ROMA – È in corso dalle prime ore di questa mattina una vasta operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, finalizzata all’esecuzione di 14 ordinanze di custodia cautelare – 12 in carcere e 2 agli arresti domiciliari – emesse nei confronti di capi, luogotenenti ed affiliati alla temibile cosca Labate intesa “Ti Mangiu” di Reggio Calabria, ritenuti responsabili di associazione mafiosa e diverse estorsioni aggravate dal ricorso al metodo mafioso e dalla finalità di aver agevolato la ‘ndrangheta.
Gli investigatori della Squadra Mobile di Reggio Calabria, con il coordinamento dello S.C.O. il Servizio Centrale Operativo e il Reparto Prevenzione Crimine, stanno eseguendo anche numerose perquisizioni e sequestri di imprese e società. Impiegati circa 100 uomini e donne della Polizia di Stato.
Le indagini da cui nasce l’operazione Helianthus, sono iniziate nel 2012, portarono a distanza di oltre un anno, il 12 luglio 2013, alla cattura del latitante Pietro Labate , leader carismatico e capo storico della cosca che porta il suo nome. Labate si era sottratto nel mese di aprile 2011 all’esecuzione del fermo di indiziato di delitto emesso dalla D.D.A. di Reggio Calabria ed eseguito dalla Squadra Mobile nei confronti di capi e gregari delle cosche Tegano e Labate nell’ambito dell’operazione “Archi”.
“Helianthus” è il nome che gli investigatori della Polizia di Stato hanno dato all’operazione nel corso della quale, dalle prime ore di questa mattina, a Reggio Calabria, Roma, e Cosenza sono stati eseguiti numerosi arresti e perquisizioni e sequestri di imprese e società nella disponibilità dei capi e dei luogotenenti : si tratta di una stazione di carburanti, di un esercizio commerciale di prodotti surgelati, di un’azienda operante nel settore dei prodotti di carta e plastica per gli alimenti e la ristorazione, di un negozio di vendita al dettaglio di pitture e vernici. Il valore dei beni e di circa un milione di euro.
Fra gli arrestati figurano il boss Pietro Labate a cui il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere essendo detenuto per altra causa, il fratello Antonino Labate reggente della cosca durante il periodo di latitanza di suo fratello Pietro, il cognato di entrambi Rocco Cassone, nonché luogotenenti e nuove leve della consorteria.
In manette sono finiti: Pietro Labate, 69 anni (già detenuto); Rocco Cassone, 63 anni; Santo Gambello, 44 anni; Paolo Labate, 38 anni; Paolo Labate, 35 anni; Antonio Galante, 43 anni; Caterina Cinzia Candido, 54 anni; Francesco Marcellino, 69 anni; Fabio Morabito, 48 anni; Orazio Assumma, 60 anni; Domenico Foti, 58 anni; Domenico Pratesi, 49 anni. Domiciliari per Antonino Labate, 69 anni; Santo Antonio Minuto, 44 anni.
L’inchiesta della D.D.A. sviluppata con un’articolata indagine condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, ha consentito di ricostruire gli assetti e le dinamiche criminali del “clan Labate“, una delle più temibili e potenti articolazioni della ‘ndrangheta unitaria, che controlla nella città di Reggio Calabria il popoloso quartiere Gebbione, svelando un certo dinamismo in alcuni settori illeciti come quello delle scommesse on line, delle slot machines e dello sfruttamento delle corse clandestine di cavalli, mantenendo un elevato interesse per quello che rappresenta gli affari principali delle attività criminali da sempre espressione dello strapotere mafioso dei “Ti Mangiu”, rappresentati dal ricorso ad attività estorsive nei confronti di operatori economici, commercianti e titolari di piccole, medie e grandi imprese, specialmente di quelli impegnati nell’esecuzione di appalti nel settore dell’edilizia privata nell’area ricadente sotto il dominio della consorteria mafiosa.
Estorsioni per alcune centinaia di migliaia di euro venivano imposte, con pesanti minacce, agli imprenditori durante i lavori di esecuzione di complessi immobiliari nel quartiere Gebbione controllato dai Labate. Ad alcuni titolari di imprese veniva anche imposto con la forza dell’intimidazione l’acquisto di prodotti dell’edilizia presso aziende nella disponibilità del clan. Ad un commerciante è stato impedito di aprire una pescheria nel citato quartiere perché dava fastidio al titolare di un analogo esercizio commerciale, affiliato alla cosca.
Per la prima volta, alcuni affermati imprenditori reggini del settore edile ed immobiliare, dopo un’iniziale ritrosia dovuta al timore di subire dure rappresaglie, hanno deciso di collaborare denunciando di essere vittime di ripetute estorsioni consistenti nel pagamento di ingenti somme di denaro, anche nell’ordine di 200 mila euro, ad esponenti di rilievo e luogotenenti del clan Labate o nell’imposizione dell’acquisto di prodotti dell’edilizia presso attività commerciali nella disponibilità del clan.