di Alessia Di Bella
La Polizia di Stato, dalle prime ore di questa mattinata, con personale della Polizia Postale e delle D.I.G.O.S. territorialmente competenti sta effettuando 10 perquisizioni personali, locali e informatiche, delegate dalla Procura della Repubblica di Roma a carico di altrettanti soggetti residenti in varie località del territorio nazionale per aver avuto un ruolo significativo nella campagna d’odio, veicolata sul web anche attraverso gravi minacce, nei confronti di numerose figure istituzionali ed in particolar modo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, soprattutto a seguito delle misure adottate per il contenimento della pandemia.
“Armiamoci e andiamo ad ammazzare quel figlio di tr…”, “Ti auguro di morire male”, “Non vedo l’ora che ci sia il tuo funerale”, “Pezzo di me…, ti voglio vedere morto”, sono alcuni dei messaggi incriminati, diffusi nella rete Internet contestando i provvedimenti anti-Covid.
L’attività di approfondimento investigativo, coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica di Roma, Eugenio Albamonte e condotta dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, dal Servizio della Polizia Postale e delle Comunicazioni e dalla D.I.G.O.S. di Roma ha consentito di acquisire rilevanti indizi nei confronti degli odierni indagati.
Gli indagati perquisiti hanno diverse estrazioni sociali: dall’elettricista al cardiologo, fino al blogger. Il loro profilo è quello di persone senza appartenenza o militanza in partiti politici. Hanno dai 45 ai 61 anni. Ad essere stati perquisiti dagli investigatori della Polizia, squadre mobili, Digos e polizia postale, sono stati Alessandro Bellomo, di Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, e Carlo Botta, di Grosseto, antieuropeista e fautore dei mini bot, Vito Contesi, di Bari; Simone Gagliardone, di Penago, in provincia di Asti; Salvatore Giuseppe Ingrosso, di Sava, in provincia di Taranto, Arjan Karagjozi, di Genova, Renè Nani, di Gonzaga, in provincia di Mantova, Alessio Pichi, di Aprilia, in provincia di Latina, Alessandra Pioli, di Terni, Rosario Ricci, di Viterbo, Irena Salati, di Marino, in provincia di Roma. Nelle loro abitazioni sono state trovate le prove informatiche delle loro responsabilità.
Alla loro reale identità si è arrivati grazie alle certosine indagini degli specialisti della Polizia Postale, che hanno incrociato centinaia di dati e post pubblicati dietro nick name. Dalle prime verifiche non si conoscono tra loro se non per la frequentazione delle stesse pagine social e per lo scambio non occasionale di commenti agli stessi articoli di quotidiani. Ma gli investigatori vogliono accertare se non ci sia a monte una sorta di coordinamento. Nessuno di loro proviene da situazioni di particolare disagio sociale, ma un altro dato è significativo: Gli insulti e le minacce risalgono al lockdown per la prima ondata del Coronavirus.