato il fascicolo di indagine su altri quattro episodi contestati nell’inchiesta principale, secondo cui il giudice De Benedictis sia sceso a patti con altri avvocati o imputati in cambio di somme di denaro o di altri vantaggi.
Procedono invece autonomamente le indagini della squadra mobile di Bari, coordinate dalla stessa Dda di Lecce, sul ritrovamento dell’arsenale di armi in possesso del giudice De Benedictis fatte custodire nella masseria di Andria dell’imprenditore Antonio Tannoia, in cui è indagato anche il sottufficiale maggiore dell’Esercito, Antonio Serafino.
Vi è anche un terzo procedimento, gestito dai magistrati della Procura di Bari, nei confronti di Giancarlo Chiariello e suo figlio Alberto, entrambi indagati per riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, dichiarazione infedele e sottrazione fraudolente al pagamento delle imposte. L’inchiesta viene coordinata direttamente dal procuratore facente funzione Roberto Rossi (che la 5a commissione cariche direttive del CSM ha recentemente indicato all’unanimità come prossimo procuratore capo del capoluogo, in attesa della decisione finale del plenum) , ed è stata avviata dopo gli arresti disposti dai magistrati della Procura di Lecce nell’ambito dei quali, nel corso di una perquisizione domiciliare a casa del figlio Alberto Chiariello, gli investigatori hanno scovato due borsoni occultati in un divano, contenenti la somma di un milione 200mila euro in contanti.