La procura di Milano ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta Platforms Ireland Ltd, titolare dei social network Facebook e Instagram, oggetto di indagini delegate ai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano.
Attraverso le attività investigative svolte – secondo quanto riporta un comunicato stampa del procuratore Marcello Viola – è stato verificato come il gruppo Meta, per consentire agli utenti l’utilizzo del proprio software e dei correlati servizi digitali, “acquisisca e gestisca, per scopi commerciali, dati, informazioni personali e interazioni sulle piattaforme di ciascun iscritto, così da instaurare con i fruitori del servizio – in virtù della connessione diretta in termini di proporzionalità quantitativa e qualitativa tra le contrapposte prestazioni – un rapporto di natura sinallagmatica, quale operazione permutativa”.
Le indagini condotta dai pm Cristian Barilli e Giovanni Polizzi della procura milanese hanno consentito di evidenziare gli elementi di fatto e di diritto idonei a supportare la configurazione, in capo ai rappresentati legali della società Meta platforms Ireland limited, soggetto erogatore del servizio e titolare del trattamento dei dati conferiti dall’utente, del reato di omessa dichiarazione per i periodi d’imposta dal 2015 al 2021, “in quanto avrebbe omesso di dichiarare un imponibile pari a 3.989.197.744,05 euro, cui corrisponde un’imposta sul valore aggiunto evasa pari a 887.623.503,69 euro” si legge in una nota della procura.
La natura non gratuita dei servizi offerti da Meta era già stata affermata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), dal Tar Lazio e dal Consiglio di Stato – “oltre che da autorevole dottrina – e ha trovato riscontro nelle attività ispettive della Guardia di finanza, negli atti dell’ Agenzia delle Entrate e infine nelle risultanze dell’indagine penale, dimostrando la sostanziale convergenza sul punto da parte delle diverse articolazioni dello Stato e l’efficace collaborazione tra Autorità giudiziaria, Guardia di finanza e Agenzia delle Entrate nell’assicurare il rispetto delle leggi fiscali poste a tutela del bilancio pubblico”.
Per la prima volta si contesta il peso finanziario e fiscale dei dati e non della privacy in un’indagine
L’indagine era stata avviata dalla procura europea, ma poi trasferita – nel febbraio 2023 – per competenza alla procura di Milano. La presunta Iva non pagata da Meta riguarda, semplificando, le iscrizioni gratuite degli utenti sulle sue piattaforme Facebook o Instagram ‘in cambio’ dei propri dati e della loro potenziale profilazione. Per gli inquirenti è una permuta tra beni differenti e in quanto tale soggetta al regime Iva e quindi da tassare. I dati che ciascun utente fornisce alle due piattaforme social di cui Meta è proprietaria possono infatti garantire un profitto e quel flusso economico va tassato. Oggi, fatti i calcoli, l’Iva che il colosso avrebbe dovuto versare in Italia, tra il 2015 e il 2021, per la procura ammonta a quasi 890 milioni di euro.
Alla notizia dell’indagine il gruppo Meta aveva subito replicato. “Prendiamo sul serio i nostri obblighi fiscali e paghiamo tutte le imposte richieste in ciascuno dei Paesi in cui operiamo. Siamo fortemente in disaccordo con l’idea che l’accesso da parte degli utenti alle piattaforme online debba essere soggetto al pagamento dell’Iva. Come sempre – si legge nella nota diffusa il 22 febbraio 2023 -, siamo disposti a collaborare pienamente con le autorità rispetto ai nostri obblighi derivanti dalla legislazione europea e nazionale”. Oggi è arrivata la conclusione dell’ indagine e la relativa notifica agli indagati..